I rapporti fra Armenia e Turchia sono nati con fardelli storici, lascito della Prima Guerra Mondiale, e rimasti parzialmente congelati nel settantennio sovietico. E anche se le ultime tre decadi non sono certo state facili, qualcosa sembra muoversi nell'ultimo periodo
Nel 1991 l’Armenia è diventata un paese indipendente, riconosciuto dalla Turchia, ma i rapporti fra i due paesi sono nati segnati e si sono interrotti nel 1993, quando le relazioni diplomatiche e i confini sono stati chiusi dalla Turchia. Tre decadi per tre temi intrattabili: così possono essere riassunti gli anni 1991-2022 della storia della diplomazia e delle relazioni fra Armenia e Turchia.
I rapporti fra i due paesi erano nati con due fardelli storici, ambedue lascito della Prima Guerra Mondiale, e rimasti parzialmente congelati nel settantennio sovietico. Il primo è il genocidio armeno , la violenta scomparsa dell’Armenia ottomana durante il governo dei Giovani Turchi da cui è promanata tanta parte della diaspora armena che è oggi costituente fondamentale della collettività e della identità armene. Il secondo fardello è di natura territoriale. L’esodo degli armeni ottomani ha portato alla scomparsa dell’Armenia occidentale, ma i territori un tempo abitati dagli armeni ovviamente esistono ancora e vi sono anche dei retaggi architettonici, silenti testimoni della popolazione che vi abitava. Nel giro di pochi anni – dal trattato di Sèvres (1920) a quello di Kars (1921/2) – due diversi confini sono stati tracciati fra Turchia e Armenia. Secondo il primo trattato le aree che erano state abitate dagli armeni sarebbero passate all’Armenia, all’epoca non ancora sovietica, per il secondo trattato sono Turchia.
Nell’atto della breve apertura delle relazioni diplomatiche i due paesi si sono riconosciuti nei confini del trattato di Kars, ma sa bene Ankara che nell’opinione pubblica armena ci sono state voci forti e insistenti per tornare da Kars a Sèvres.
In questo quadro nel 1993 l’Armenia avanzava in Karabakh, conquistando pezzi significativi di Azerbaijan, e la Turchia per solidarietà al paese fratello e poi alleato ha chiuso i confini e troncato le relazioni diplomatiche. E così nei già difficili rapporti fra i due si è insinuato un terzo attore, l’Azerbaijan, la cui posizione andava presa in considerazione.
Tre decadi, tre attori, tre problemi a lungo insormontabili. E tre guerre per cambiare forse le carte in tavola.
Le guerre nei rapporti turco-armeni
I tentativi di riconciliazione turca-armena sono legati a eventi bellici caucasici ma non solo. La chiusura dei confini armeno-turchi è una delle cesure regionali che ha impedito al Caucaso di essere un’area di scambi, soprattutto sulla direttrice est-ovest e vice versa. Questa debolezza regionale ha reso la Russia più rilevante per questa direttrice, posizione che il paese ha cercato di difendere accanitamente. Più a sud, è l’Iran e la sua posizione internazionale a non costituire una valida alternativa. Ogni guerra ricorda che il Caucaso va ottimizzato e disinnescato nei numerosi conflitti che lo attraversano.
Non è un caso che le pressioni alla normalizzazione turco-russa sia seguita nel decennio scorso alla guerra russo-georgiana del 2008. Con il deterioramento dei rapporti russo-georgiani e con il rinnovato presidio militare russo in Caucaso, gli Stati Uniti e altri partner della Turchia hanno rilanciato l’importanza di sbloccare il Caucaso e di smorzare le latenti, perenni, tensioni regionali che occasionalmente esplodono in sanguinosi conflitti. Da qui l’allora diplomazia del calcio, i protocolli armeno-turchi firmati ma non ratificati. Un’annata molto promettente, il 2009, si è conclusa con un nulla di fatto anche per l’opposizione dell’Azerbaijan che intendeva tenere nella morsa dell’isolamento l’Armenia fino alla soluzione della questione del Nagorno Karabakh.
Nel 2020 una nuova guerra caucasica ha rimescolato tutto: l’Azerbaijan si è ripreso gran parte di quello che aveva perso e da una nuova posizione, regionalmente notevolmente rafforzata, si è dichiarato pronto se non promotore di una pace con l’Armenia. Uno degli attori chiave del processo ha cambiato esigenze: Baku ora vuole tutto aperto, per massimizzare il proprio potenziale come hub di scambi e di energia. Contestualmente è ripartito il dialogo turco-armeno per la riapertura dei confini e dei rapporti diplomatici.
Nel 2022 il processo ha avuto un nuovo impulso per via dell’aggressione all’Ucraina. L’isolamento russo è un macigno da cui tutti vogliono slegarsi per non affondare, inclusa l’Armenia che dalla scelta imposta alla nazione del presidente Serzh Sargsyan nel 2013 di non perseguire la strada dell’Accordo di Associazione con l’Unione Europea e di entrare nell’Unione Euroasiatica si è trovata sempre più dipendente dalla Russia.
Le sorti della guerra sono incerte, la sua durata anche, e i vari attori cercano una via alternativa per tutelare se stessi e i propri interessi. Il Caucaso può essere questa via, ma bisogna che cambino molte cose, e in fretta, a giudicare da come ci si sta muovendo ai tavoli della diplomazia.
Nuovo tentativo
Nel dicembre 2021, Armenia e Turchia hanno nominato inviati speciali per la normalizzazione delle loro relazioni, lanciando quindi un tavolo diretto e bilaterale. Il rappresentante della Turchia per l'Armenia è l'ambasciatore Serdar Kılıç, già con incarichi di peso in passato fra cui quello all’Ambasciata turca negli Stati Uniti. Il rappresentante dell'Armenia per la Turchia è il vicepresidente del parlamento armeno Ruben Rubinyan. I due rappresentati hanno il mandato di negoziare le riaperture, non di risolvere questioni politiche, e sono verosimilmente il primo passo agli incontri diretti ai massimi vertici politici dei due paesi, per cui però ancora non si pianifica apertamente una data.
Runinyan e Kılıç si sono incontrati per la prima volta a Mosca il 14 gennaio 2022, mentre i tre incontri seguenti si sono tenuti a Vienna, il 24 febbraio 2022, il 3 maggio 2022, e il 1° luglio 2022. Quest’ultimo incontro è stato accolto molto positivamente da parte dell'Europa, della NATO e da vari attori inclusa la stampa turca più vicina al presidente Erdoğan. In questo incontro è stato convenuto di consentire l'attraversamento della frontiera terrestre tra Turchia e Armenia da parte di cittadini di paesi terzi in visita rispettivamente in Turchia e in Armenia e di avviare il commercio aereo diretto di merci tra Turchia e Armenia il prima possibile. I voli civili sono già ripresi nel 2021, dopo essere stati interrotti durante la guerra del 2020.
La Turchia avrebbe già iniziato le attività di sminamento sul lato turco del confine turco-armeno, in particolare nell'area del villaggio di Ibishköy (distretto di Akyaka / Kars provincia). Serdar Kılıç si è recato il 24 luglio in visita nella provincia di Kars dove ha visitato il confine della Turchia con l'Armenia. Kılıç ha esaminato il checkpoint di Doğukapı, dove c'è una stazione merci presso il confine turco-armeno sull'ex linea ferroviaria Kars-Gyumri, e ha anche visitato le rovine dell'antica città di Ani, capitale medievale del regno armeno.
Meno attivo pare il lato armeno, e per Nikol Pashinyan non è facile traghettare l’Armenia verso una riapertura con il nemico storico turco, né barcamenarsi con l’alleato russo che in teoria sostiene la normalizzazione, ma i cui interessi potrebbero risentire del processo.