Una voce fuori dal coro nella politica kosovara, che ha saputo unire alla dissidenza i successi elettorali. Ma ora Vetëvendosje!, il partito fondato da Albin Kurti, rischia di sprofondare tra faide interne
(Originariamente pubblicato da Lapsi , selezionato e tradotto da Le Courrier des Balkans e OBC Transeuropa)
Verso la fine di novembre 2017 Albin Kurti è finito nuovamente in carcere per ragioni politiche ed è proprio dalla prigione che ha annunciato la sua candidatura alla presidenza di Vetëvondosje!, carica allora ricoperta da Visar Ymeri. La crisi che covava da più di un anno è così emersa alla luce del giorno. La prima a sbattere la porta è stata la vice-presidentessa del partito, Aida Dërguti. Il 2 gennaio è stata invece la volta di Visar Ymeri che ha annunciato le sue dimissioni.
Il 19 gennaio Albin Kurti è stato infine eletto alla testa di Vetëvendosje!, ma solo poco più di 5000 militanti ha preso parte al voto e si pensa che quasi la metà dei 32 deputati del partito annunceranno, nei prossimi giorni, di andarsene.
Nel frattempo si assiste ad un gran dibattito sul culto di un dirigente intoccabile e sulle pratiche settarie di un partito dal funzionamento “bolscevico”. Nello stesso tempo Albin Kurti e i suoi sostenitori moltiplicano sospetti ed anatemi, evocando – pur di screditare gli oppositori - “l'infiltrazione di agenti stranieri” o addirittura casi di “violenza sessuale”.
Dopo anni di militanza totalizzante e dopo la crescita di Vetëvendosje! sino alle porte del potere, questa crisi che assomiglia tanto ad una soap opera mal fatta sembra inevitabile, quasi normale. Il problema è capire come il partito di Albin Kurti vi farà fronte.
Sarà capace di assorbire le correnti di pensiero diverse da quelle delle origini e di affrontare le critiche di deriva autocratica che vengono poste al suo fondatore? Per ora, i primi segnali, non vanno in questa direzione e militanti pieni di zelo non esitano a sfoderare la spada sui media e social network contro chiunque osi criticare Albin Kurti. Militanti in prigione scrivono lettere infiammate e definiscono “scimmie” coloro i quali esprimono il loro dissenso dalla linea del partito. Altri ritengono che i giornalisti siano dei “nemici”. E tutti, in coro, lodano l'infallibilità del capo.
È questo clima deleterio la minaccia più grande per Vetëvendosje!. Dalla sua creazione, il partito ha scelto la radicalità. Nella memoria collettiva sono radicate in maniera indelebile le immagini di un giovane Kurti, studente dai capelli lunghi, che si scontra con la polizia di Milošević; del prigioniero a Požarevac con il cranio rasato; dell'uomo degli slogan anti-Ahtisaari; dei manifestanti che rovesciano le jeep bianche dell'Eulex; delle barricate per fermare i camion che trasportano merci serbe; dell'eterno malcontento che infrange le finestre nel nuovo palazzo del governo e che lancia lacrimogeni in Parlamento.
E nel susseguirsi delle elezioni, Vetëvendosje! ha raccolto sempre più voti. I cittadini, tra i quali molti si sentono umiliati e derubati, hanno saputo distinguere tra gli atti illegali e la determinazione di un gruppo di persone che crede nei propri ideali. E in pochi anni Albin Kurti e coloro i quali condividevano le sue convinzioni sono riusciti a mettere in piedi una vera e propria forza politica senza corrompersi. Sono riusciti a dare vita all'unico partito albanese di sinistra battendosi contro la politica delle bustarelle, del neoliberismo dilagante, delle privatizzazioni fraudolente, testimoniando il proprio vivo interesse per il destino delle fasce di popolazione più povere.
Grazie a questo impegno senza macchia ed al distinguo netto rispetto agli altri partiti politici kosovari molto è stato perdonato a Vetëvendosje!. A volte le sue azioni sono state percepite come il solo palliativo a un sistema politico gravemente malato.
Ma ora ben pochi perdoneranno a Vetëvendosje! l'adozione di metodi indegni degli ideali democratici che il loro partito intende promuovere, il linciaggio pubblico dei suoi oppositori e gli attacchi brutali contro chi incrina l'immagine del capo.
Questa guerra che caratterizza il partito è senza dubbio la sfida più grande che Vetëvendosje! si è mai trovato ad affrontare. Dovrà provare la sua capacità di ascoltare le voci divergenti e di sopravvivere in un ambiente plurale. Per Albin Kurti è venuto il momento di dire “basta” a tutti quelli che lo idolatrano e lavorano all'edificazione del suo culto della personalità, suo malgrado.
È solo così che riuscirà a dimostrare che i gas lacrimogeni e le bombe Molotov sono solo armi non-convenzionali di una battaglia da rispettare e non i segni premonitori dell'impossibilità di funzionare come partito. Solo così calmerà gli spiriti di chi lo considera ancora come un elettrone libero in guerra con gran parte della società.
Alla vigilia delle elezioni del 2017, che l'hanno portato a un risultato elettorale mai raggiunto prima, Albin Kurti si è messo a comunicare un'immagine diversa dalla sua solita. Ma indossare la cravatta e le passeggiate in centro città con la figlia per darsi un'aria più rispettabile ed abbordabile non saranno efficaci se non riesce a spegnere il fuoco dell'estremismo in seno al suo partito. Vetëvendosje!, che mira a prendere presto il potere, deve saper anche moderare. Lo può fare in un unico modo: obbligare al silenzio gli estremisti che ha tra le proprie fila.