Il leader del partito Repubblicano intervistato dal quotidiano russo Nezavisimaja Gazeta nella vigilia elettorale armena. La collocazione internazionale del paese, i rapporti con Mosca e Washington
Di: Jurij Simonjan, per Nezavisimaja Gazeta, 27 aprile 2007, (tit. or.: Lo spettro della "rivoluzione colorata" si aggira per l'Armenia?)
Traduzione per Osservatorio sui Balcani: Irene Dioli
Alle vicine elezioni parlamentari, il suo partito non dovrebbe avere problemi. Lei come valuta le chance degli avversari?
Grazie a numerosi sondaggi effettuati da diverse organizzazioni, posso già prevedere i risultati delle future elezioni parlamentari, ma non ne parlerò: non voglio fornire ai miei avversari il pretesto per accusare le autorità di chissà quali manipolazioni. A mio parere, ciò che importa è che il clima pre-elettorale sia positivo, cosa che non accadeva negli ultimi anni.
In seguito alle ultime modifiche alla Costituzione, il vincitore delle elezioni parlamentari si ritroverà con un potere quasi assoluto. Questo non rischia di esacerbare la situazione interna, già dilaniata dalle tensioni?
Se la fiducia popolare ci affiderà l'incarico di formare un governo, faremo del nostro meglio perché esso includa rappresentanti da tutto lo spettro politico. Considero la coalizione la forma di governo più evoluta, e spero che questa scelta incontri l'accettazione generale.
Nella vicina Georgia e in Ucraina, alle elezioni parlamentari è seguita la rivoluzione. Considera possibile un analogo sviluppo degli eventi in Armenia?
In teoria tutto è possibile. Ma in pratica no. Le autorità stanno preparando elezioni giuste e trasparenti. Questo non consentirà il formarsi dello scontento sociale alla base dei processi di destabilizzazione. Naturalmente, esistono piccole fazioni che già ora parlano di falsificazione dei risultati.
Come la fa sentire l'essere considerato il più probabile futuro presidente?
Se questa è l'opinione della maggioranza, è senz'altro un fatto positivo. Tuttavia, dico da tempo che deciderò se candidarmi o meno solo il 13 maggio, il giorno dopo le elezioni parlamentari. Se il mio Partito Repubblicano riceverà un solido sostegno, certamente presenterò la mia candidatura.
Lei ha spesso sottolineato che la vostra priorità è la definitiva soluzione della questione del Nagorno Karabakh. Come pensa di raggiungere un accordo con l'Azerbaijan?
Si parla di un accordo pacifico, con cui entrambe le parti rinunceranno all'uso della forza. Se l'accordo sarà sottoscritto, cominceremo a lavorare per l'avvicinamento dei due popoli, e la situazione si sbloccherà.
In una recente intervista alla stampa occidentale, lei ha affermato che la questione dell'ingresso dell'Armenia nella NATO non si pone né ora, né nel prossimo futuro. Eppure i vicini Azerbaijan e Georgia vanno proprio in questa direzione...
Ogni Stato sceglie autonomamente il proprio sistema di sicurezza, e il nostro è un buon sistema. Il nostro partner strategico è la Russia, e spero che Armenia e Russia riusciranno ad evitare che questa situazione minacci la nostra sicurezza.
Come descriverebbe i rapporti tra l'Armenia e la Georgia, l'unico vicino cristiano?
La Georgia è per noi un paese molto importante, e non definirei i nostri rapporti problematici. Si tratta dell'unico paese che ci collega al mondo esterno: attraverso la Georgia passa la maggior parte del nostro commercio, e ogni evento negativo in questo paese è per noi molto dannoso. Noi, certamente, abbiamo ogni interesse a sviluppare le relazioni con la Georgia, e prevedo che sarà così. Se il governo georgiano, per esempio, deciderà di entrare nella NATO, noi accoglieremo questa decisione con rispetto e speranza che non si rifletta negativamente sulla sicurezza dell'Armenia e sui rapporti far i due paesi.
E con l'Iran?
Anche l'Iran è straordinariamente importante per noi. Intensificheremo la collaborazione per espandere la rete elettro-energetica, e continueremo a stabilire con interesse nuovi contatti economici con Teheran.
I rapporti con la Russia appaiono idilliaci. Tuttavia, sempre più spesso a Erevan si sente dire che le imprese cedute alla Russia ristagnano, mentre in Russia si comincia a lamentare la scarsa produttività di queste imprese. Qual è la situazione, esattamente?
Queste voci non sono una novità per me, ma gli autori di queste dichiarazioni peccano di superficialità. Io stesso ho lavorato alla sottoscrizione di questo accordo, e tuttora rimango alla presidenza della commissione inter-governativa. Mi ero posto un obiettivo: portare in Armenia il capitale russo. Questo è per noi molto importante, in quanto gli investimenti rappresentano l'unico strumento per rivitalizzare l'economia armena. Però questo non sta accadendo nella misura sperata, e di qui l'insoddisfazione di alcuni. Tuttavia, desidero sottolineare che stiamo lavorando per sviluppare i nostri rapporti, e spero che così sarà. Se ne è discusso proprio di recente, in occasione della visita a Erevan di Sergej Ivanov, e sono convinto che troverà una soluzione saggia e conveniente per entrambe le parti.
Negli ultimi tempi si è formata l'impressione che l'Armenia subisca delle pressioni da parte degli Stati Uniti e dall'Occidente nel suo complesso. È davvero così?
No. Sono membro del governo da molti anni, e non ricordo nessun caso di pressione politica da parte degli Stati Uniti, che ci prestano un consistente aiuto economico: da molti anni l'Armenia riceve una quantità di aiuti inferiore solo a quelli destinati a Israele. Inoltre, l'America sostiene importanti progetti per il miglioramento delle infrastrutture. A questo proposito, voglio sottolineare che Erevan non intende giocare su alcuna contrapposizione tra Russia e Stati Uniti. La situazione migliore per noi non risiede nel conflitto fra questi due poteri, ma, al contrario, nella loro collaborazione.
In conclusione, vorrei tornare all'Armenia. Quali problemi interni considera prioritari?
Di questo si potrebbe parlare per ore. Il problema più grave rimane la povertà. Voglio sottolinearlo: non può esistere benessere senza democrazia. D'altra parte, perché una società sia democratica, il cittadino deve essere in condizione di pensare autonomamente, e non di dover vendere i propri diritti per un piatto di riso. Tutti i problemi sono intrecciati, e vanno affrontati con un approccio organico. Comunque, nel periodo pre-elettorale i cittadini ci hanno assegnato sette priorità: un esercito forte, nuovi posti di lavoro, lo sviluppo del territorio, pensioni più alte, assistenza sanitaria accessibile a tutti, istruzione di qualità e un settore scientifico competitivo. Se riceveremo la fiducia del nostro popolo, potremo portare avanti le riforme necessarie per risolvere questi problemi. Lo testimoniano gli indicatori degli ultimi sette anni: il prodotto interno lordo è raddoppiato, e così la spesa pubblica e le esportazioni. Di conseguenza, stipendi e pensioni sono triplicati. Ma non è abbastanza, perché i risultati si percepiscono solo nella capitale.
Abbiamo adottato diverse leggi che hanno reso l'Armenia un paese con un'economia di mercato, un buon sistema giudiziario e condizioni favorevoli per l'imprenditoria. Ma ora è indispensabile concretizzare queste leggi nella pratica, perché funzionino con precisione e diano risultati di qualità. La risoluzione della questione del Karabakh e l'apertura del confine con la Turchia potrebbero aumentare di un terzo il prodotto interno lordo. E questo darà slancio all'economia, il che senz'altro si rifletterà sulla popolazione - la chiave è nell'aumento dell'occupazione.