Si prospettano tagli dei fondi per i Balcani e le grandi organizzazioni internazionali annunciano che oramai si è usciti dall'emergenza. Ma sono molte le voci che si levano preoccupate: "attenzione a non rischiare una nuova destabilizzazione dell'area".
Il 27 giugno scorso l'Alto Commissario per i Rifugiati Ruud Lubbers, il Coordinatore Speciale del Patto di Stabilità per il sud-est Europa Erhard Busek ed il neo-nominato Presidente dell'Iniziativa del Patto di Stabilità per il Ritorno dei Rifugiati, Soeren Jessen-Petersen, hanno deciso che per i futuro occorrerà fondare gli interventi nei Balcani non più sull'emergenza.
Contemporaneamente sono state presentate a Ginevra una serie di iniziative che dovrebbero rientrare in un pacchetto denominato AREA II (e successivo all'AREA I, lanciato nello scorso anno), volte in particolar modo a favorire soluzioni sostenibili per le popolazioni sfollate. Questo implicherà ad esempio progetti di integrazione di sfollati e rifugiati nel territorio che hanno "scelto" come propria dimora e progetti di sviluppo di quest'ultimo.
Sarà compito proprio di Soeren Jessen-Petersen sovrintendere a questo processo. E' significativo come si tenda oramai, pur non negando l'appoggio a chi desidera rientrare nei luoghi d'origine, a parlare della possibilità di integrare chi invece ha deciso di restare. Si sta quindi assistendo ad un sostanziale cambiamento di rotta, forse ad un atteggiamento meno invasivo della Comunità Internazionale, certo più passivo rispetto alla situazione "sul campo". E probabilmente tutto questo è dettato da una drastica riduzione dei fondi a disposizione.
Ma da più parti emerge un disaccordo di fondo sulla "fine dell'emergenza" e si mette in risalto come i sostanziali tagli di finanziamenti a progetti avviati e da avviare nei Balcani potrebbero riportare ad una destabilizzazione dell'area. "Meglio investire fondi adesso che investirne molti di più nel futuro in modo da riportare nuovamente la pace nell'area", ha chiarito Nebojsa Covic, vice-presidente del Governo serbo.
Opinione simile anche quella di Micheal Steiner, a capo dell'amministrazione internazionale UNMIK in Kossovo. "I tagli rischiano di dare un brutto segnale proprio quando segnali positivi stavano arrivando dai rappresentanti delle comunità che vivono in Kossovo", ha chiarito quest'ultimo.
Sono gli stessi rappresentanti del Patto di Stabilità a ricordare inoltre come nel sud-est Europa ancora 55.000 persone vivano nei Centri collettivi e rappresentino il segno tangibile di come le caratteristiche di crisi umanitaria possano permanere a volte anche a sei anni dalla fine di un conflitto. E per questo gli effetti destabilizzanti che la situazione attuale potrebbe causare non possono né devono essere sottostimati (reliefweb.org, 27.07.02).
L'Alto Commissariato dei Rifugiati ha ritenuto necessario sottolineare che mai come ora è necessario un forte sostegno a rifugiati e sfollati che desiderino rientrare nei loro luoghi d'origine. Processo che si è accelerato notevolmente nell'ultimo biennio. Sono infatti 159.000 in questi ultimi due anni le persone che, in Bosnia Erzegovina, sono rientrate in zone dove ora costituiscono una minoranza. 150.000 sono gli sfollati rientrati nelle proprie case in seguito alla crisi della scorsa estate in Macedonia e 93.000 sono i serbi rientrati in Croazia. Nonostante i successi la situazione è ancora difficile: sono ancora più di 1 milione gli sfollati e rifugiati originari della BiH.
Lubbers, pur non negando la necessità di intervenire anche in altre aree del mondo, ha sottolineato l'importanza di non minare il supporto finanziario ad un processo che sta progredendo rapidamente.
"I tagli al budget stanno impedendo progetti che sono ancora di importanza vitale", ha chiarito sempre quest'ultimo.
"Rischiamo ad esempio una paralisi degli sforzi fatti in Kossovo per favorire l'eventuale ritorno di circa 23.000 persone appartenenti alle comunità serbe e rom" - ha aggiunto Lubbers - "e verrebbe messo in discussione anche il processo di rientro dei serbi in Croazia".
Reazioni, come abbiamo già visto, preoccupate anche quelle di Micheal Steiner, che ha ricordato come se in Bosnia Erzegovina si sono raggiunti alcuni buoni risultati, in Kossovo la situazione è diversa e resta da fare molto. "Ci sono gli spazi per andare in questa direzione, ma per fare progressi servono risorse adeguate", ha affermato nel suo intervento presso un gruppo di lavoro sui rientri organizzato a Ginevra lo scorso 27 giugno. Steiner ha poi descritto la situazione in Kossovo, sottolineando come lenti progressi verso la multietnicità si stiano compiendo. Tra questi ad esempio le sempre più frequenti visite degli sfollati e dei rifugiati ai loro luoghi di origine. Tra le varie iniziative in corso anche la costituzione di un'Istituzione del tutto peculiare che si occuperà della questione degli immobili illegittimamente occupati e della loro restituzione ai legittimi proprietari. "Ma tutto questo sarà impossibile senza adeguata copertura finanziaria" - ha ribadito Steiner - "e rischiamo che tutti gli sforzi di UNMIK ed UNHCR siano resi vani". In conclusione Steiner ha poi annunciato che si sta preparando "un incontro con i donatori per la seconda metà di quest'anno. Maggiori saranno i successi raggiunti in questo periodo più facile sarà raccogliere risorse per il prossimo anno".