Fatos Lubonja - screenshot

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Secondo il noto intellettuale albanese Fatos Lubonja "l’Occidente continuerà a ricorrere a doppie narrazioni e doppi standard" nei Balcani, incoraggiando a parole lo sviluppo della democrazia ma "sostenendo leader autocratici, in cui vede la via più semplice per risolvere i propri problemi"

21/02/2024 -  Fatos Lubonja

(Originariamente pubblicato da Le Courrier des Balkans , il 14 febbraio 2024)

Il Partito democratico italiano (PD) ha reagito fortemente all’accordo stipulato all’inizio di novembre dello scorso anno tra Giorgia Meloni ed Edi Rama sul ricollocamento in Albania dei rifugiati intercettati nelle acque del Mediterraneo. [Il PD] è insorto non solo contro la Meloni, ma anche contro il Partito socialista albanese, arrivando persino ad affermare che avrebbe chiesto “l’espulsione [del partito di Rama] dalla famiglia socialista europea” perché il primo ministro albanese e i suoi compagni di partito “non rappresentano più i valori della sinistra europea”.

La sinistra italiana ha protestato perché si è finalmente resa conto dei veri obiettivi perseguiti dal Partito socialista albanese, oppure lo ha fatto esclusivamente nell’ottica della propria agenda politica in vista delle elezioni europee e regionali del prossimo giugno? Sono trascorsi più di dieci anni da quando l’attuale primo ministro albanese e il suo partito sono saliti al potere, quindi sembra impossibile che il loro “partito gemello” in Italia sia ancora all’oscuro delle posizioni di Edi Rama.

Com’è possibile che la sinistra italiana, e i giornalisti ad essa vicini, non sappiano che nei dieci anni del governo Rama – che in gran parte coincidono con il periodo in cui il PD ha governato l’Italia – oltre 700mila albanesi, su una popolazione complessiva di 2,8 milioni di abitanti, stando ai dati Eurostat, hanno lasciato il loro paese? Questa domanda può essere posta anche alla destra italiana.

Com’è possibile che nessuno in Italia abbia dato ascolto agli avvertimenti, lanciati dal noto procuratore Nicola Gratteri, sui legami tra la mafia e i politici albanesi? Legami che emergono chiaramente dalle intercettazioni telefoniche, effettuate dalla squadra di Gratteri, che vedono coinvolti alcuni esponenti della ‘ndrangheta calabrese: “L’Albania di oggi è come la Calabria degli anni ’60: bisogna andarci e investire”.

Come si spiega il fatto che alcuni autorevoli mezzi di informazione italiani, che oggi criticano Edi Rama per “l’ignobile accordo” stipulato con la Meloni, fino a ieri abbiano elogiato gli interventi di modernizzazione della capitale dell’Albania, senza rendersi conto che il premier albanese, in collaborazione con alcuni rinomati studi di progettazione architettonica italiani, ha distrutto il centro storico di Tirana per costruirvi dei grattacieli dove la mafia calabrese ricicla denaro sporco in pieno giorno? Lo stesso Edi Rama per anni aveva insistito affinché l’ex premier italiano Matteo Renzi – con il quale Rama aveva coltivato un rapporto tanto amichevole quanto quello intrattenuto con la destra della Meloni – spingesse gli investitori italiani a venire in Albania dove non c’era alcun sindacato che potesse “mettere loro i bastoni tra le ruote”.

Sembra infatti impossibile che i politici e i giornalisti italiani non abbiano ancora capito che in Albania, come anche in Serbia e in altri paesi dei Balcani occidentali, non ha senso parlare di partiti di sinistra e di destra, bensì solo di partiti-stato, che più a lungo governano più voti ottengono grazie al controllo di tutti i centri di potere, criminalità organizzata compresa.

La Grecia apre gli occhi

Quando l’anno scorso, due giorni prima delle elezioni amministrative, la polizia albanese ha arrestato il candidato della minoranza greca Alfred Beleri, Atene ha battuto il pugno sul tavolo, minacciando di bloccare il processo di adesione di Tirana all’UE. Anche in questo caso non si può fare a meno di interrogarsi sull’atteggiamento dei politici e dei giornalisti greci: com’è possibile che solo dopo il brutale atto contro la minoranza greca, Atene si sia resa conto che in Albania vi è un regime autoritario, che collabora con la criminalità organizzata per derubare i cittadini, e i diritti umani vengono calpestati in modo palese e arrogante?

In un articolo dello scorso 15 dicembre, il quotidiano ellenico Kathimerini ha provato a rispondere indirettamente a questa domanda. Nell’articolo, ovviamente, non si fa alcun cenno ai cordiali rapporti intrattenuti dai primi ministri greci con Rama prima dell’evento di cui sopra, si parla solo della presa di posizione della Germania contro il veto di Atene sull’apertura dei negoziati di adesione dell’Albania all’UE. Secondo il quotidiano, Washington, Londra e Berlino, proprio per via della loro incapacità di comprendere la realtà dei paesi come l’Albania, non si rendono conto che il nuovo sistema giudiziario albanese – in cui hanno investito svariati milioni, presentandolo come “l’esempio più riuscito di riforma nei Balcani occidentali” – si sta trasformando in “un’arma politica” nelle mani di Edi Rama. Kathimerini non dice però che prima dello scoppio dello scandalo Beleri anche la Grecia aveva mostrato la stessa ingenuità.

È sufficiente dire che l’Occidente ha buone intenzioni, ma “fraintende” la realtà dei paesi balcanici? Nel denunciare la tendenza di Edi Rama ad abusare delle riforme, oppure la sua propaganda, le pratiche corruttive e le azioni di lobbying nei paesi occidentali, l’opposizione albanese è sempre ben attenta a definire questi paesi come “mal informati” o “ingenui”, mai come complici del male.

Ci sono molti esempi di “investimenti” occidentali falliti o “finiti nelle mani sbagliate". Il caso dell’Afghanistan è solo uno dei più recenti. È ingenuo però pensare che si tratti di mera ignoranza o inesperienza. Il fallimento della riforma della giustizia in Albania era diventato evidente già qualche anno fa, quando i rappresentanti dell’UE avevano suggerito al Kosovo e alla Macedonia del Nord di non applicare “il modello albanese” perché aveva causato più problemi di quanti ne avesse risolti.

Manipolare e corrompere

Il partito di Edi Rama ha più volte dimostrato la capacità di influenzare e corrompere i paesi occidentali. Il recente scandalo che vede coinvolto Charles McGonigal ne è un esempio perfetto. L’ex capo del servizio di controspionaggio dell’ufficio FBI di New York è sotto processo per aver ricevuto pagamenti segreti in contanti da persone vicine al governo albanese. McGonigal avrebbe anche contribuito alla decisione di dichiarare il leader dell’opposizione albanese Sali Berisha persona non grata negli Stati Uniti.

Anche l’ingenuità ha però i suoi limiti e credo che saremmo molto più vicini alla verità se smettessimo di considerare le relazioni tra Occidente e Balcani in un’ottica orientalista che ci porta a percepire gli occidentali come persone buone, razionali e giuste che cercano di “educare i ladri orientali, avidi e primitivi”.

Gli ultimi trent’anni hanno dimostrato chiaramente – anche nei paesi dell’ex blocco orientale che, più degli altri, hanno creduto nella sincerità dell’impegno dell’Occidente nel costruire la democrazia e lo stato di diritto nell’est europeo – che dietro al paravento di questo impegno si celavano forti interessi economici e geostrategici, che hanno portato all’adozione di un linguaggio ambiguo e dei “doppi standard”, ormai diventati parte integrante delle politiche occidentali.

Un esempio recente di queste politiche è “la soluzione innovativa”, appoggiata da Giorgia Meloni, per “ricollocare” i migranti e i richiedenti asilo che cercano di raggiungere l’UE nei campi da allestire in Albania. In Italia, la premier Meloni ha presentato questo modello come “un modo per avvicinare l’Albania alla famiglia europea”, ma anche come “una strategia di deterrenza” per scoraggiare i migranti mandandoli in Albania. Il modello è stato prontamente appoggiato dal Partito socialdemocratico tedesco, partito gemello del PD italiano: il cancelliere Olaf Scholz si è affrettato ad affermare che i tedeschi presteranno particolare attenzione al memorandum Meloni-Rama.

Sono gli stessi tedeschi di cui parla Kathimerini, quelli che, con la guerra in Ucraina, si erano uniti con entusiasmo a chi chiedeva un’integrazione rapida, diretta e incondizionata dell’Albania nell’UE, mentre prima insistevano sulla necessità che il paese rispettasse le norme e lo stato di diritto. L’ironia, secondo il quotidiano ellenico, sta nel fatto che, prima dello scandalo Beleri, era stata proprio la Grecia a cercare, attraverso i suoi ministri degli Esteri, di spiegare ai tedeschi, ai francesi e agli olandesi perché “era fondamentale portare avanti il processo di adesione dell’Albania e della Macedonia del Nord all’UE”.

Basta con la condiscendenza orientalista

La reazione dell’Occidente alla manipolazione delle elezioni in Serbia messa in atto dal presidente autocratico Aleksandar Vučić, finora appoggiato da Bruxelles, contribuisce a svelare questi giochi di “doppie narrazioni e doppi standard”. È chiaro che, di fronte alle richieste dell’opposizione serba – che negli ultimi anni ha più volte boicottato il parlamento, accusando i paesi europei di sostenere l’autoritarismo in Serbia – l’Occidente non ha alzato la voce a causa delle elezioni rubate, bensì con l’intento di costringere Aleksandar Vučić a prendere le distanze dalla Russia.

Edi Rama non è rimasto sconvolto dalle reazioni della sinistra italiana all’accordo [sui migranti]. Si è avvicinato apertamente alla destra e all’estrema destra italiana. Quando l’accordo è stato applaudito da Berlino, si è subito recato in Germania per partecipare ad una riunione del gruppo parlamentare della destra bavarese dell’Unione cristiano-sociale (CSU), nel corso della quale il primo ministro bavarese ha invocato una diffusione su larga scala del “modello italo-albanese” per i rifugiati.

Diversamente da quanto sostiene Edi Rama, l’accordo in questione è ingiusto – a prescindere dal fatto che lo si osservi nell’ottica dei valori della destra o della sinistra europea – poiché viola i diritti umani. Per di più, sia la sinistra che la destra dei paesi occidentali dovrebbero vergognarsi della propensione a utilizzare l’Albania per risolvere i propri problemi riguardanti il fenomeno migratorio.

Sembra chiaro che l’Occidente continuerà a ricorrere a doppie narrazioni e doppi standard, incoraggiando l’avanzamento dei paesi dei Balcani sulla strada della democrazia e, al contempo, sostenendo i loro leader autocratici, in cui vede la via più semplice per risolvere i propri problemi. Se finora i paesi occidentali hanno sempre invocato il rispetto dei diritti umani come un obiettivo fondamentale, mai dal secondo dopoguerra hanno vissuto una crisi di credibilità e legittimità come quella attuale.