Che c'entra l'Ajvar, la nota salsa di peperoni, la cantante Dua Lipa e il nazionalismo dei popoli balcanici? Un ironico commento dello psicologo e ricercatore Srđan Puhalo
(Originariamente pubblicato dal portale Analiziraj , il 30 luglio 2020)
Avete seguito in questi giorni lo scontro epico tra il nazionalismo albanese e quello serbo? Se non lo avete fatto, vi faccio un breve riassunto di questa polemica.
Nel corso di una trasmissione intitolata “Hot Ones”, la cantante britannica di origini albanesi Dua Lipa ha dichiarato: “Ajvar! È una sorta di salsa di peperoni arrostiti, viene conservata in barattoli, è piccante, è meravigliosa e si accompagna bene con tutto! Con le uova, con il toast e anche con la pita agli spinaci, che è un’altra specialità albanese”.
Un’affermazione che ha scatenato l’ira dei veri serbi, che attraverso i social network hanno fatto sapere a Dua Lipa che l’ajvar è una specialità serba e di nessun altro. Sulla zeljanica [altro nome con cui è nota la pita agli spinaci] non si sono invece pronunciati.
La polemica è arrivata così lontano che Stevica Marković dell’associazione “L’ajvar di Leskovac” ha dichiarato : “Cercheremo giustizia. L’ajvar serbo non sarà promosso come [una specialità] albanese”.
Per poi affermare, complicando ulteriormente le cose: “L’ajvar è un patrimonio di tutti i Balcani, ma l’ajvar di Leskovac ha una sua rilevanza e riconoscibilità. Viene prodotto anche in Macedonia e in Kosovo e Metohija, e anche i bulgari hanno una variante simile chiamata ljutenica”.
Allora, qual è il problema?
Il problema è che il nazionalismo tende a considerare come appartenente ad un singolo popolo una cosa tipica della metà dei paesi dei Balcani.
Il problema è che il peperone, come principale ingrediente dell’ajvar, è arrivato in Europa solo dopo il ritorno di Colombo dall’America, e da noi è arrivato ancora più tardi, nel XVII secolo, dalla Turchia o dall’Ungheria.
Come possiamo vedere, il peperone non è una pianta serba né albanese, è una pianta sudamericana che è stata portata nei Balcani dagli occupanti. Ovviamente, questo non ha impedito agli auto-sciovinisti locali di accettare il peperone, di cominciare a coltivarlo e a usarlo per preparare l’ajvar.
Ma come spiegare ai nazionalisti albanesi e serbi che è assurdo litigare sulla paternità dell’ajvar quando la stessa parola “ajvar” deriva dal turco “hayvar”, che significa caviale. Come mai questo legame? Perché all’inizio del XX secolo l’ajvar di peperoni era una specialità molto costosa. Bisognava comprare e trasportare i peperoni, che all’epoca non si trovavano nei mercati belgradesi. In realtà, a portare l’ajvar nelle kafane belgradesi furono gli arumeni provenienti dalla Macedonia che all’epoca gestivano la maggior parte dei locali.
Rendiamola ancora più complicata.
La prima ricetta dell’ajvar comparve nel 1877 nell’Austria-Ungheria in un libro scritto in serbo da Katarina Popović Midžina , pubblicato a Novi Sad.
Come abbiamo già detto, l’ajvar era una prelibatezza piuttosto costosa perché bisognava procurarsi un fornello, i peperoni e l’olio, per cui la maggior parte delle famiglie ha cominciato a preparare l’ajvar in casa solo a partire dagli anni Sessanta del XX secolo, quando il socialismo ha reso possibile l’acquisto di peperoni e olio a prezzi convenienti.
È completamente assurdo insistere sul fatto che l’ajvar è una specialità serba, macedone, albanese o bulgara, ma ai nostri nazionalisti piace questa assurdità.
Oggi cercano di appropriarsi della paternità dell’ajvar, domani litigheranno sulle origini di una canzone, il giorno dopo cercheranno di appropriarsi di uno scrittore o di uno scienziato, poi di un territorio, e sarà così fino all’ultimo “patriota”.