E' un pericoloso poker politico quello giocato da Berisha in Albania: gravi accuse contro tutte le istituzioni e tanta voglia di farsi giustizia da sé. Un commento pubblicato su uno dei più letti blog di analisi politica in Albania
Tratto dal blog xhaxhai, pubblicato il 28 gennaio 2011 (tit. originale "Qitje me breshëri")
Traduzione per Osservatorio Balcani e Caucaso: Marjola Rukaj
Durante una conferenza stampa il 28 gennaio scorso, il premier Berisha ha rilasciato una serie di accuse molto pesanti nei confronti dei suoi rivali, dei leader dell'opposizione, dei vertici delle istituzioni dello Stato e dei semplici cittadini.
Il premier ha ribadito per l'ennesima volta che lo scopo della manifestazione del 21 gennaio era destituire con la violenza il governo legittimo da lui guidato e occupare la sede del Consiglio dei Ministri, poi in seguito probabilmente anche le sedi di altre istituzioni nazionali. Berisha ha definito tutto questo un golpe organizzato dal leader dell'opposizione Edi Rama.
Il premier ha dichiarato: “Si dispone di dati completi, sulla quantità di esplosivo, di tritolo e di kalashnikov con i quali si voleva porre in atto l'attacco finale e l'ingresso nell'edificio. Si dispone di dati completi sulle armi sofisticate, gli ombrelli-pistola, le penne-pistola, i coltelli avvelenati che sono stati utilizzati durante il golpe, tentativo vergognoso di prendere il potere con la violenza. Si dispongono di dati su gruppi di 10 o 5 persone che si erano addestrati da giorni in diverse parti del Paese, per partecipare al golpe. Si dispone di dati sul fatto che questo golpe è stato finanziato con almeno 2 milioni di dollari nella sua fase di preparazione.
Si dispone di dati su tutto ciò che è successo in quelle 5 ore, nel bunker del crimine, nel bunker dei bllokmen [termine usato dal premier per designare in maniera negativa i figli della vecchia nomenklatura comunista, che si troverebbero oggi nelle fila del partito socialista, ndt] guidati da Edi Rama, nella torre di Fidel. Edi Rama e i golpisti erano però circondati da occhi e orecchie oneste. Tutto quello che è stato fatto in quelle 5 ore sarà reso pubblico agli albanesi. Tutti gli ordini, che i bllokmen hanno dato, mentre vedevano il loro sogno diventare realtà, sono tutti comprovati.
Si dispone di dati sulla divisione delle cariche nel nuovo governo che volevano istituire. Era stato deciso chi avrebbe preso il ministero dell'Interno: Tom Doshi [deputato indipendente, ex PD, ndt]; .... ; la cultura sarebbe stata lasciata in mano a Preç Zogaj, la giustizia in mano allo sciacallo che gridava ai 13 mila morti, Spartak Ngjela. Questa è solo una parte del gruppo che avrebbe preso il potere”.
Quando è stato chiesto a Berisha sulle fonti di queste informazioni, il premier ha dichiarato che le informazioni non provengono dai servizi segreti, ma da fonti completamente diverse. Senza specificare però quali, trincerandosi dietro alla “discrezione dei dati”.
Berisha non ha risparmiato dalle critiche neanche la procuratrice generale, Ina Rama. L'ha chiamata “la comare del golpe”, una definizione forte quanto “puttana di boulevard”, termini usati il giorno prima. Berisha ha ribadito poi che “il capo golpista Edi Rama” si era impossessato della procura.
“La procura generale non ha aperto un processo penale per il golpe e l'attacco a una delle istituzioni costituzionali. La procura, e non solo, continua a usare il nome in codice dell'operazione: 'La vicenda del boulevard'. Mi sembra ci siano anche romanzi e novelle titolati 'vicende del boulevard' che sono puntualmente dei 'love affair'. Ma 'la vicenda del boulevard' è una maschera dei golpisti, che avevano deciso che dopo la presa del potere, non l'avrebbero chiamato golpe, o presa del potere con la violenza, ma 'love affair' nel boulevard dei Martiri della Nazione”.
La questione del ''love affaire'' non riesco sinceramente a decifrarla bene; ma l'accusa nei confronti della procura è chiara, nero su bianco. Nonostante la procura non abbia ancora aperto un'inchiesta, la verità sarà scoperta, ha dichiarato Berisha, per due motivi: primo, la commissione parlamentare istituita in parlamento, indagherà su ogni personalità del paese, incluso il presidente, la procuratrice generale, e naturalmente il capo dei socialisti.
Il premier ha dichiarato: “Vi prego di non aver pregiudizi sulla commissione. Lasciamo che essa indaghi: il premier, il presidente, la procuratrice, i ministri e tutti gli altri. E' un momento in cui questa commissione deve indagare su ogni personalità di questo paese, nell'interesse del bene e dell'amara verità riguardo al 21 gennaio. La commissione giudiziaria parlamentare è una commissione molto seria e ha inaugurato i lavori con la massima serietà. Sono convinto che tutte le istituzioni, in base ai loro compiti costituzionali, collaboreranno con questa commissione, che rappresenta in questo caso il volere massimo della nazione albanese”.
Secondo: e questo apporta un nuovo elemento in questo quadro: “All'inchiesta si aggiungerà un'indagine internazionale, tra le più eccezionali, costituita non solo da esperti ma anche da procuratori”.
A quanto pare Berisha, attraverso la commissione inquirente istituita in parlamento, ha intenzione di aggirare la Procura generale, non solo per mezzo di inchieste indipendenti del parlamento stesso, ma anche chiedendo la consulenza di procuratori stranieri: quindi, di fatto, istituendo delle istituzioni parallele.
Non ho ancora letto i pareri dei costituzionalisti ma mi sembra un fatto di una gravità straordinaria.
A prima vista, la mia impressione è che tutta questa attività di Berisha contro le istituzioni, a partire dalla Procura generale, fino al presidente, per non parlare del capo dell'opposizione abbia un doppio risvolto: da una parte violenza verbale senza precedenti nei confronti dei titolari a capo di queste istituzioni e dall'altra la paralisi del sistema attraverso la formazione di istituzioni temporanee ad hoc. Sono molte le caratteristiche di un vero e proprio golpe bianco.
Non credo che Berisha stia facendo questo volontariamente, o per lo meno non in modo del tutto consapevole della sua gravità e delle sue possibili conseguenze, ma penso che stia trascurando i consigli e le opinioni dei consiglieri legali che lo assistono.
Lo si può accusare di molte cose ma difficilmente si può comprendere quale sia la sua posizione in tutto questo. Le sue elucubrazioni sugli ombrelli e le pistole, sugli esplosivi, il tritolo, i kalashnikov, su manifestanti drogati a Lapraka, sulla procuratrice Ina Rama coinvolta nel golpe, non sono solo molto gravi ma anche ridicole.
Questo non significa che io metto in dubbio a priori la loro veridicità, ma un premier non può apparire in pubblico ed esprimere fandonie del genere senza basarsi su prove attendibili. E il problema concreto è chi gestirà queste supposte prove, dato che la procura risulta essere compromessa, mentre la polizia è tra gli accusati e la commissione parlamentare è stata istituita in un parlamento in cui mancano i deputati dell'opposizione.
A Tirana si consuma in tal modo una crisi istituzionale, che a modo suo conferma che in Albania negli ultimi 20 anni non ha messo radice uno stato di diritto, ma il dominio caotico di una cleptocrazia che ha utilizzato la maschera dello stato di diritto per derubare il paese, una cleptocrazia che riesce a gestire le proprie proprietà ma cui è impossibile confrontarsi con la legge.
Qua sopra ho definito ridicole le accuse del premier, perché mi hanno fatto venire in mente alcune altre accuse, di circa 30 anni fa, nei confronti dell'ex premier Mehmet Shehu, suicidatosi e anatematizzato dopo il suicidio come nemico, spia al servizio di plurimi interessi, capo golpista, ecc.
Ricordo che in una plenaria del Consiglio Centrale dell'epoca, Ramiz Alia, mostrò ai presenti una sorta di arma da fuoco, che sembrava un bastone e che sarebbe stata utilizzata a suo avviso per uccidere Enver Hoxha; il bastone fatale oggi è stato sostituito dagli ombrelli, ma il ruolo del nemico a capo di una congiura è rimasto uguale, come anche la sua funzione: per strutturare le energie attorno ad un potere che inizia a perdere terreno.
Ma come dicevo, Berisha ha rischiato il tutto per tutto, apertamente. Naturalmente egli dovrebbe basare le sue accuse su prove concrete; le istituzioni dello stato albanese, iniziando dal presidente Topi, ma anche altre realtà, anche della società civile, devono ritenerlo responsabile per quelle accuse che ha lanciato alla rinfusa in pubblico. Nessuna parola espressa in pubblico dev'essere dimenticata.
Come procedere in questo senso, è una questione che riguarda i costituzionalisti albanesi, ma io sono convinto che lo stato albanese per quanto menomato, preso in giro, infangato, ferito e mutilato, ha ancora delle possibilità e persone che sono in grado di esaminare le accuse mosse, confermarle o smentirle.
“L'onore e il dovere sono inscindibili” ha dichiarato Berisha in una conferenza stampa; e non gli si può dare torto e ammirarlo quando lo si vede mettere in pericolo la sua carriera politica, ma anche il suo onore in una tavola da poker politico. Ma io queste parole le posso interpretare anche così: se le accuse che il premier ha lanciato nei confronti delle personalità e dei titolari delle istituzioni, sull'istigazione, la partecipazione e il coinvolgimento in un golpe, vengono smentite, se nessuno degli accusati finisce per essere condannato, allora il premier ha torto nei confronti del pubblico, ma anche di coloro che ha messo sotto accusa, tanto da dover promettere a tutti di essere disposto a ritirarsi dalla vita pubblica una volta per sempre. Il coraggio, senza responsabilità, ha solo un nome: abuso.