La diffusione di video intimi in Azerbaijan non è usata solo come strumento di repressione politica, ma dimostra anche misoginia e omofobia
(Pubblicato originariamente da Oc Media , selezione e traduzione a cura di OBCT, tit. orig. "Making love is a burden in Azerbaijan")
Nello scorso anno la continua circolazione di video hard e altri materiali privati ha scosso la società azera. Nonostante la costituzione preveda che ciascuno abbia il diritto alla riservatezza nella vita privata e familiare, i recenti eventi dimostrano che, in pratica, non è così e la legge non fa nulla per arginare il fenomeno.
Le violazioni della privacy non sono limitate a politici, attivisti e membri dell’opposizione, in quanto anche le persone comuni corrono il rischio, ogni giorno, di avere i loro momenti più intimi pubblicati in rete.
Prima che Telegram diventasse ampiamente utilizzato in Azerbaijan, era Instagram una delle principali piattaforme usate per disseminare queste immagini senza il consenso dei loro proprietari. Numerose pagine Instagram azere ad esempio sembravano esistere solamente per condividere foto private con l’intento di umiliare o far provare vergogna ai membri della comunità LGBT. Altre diffondevano immagini che donne mandavano ai loro fidanzati. Se si cercano alcune parole chiave su Instagram, appaiono pagine su pagine con foto di donne azere condivise senza il loro consenso.
Telegram ha solo reso la situazione peggiore: questi canali sono soggetti ancora a un minor controllo rispetto a Instagram e postano contenuti molto più espliciti. Canali che - insieme a immagini rubate a figure politiche, ai loro parenti o revenge porn rispetto a persone azere considerate importanti - postano spesso anche video o foto prese da luoghi come camerini in negozi di abbigliamento.
Ciò che dice la legge
L’articolo 156 del codice penale azero proibisce che siano diffuse informazioni personali senza previo consenso. L’articolo punisce anche la violazione della corrispondenza, dei diritti di proprietà e gli attacchi informatici.
Quando le vittime presentano una denuncia, l’ufficio del procuratore distrettuale è obbligato a investigare nel migliore dei modi.
Se lo stato fallisce nel risolvere queste questioni oppure dimostra carenze per la riluttanza nel procedere contro coloro che violano le norme o ancora nel caso si verifichino violazioni procedurali, allora sta violando i diritti dei suoi cittadini fissati dalla Convenzione europea dei diritti dell’uomo, che l’Azerbaijan ha firmato.
Tuttavia, la gran quantità di casi che si verificano, rende evidente come le procure non stiano portando avanti i loro obblighi legali nei confronti dei cittadini. Ancora, il fatto che spesso i membri dell’opposizione siano presi di mira dimostra come le autorità statali siano complici di questi crimini.
Il caso di Khadija Ismayilova contro l’Azerbaijan, portato dinanzi alla Corte europea dei diritti dell’uomo, è l’esempio più evidente del fallimento delle autorità azere. La giornalista Khadija Ismayilova, che aveva più volte documentato casi di corruzione connessi al governo, ha denunciato di essere stata presa di mira, dopo l’uscita di un video online, dove era stata ripresa di nascosto.
Nella maggior parte dei casi accade lo stesso: il governo prende di mira delle donne per il loro lavoro o per danneggiare la reputazione dei loro parenti uomini e dopo che il materiale è trapelato, le forze dell’ordine procedono molto lentamente nelle indagini, senza mai raccogliere prove sufficienti a trovarne i responsabili.
Lo stato ha un obbligo negativo che proviene dall’articolo 8, il quale non permette di interferire illegalmente nella vita privata delle persone. Nonostante questo, l’installazione di telecamere, la presenza di linee telefoniche statali, gli attacchi informatici e agli attivisti che vengono anche derisi pubblicamente, l’utilizzo di spie che abbiano rapporti sessuali con attiviste allo scopo di filmarle e, infine, il fatto di rallentare deliberatamente le indagini dimostrano l’intromissione del governo nella vita privata delle persone e la violazione dei suoi obblighi negativi.
Altri episodi presentano lo stesso schema, anche se non sono mai arrivati fino di fronte alla Corte europea dei diritti dell’uomo. Informazioni o immagini personali vengono rubate subito dopo o prima di proteste, pubblicazioni o altri atti di sfida alle autorità. In questo modo, si cerca non solo di punire e zittire l’opposizione, ma di creare anche un effetto deterrente per coloro che vogliano esprimere liberamente le proprie visioni politiche.
Anche se è difficile o quasi impossibile dimostrare direttamente la colpevolezza delle autorità statali nella creazione e la diffusione di tali materiali, rimane a loro carico il dovere di investigare in modo efficace e perseguire questi crimini – cosa su cui le istituzioni continuano a fallire.
2021, sempre peggio
Nel 2021, la situazione è diventata ancora più terribile. Nel corso di una settimana, nell’ultimo inverno, sono stati condivisi su Telegram tre differenti video hard che coinvolgevano figure dell’opposizione o loro familiari.
Si crede che siano direttamente alcuni poliziotti ad amministrare questi canali su Telegram e pagine di Instagram.
Nonostante le autorità azere spesso abbiano finto la loro incompetenza informatica, sono state capaci di creare eserciti di troll su Facebook, chiudere pagine web e togliere l’accesso ad internet.
Se prendessimo le loro affermazioni come veritiere, sembrerebbe che l’unica cosa che lo stato azero non sappia fare sia indagare su account Instagram o Telegram.