Dopo la tragica vicenda del canale di Otranto, nella quale sono morte 21 persone, il governo albanese attua un repulisti tra i funzionari della polizia, fa scattare un'ondata di sequestri di beni immobili e annuncia una legge antimafia
Il tragico naufragio del 9 gennaio vicino alle coste di Valona, che è costato la vita a 21 persone mentre altri 7 risultano ancora dispersi, ha fatto scattare l'attacco più duro contro il crimine organizzato mai tentato da un governo in Albania sin dall'avvento della democrazia. Denominata significativamente "Rete d'acciaio", l'operazione condotta dal Ministero degli interni parte dalle proprie strutture ormai palesemente corrotte, per arrivare poi agli interessi finanziari dei trafficanti, con lo scopo di distruggere una volta per tutte quei legami profondi tra gli esponenti delle forze dell'ordine e i boss mafiosi.
Pulizia nella polizia
Nonostante fosse a capo del Ministero degli interni da meno di un mese, il 34enne Igli Toska ha dovuto prendere drastiche misure: rimossi 5 dei più importanti dirigenti nelle uniformi blu, costretto alle dimissioni quello della capitale e licenziati o messi sotto processo decine di agenti corrotti. Fin dai primi giorni del suo incarico Toska chiede di sapere tutto sugli ufficiali con i quali deve collaborare ed è così che scopre - spiega in un intervista all'Ansa - "cose incredibili, legami che da anni venivano nascosti". Ammettendo la responsabilità della polizia nella tragedia avvenuta pochi giorni fa, dice: "Senza la complicità di una parte delle forze dell'ordine quel gommone non sarebbe mai potuto partire. E questo, come ministro, mi fa sentire profondamente responsabile". Deciso anche riguardo l'operazione "Rete d'acciaio", che punta al sequestro dei patrimoni dei vertici della criminalità, promettendo di andare "fino in fondo, perché è arrivato il momento di cambiare per sempre l'immagine dell'Albania agli occhi del mondo. Un criminale accetta di finire in carcere ma non di perdere le sue ricchezze, ed è su quelle quindi che adesso vogliamo colpirli".
La furia dei sequestri
In pochi giorni le forze dell'ordine hanno sequestrato decine di ristoranti, bar, ville e alberghi lussuosi, proprietà di trafficanti i quali hanno preferito investire in beni immobili i loro "guadagni. A Valona, una volta chiamata anche "capitale dei traffici", sono state sequestrate 15 abitazioni di proprietà di ex scafisti. A Durazzo è stato chiuso un cantiere navale sospettato di aver fornito assistenza tecnica per le imbarcazioni usate dai trafficanti. A Lezha (nord ovest) sono stati sequestrati 2 ristoranti e 5 negozi, mentre a Elbasan (centro) sono state fermate 26 persone e chiusi 3 bar. Secondo i media locali, più di 100 immobili sono stati sequestrati in tutto il Paese nel quadro dell'operazione "Rete d'acciaio".
Il primo ostacolo per questa maxi-operazione è proprio l'assai carente legislazione in vigore: le forze dell'ordine per ora ricorrono ad una piccola legge esistente procedendo ai sequestri preventivi. Poi tocca alla procura dimostrare che i tanti beni sequestrati provengano dal crimine organizzato. Questo è anche uno dei motivi per il quale il governo intende approvare per la prima volta - entro la fine di marzo - una legge antimafia in Albania.
È stato proprio il primo ministro Fatos Nano a confermarlo spiegando che l'attesissima legge sarà creata sul modello italiano, con lo scopo di colpire le retrovie economiche dei trafficanti. Lunedì, il governo, tramite il suo portavoce Aldrin Dalipi, si è detto deciso a continuare l'operazione antimafia. "L'Operazione è un processo difficile, ma siamo decisi a non tornare indietro e a combattere i trafficanti", ha detto Dalipi.
La morte strumentalizzata politicamente
Nemmeno questa volta, seppur di fronte alla tragica morte di 21 persone, la politica albanese è stata in grado di non strumentalizzare l'accaduto per i propri interessi. Maggioranza e opposizione si sono scambiate reciproche accuse sulla responsabilità del naufragio arrivando fino ad uno scontro frontale in parlamento dove l'opposizione di centro-destra ha chiesto le dimissioni del premier accusandolo di non aver saputo evitare la tragedia del 9 gennaio. In una sessione straordinaria prolungatasi fino a notte inoltrata, il parlamento ha bocciato nelle prime ore di domenica la mozione di sfiducia chiesta dall'opposizione con 76 voti contro e 50 a favore. Ora si attende la costruzione di una commissione d'inchiesta, richiesta separatamente da maggioranza e opposizione, per far luce sulle responsabilità dell'incidente.
Il leader dei democratici, Sali Berisha, ha dichiarato di voler mostrare che "Nano e il suo governo potevano prevenirla (la tragedia - ndr) ma non lo hanno fatto, potevano salvare quelle persone ma non lo hanno fatto lasciandole per ore in mezzo al mare senza soccorso". Dal canto suo, neppure il premier si è risparmiato su Berisha, definendolo "una iena della politica" che "usa i morti per colpire il governo". Nano ha più volte sottolineato che l'incidente "è stato un episodio sporadico" e che "non vuol dire assolutamente che i vecchi legami dei trafficanti, già tagliati un anno e mezzo fa, siano stati ricuciti".
Nell'agosto del 2002, dopo un incontro con il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, Nano intraprese un'altra operazione simile denominata "Puna" (Il lavoro) durante la quale vennero sequestrate decine e decine di gommoni e altri tipi di imbarcazioni che venivano usate nei vari traffici illeciti tra le coste dell'Adriatico. Si trattava di un'operazione organizzata a livello internazionale alla quale parteciparono Italia, Albania, Grecia e Montenegro con lo scopo di troncare i legami tra i vari gruppi mafiosi di questi Paesi. È da allora che i tentativi di raggiungere illegalmente l'Italia dalle coste albanesi si sono quasi azzerati, ma sfortunatamente ci sono tragedie come quella del 9 gennaio a farci capire che il problema vero e proprio va al di là di alcune maxi-operazioni...
Vedi anche:
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Verso la morte per realizzare il sogno italiano
- Albania, transizione e commercio di persone