La centrale termoelettrica di Bitola - © Masha Pavlovic/Shutterstock

La centrale termoelettrica di Bitola - © Masha Pavlovic/Shutterstock

Nonostante la dichiarata necessità di invertire la rotta per salvaguardare ambiente e salute pubblica, le grandi e ormai datate centrali a carbone dei Balcani occidentali hanno inquinato di più nel 2022 che nel 2021

19/07/2023 -  Gianluca De Feo

Benché i Paesi dei Balcani occidentali abbiano sottoscritto una serie di accordi per ridurre le emissioni di gas serra, la situazione non sembra migliorare. Secondo un report pubblicato pochi giorni fa dall’ONG ceca Bankwatch, infatti, l’inquinamento atmosferico provocato nel 2022 dalle grandi centrali a carbone dei Balcani occidentali è aumentato rispetto al 2021.

Nell'ambito degli obblighi previsti dal trattato per la Comunità dell’energia, istituita tra Unione europea e Balcani occidentali, quattro paesi della regione - Bosnia Erzegovina, Kosovo, Macedonia del Nord e Serbia - nel 2018 hanno adottato i cosiddetti Piani Nazionali di Riduzione delle Emissioni (NERP). Questi mirano a ridurre le emissioni derivanti da una serie di grandi e antiquate centrali a carbone, tra le più inquinanti in Europa. Bankwatch monitora, di anno in anno, l’avanzamento dei NERP.

Rispetto al 2021, nel 2022 sono aumentate le emissioni relative a tutti e tre gli inquinanti regolamentati dai Piani Nazionali: l'anidride solforosa (SO2), le polveri, e gli ossidi di azoto (NOx). Per quanto riguarda questi ultimi, per la prima volta è stato superato il limite massimo che i paesi si erano imposti. La ragione deriva da una combinazione tra l’insufficienza di investimenti nella riduzione delle emissioni, un aumento generale delle emissioni e il fatto che il tetto massimo diminuisca di anno in anno. I valori relativi alle emissioni di SO2 e di polveri superano invece da anni, di gran lunga, i tetti massimi consentiti dai NERP: nel 2022 lo hanno fatto rispettivamente di 5,6 e 1,8 volte.

Nel 2022, gli impianti a carbone della Serbia sono stati i maggiori emettitori di SO2 nella regione in termini assoluti con 261.207 tonnellate; segue la Bosnia Erzegovina con 182.667. Ma è stata la centrale Bitola B1+2, in Macedonia del Nord, l’impianto con le più alte emissioni di SO2 della regione: ben 111.408 tonnellate, un valore quasi doppio rispetto al 2021. Da sola, la centrale macedone viola i massimali NERP relativi alle emissioni di SO2 per tutta la regione, ed è anche la singola maggiore emettitrice di polveri. Non è chiaro il motivo di questo enorme incremento, ma Bankwatch ipotizza sia dovuto, almeno in parte, all’utilizzo di un diverso tipo di carbone rispetto al passato.

Producendo energia per molte più ore di quelle consentite e non modernizzando i propri impianti, le centrali a carbone dei Balcani occidentali infrangono costantemente i limiti imposti dai NERP. Spinte dall’insicurezza energetica della regione, le autorità non sembrano intenzionate a cambiare rotta, nonostante gli accordi firmati. Ma la questione non è solo ambientale o legislativa: Bankwatch ha calcolato che su un totale di 19mila decessi che si stima siano stati causati dalle emissioni nocive delle centrali a carbone nei Balcani occidentali tra il 2018 e il 2020, il numero delle morti causate dal superamento dei tetti massimi imposti dai NERP è stato di quasi 12mila.

Il segretariato generale del trattato per la Comunità dell’energia ha aperto una serie di procedimenti contro i Paesi che infrangono le regole, ma anche questi non sembrano ottenere i risultati sperati. Entro la fine di giugno tutti i Paesi dei Balcani occidentali dovevano presentare i Piani Nazionali per l'Energia e il Clima (NECP), in cui delineare le strategie per la riduzione delle emissioni di gas serra entro il 2030 - questi piani devono specificare anche il processo previsto per la chiusura delle centrali a carbone.

Secondo quanto si legge sul sito di Bankwatch: “L'attuazione è lenta, ma il trattato [per la Comunità dell’energia] ha comunque contribuito in modo significativo a modernizzare la legislazione energetica di alcuni Paesi. Le conseguenze per coloro che violano le regole sono ancora insufficienti e nei Paesi è necessaria una gamma più ampia di norme comunitarie in materia di protezione ambientale. Il trattato deve essere esteso e aggiornato per raggiungere il suo pieno potenziale.”