Cosa cambia nel paese dopo il nuovo Accordo di partenariato con l’UE? Intervista doppia a Stepan Grigoryan, presidente dell’Analytical Centre on Globalisation and Regional Cooperation, e Anahit Shirinyan, ricercatrice associata presso Chatam House ed esperta di politica armena e relazioni Armenia-UE
Il 24 novembre, nel corso del 5° summit del Partenariato orientale tenutosi a Bruxelles, l’Unione Europea e l’Armenia hanno firmato un Accordo di partenariato globale e rafforzato (CEPA) mirato a riavviare le reciproche relazioni, raffreddatesi dopo la decisione di Yerevan di rinunciare all’Accordo di Associazione per aderire invece all’Unione doganale (e successivamente all’Unione economica) euroasiatica.
Secondo il testo dell’accordo, pubblicato a settembre, in cambio del sostegno e dei finanziamenti europei l’Armenia si impegna ad attuare una serie di riforme che se implementate dovrebbero portare concreti benefici per la repubblica caucasica. Tra i principali propositi vi è lo sviluppo del settore finanziario e delle istituzioni democratiche, al fine di allentare la dipendenza economica da Mosca e rafforzare lo stato di diritto nel paese.
Degli obiettivi e delle opportunità del CEPA abbiamo parlato con Stepan Grigoryan, presidente dell’Analytical Centre on Globalisation and Regional Cooperation , think tank con sede a Yerevan e Anahit Shiranyan, ricercatrice associata presso Chatam House ed esperta di politica armena e relazioni Armenia-UE.
Dopo una fase di stallo, la firma del CEPA è riuscita a dare nuova linfa alle relazioni tra Armenia ed UE, aprendo interessanti prospettive di cooperazione. Cosa rappresenta per Yerevan tale accordo? Quali sono i principali benefici che potrà portare al paese?
S. Grigoryan: La firma del CEPA rappresenta un importante traguardo per l’Armenia, considerando che l’accordo ambisce a rafforzare la tutela dei diritti umani, affermare il principio di legalità, riformare il sistema giudiziario e combattere la corruzione. È inoltre importante ricordare come nell’accordo siano stati inclusi una serie di programmi volti a sostenere l’economia armena attraverso ad esempio il sostegno alle piccole e medie imprese, lo sviluppo del settore turistico, l’aumento della cooperazione con l’UE nel settore del trasporto aereo e la ricostruzione delle fabbriche dismesse nelle zone rurali del paese. Ma soprattutto l’entrata in vigore del CEPA darà all’Armenia la possibilità di spezzare il monopolio russo in settori chiave come l’energia e i trasporti. In tutto questo le organizzazioni della società civile giocheranno un ruolo di fondamentale importanza, in quanto il CEPA riconosce ad esse il diritto di svolgere un’opera di osservazione e monitoraggio sullo stato di attuazione dei punti previsti dall’accordo.
A. Shirinyan: Dopo la mancata firma dell’Accordo di Associazione le relazioni tra Armenia ed UE sono rimaste sospese in un limbo. Ora il CEPA offre alle due parti la possibilità di aprire una nuova pagina di dialogo, imparando dagli errori del passato e costruendo sulla precedente cooperazione. L’accordo dà a Yerevan l’opportunità di bilanciare la propria politica estera, finora eccessivamente dipendente dalla Russia, nonché l’occasione di usare i consigli, gli strumenti e i finanziamenti dell’UE per modernizzarsi e riformarsi, al fine di diventare un vero e proprio paese europeo. Dal punto di vista economico, gli accordi sul libero scambio presenti nel mancato Accordo di Associazione sono stati rimossi a causa dell’incompatibilità con gli impegni che l’Armenia ha preso nei confronti dell’Unione economica eurasiatica (UEE). Tuttavia, Yerevan può ancora beneficiare dell’accesso preferenziale al mercato europeo nel quadro del regime GSP+ . La maggior parte delle riforme previste sono relative al riavvicinamento e all’armonizzazione con l’acquis e le norme dell’UE, ma è soprattutto lo spirito dell’accordo che prevede la democratizzazione e la liberalizzazione economica, con valori comuni che le parti si impegnano a rispettare. Il successo del CEPA dipenderà in larga parte dal modo in cui le due parti, e in particolare l’Armenia, lo implementeranno. Se l’attuazione avrà successo si potrebbero aprire prospettive di cooperazione ancora più ampie per Yerevan e Bruxelles.
Dopo la decisione di aderire all’Unione economica euroasiatica il processo di integrazione europea dell’Armenia è sembrato compromesso. Cosa ha spinto Yerevan a riavvicinarsi a Bruxelles? È possibile costruire un futuro europeo per il paese senza rinunciare al progetto euroasiatico?
S. Grigoryan: La scelta di riavviare la cooperazione con l’UE è una conseguenza dell’insoddisfazione nei confronti dell’Unione euroasiatica, il cui operato si è rivelato fin qui fallimentare. Il livello di corruzione nel paese rimane alto, le infrastrutture hanno bisogno di manutenzione, e all’interno dell’UEE non vi è un ambiente in grado di favorire lo sviluppo di economie effettive. Tutto questo ha finito per avere un’influenza negativa sull’Armenia, spingendo il paese a ripristinare i propri legami con l’UE. Non è certamente possibile costruire un futuro europeo senza rinunciare al progetto euroasiatico, ma sono sicuro che l’Armenia prima o poi uscirà dall’UEE, in quanto i benefici promessi non sono mai arrivati, con Yerevan che si è invece ritrovata a dover gestire una serie di obblighi eccessivamente onerosi, come il fatto di non poter approfondire le proprie relazioni economiche con paesi terzi, come la Georgia o l’Iran.
A. Shirinyan: L’adesione all’UEE è stata un’interruzione imposta al processo di europeizzazione dell’Armenia; non si è trattato di una scelta sovrana, a prescindere da ciò che sostiene il governo armeno, ma di una conseguenza delle pressioni di Mosca. Dal 2009 al 2013 l’Armenia ha subito un processo di europeizzazione silente, dimostrandosi molto ricettiva ai valori europei anche senza la prospettiva dell’adesione; è naturale quindi che dopo una “pausa strategica” le due parti abbiano trovato un compromesso. L’Unione euroasiatica è un’alleanza disfunzionale dal punto di vista economico: oltre a legare le mani all’Armenia, non ha prodotto i benefici sperati. Essendo inoltre un’unione di stati dalle credenziali democratiche discutibili, potrebbe finire per inibire il processo di sviluppo del paese. Sarà quindi una sfida per l’Armenia dimostrare di essere “un paese europeo all’interno dell’Unione euroasiatica”; i politici armeni amano usare questa narrativa per scopi retorici, ma saranno ben presto chiamati a dimostrarla. Il futuro dell’Unione euroasiatica si prevede buio: prima l’Armenia troverà altri mezzi per sostentarsi e tanto meglio sarà.
Come è stata accolta la firma dell’accordo dalla Russia, paese egemone all’interno dell’UEE nonché principale partner economico di Yerevan, e dall’Azerbaijan, con cui l’Armenia è in forte competizione?
S. Grigoryan: La Russia non è entusiasta del CEPA, ma in questo caso, prendendo atto della volontà di Yerevan, non ha ritenuto necessario fare pressioni sulle autorità armene al fine di bloccare i negoziati. Lo stesso Azerbaijan non può dirsi soddisfatto: per tentare di ostacolare la firma dell’accordo, durante la stesura della dichiarazione finale del summit, i rappresentanti di Baku hanno provato a far passare un punto di condanna all’Armenia in merito alla gestione della situazione nel Nagorno-Karabakh. Tale punto, ritenuto inaccettabile dalla delegazione armena, non è però stato approvato.
A. Shirinyan: Durante i negoziati, l’accordo è stato concordato con Mosca. Sebbene non abbia accolto positivamente la firma, la Russia percepisce il nuovo accordo come una minaccia minore, ora che il contesto politico è differente rispetto a quello del 2013. L’Armenia è entrata nell’Unione euroasiatica, e il CEPA è meno ambizioso del mancato Accordo di Associazione; per Mosca il timore che Yerevan possa uscire dalla propria orbita è quindi diminuito. A causa della concorrenza intrinseca tra Armenia e Azerbaigian, Baku non è felice nel vedere progredire le relazioni tra l’Armenia e l’UE. D’altra parte, questa competizione potrebbe spingere l’Azerbaijan ad accelerare i colloqui con l’UE e firmare a sua volta un accordo simile. Una più stretta cooperazione tra Baku e Bruxelles rappresenterebbe uno sviluppo positivo anche per Yerevan, poiché potrebbe potenzialmente trasformare l’Azerbaijan in un vicino più prevedibile per l’Armenia.