Gustavo fu un cartone animato ungherese che arrivò in Jugoslavia negli anni '80 e che ben presto conquistò le simpatie di molti telespettatori. Una serie di 120 episodi realizzata da tre maestri del cinema ungherese: Attila Dargay, József Nepp e Marcell Jankovics
Il cartone animato Gustavo (in ungherese Gusztáv) giunse in Jugoslavia all’inizio degli anni Ottanta, in concomitanza con l’acuirsi della crisi economica e politica attraversata dal paese. Oggi, nella regione post-jugoslava, c’è chi sostiene che questa serie di cartoni animati – la più popolare mai realizzata in un paese dell’est Europa – fosse stata acquistata dalla Radiotelevisione della Jugoslavia con lo scopo di riempire lo spazio tra altri programmi messi in onda dal Vardar al Triglav, cioè come “un contenuto” di secondaria importanza.
Quindi, quando mancavano le pubblicità – ecco Gustav. Quando veniva cancellata una gara sciistica – ecco Gustav. Quando qualcuno dell’équipe televisiva sbagliava nel calcolare la durata di una trasmissione – aiuto, Gustav!
Ben presto però questo personaggio, giunto fortuitamente sui nostri schermi, aveva conquistato – in modo solo apparentemente inaspettato – le simpatie di molti telespettatori di tutta la Jugoslavia. All’epoca molti cittadini jugoslavi, me compreso, non sapevano che questa serie di cartoni animati avesse già riscosso un grande successo internazionale, diventando popolare non solo in Europa orientale, ma anche in quella occidentale, e in molte altre parti del mondo. (La serie Gustavo fu trasmessa dalla RAI nel 1968-69, e poi di nuovo negli anni Settanta.)
Degli autori di questa serie, composta da 120 episodi, in Jugoslavia non si sapeva nulla. La serie fu realizzata da tre maestri del cinema ungherese: Attila Dargay, József Nepp e Marcell Jankovics*.
Dopo il grande successo riscosso dal cartone animato Szenvedély [Passione] realizzato da Jozsef Nepp, i tre artisti furono ingaggiati dalla casa di produzione cinematografica Pannónia. Dalle loro penne nacque Gustavo, un vero e proprio antieroe del socialismo reale e antipode dell’Uomo Nuovo. Non dobbiamo però dimenticare che erano gli anni della Distensione, del governo Chruščëv nell’Urss, delle tendenze culturali e politiche che di lì a poco sfoceranno nelle mobilitazioni del ’68 all’Est, e poi nella caduta del Muro.
Ogni episodio della serie Gustavo è una storia a sé. Nella maggior parte degli episodi Gustavo è un dipendente pubblico. A volte è sposato, altre volte è celibe. (Vi è però un elemento costante: tutte le donne che compaiono nella serie hanno delle tette enormi, cosa che piace molto a Gustavo). Disinteressato al proprio aspetto fisico (probabilmente non è mai stato in una palestra, né tanto meno ha praticato jogging né altre attività simili a cui i vari Gustavi del nostro tempo tengono molto), Gustavo si scontra con i suoi oppositori in diverse situazioni, in cui finisce per trovarsi senza volerlo. Così si confronta con Seduttore, Ubriacone, Vicino di casa che è un brontolone ancora più grande di Gustavo.
Nella sua totale ordinarietà, Gustavo è invidioso, geloso, diffidente, asociale, spesso egoista, ma a volte dimostra altruismo e simpatia verso chi è più debole e più vulnerabile di lui. Il suo grande difetto è la propensione a confrontarsi con il mondo urbano in mezzo al quale è stato impietosamente gettato dai suoi ”padri”.
Gustavo ben presto divenne un personaggio cult anche in Jugoslavia. Al pari dei personaggi ideati da Chaplin, anche Gustavo, un Uomo Tutt’altro che Nuovo, si era semplicemente insinuato nella nostra quotidianità ormai così complessa da risultare problematica, una quotidianità caratterizzata dal declino del socialismo e da una recrudescenza del nazionalismo. Gustavo pian piano divenne anche un riflesso del carattere delle cosiddette persone comuni che subiscono ingiustizie e reprimono la propria insoddisfazione verso il mondo che le circonda finché non ce la fanno più. Tutte le scene nella serie sono prive di dialoghi, Gustavo e altri personaggi non parlano, solo mugugnano. Credo però che, anche con questo ”esperanto”, i protagonisti di ogni episodio, della durata di circa cinque minuti, fossero riusciti a risvegliare nei telespettatori ”i pensieri spettinati”, per riprendere le parole dello scrittore satirico polacco Stanisław Jerzy Lec. Credo anche che Gustavo avesse risvegliato tali pensieri non solo in noi che vivevamo in quello ”jugo-cuscinetto” tra i due blocchi, ma anche nei cittadini dei paesi situati su entrambi i lati del Muro. (Non è certo colpa di Gustavo se un giorno siamo caduti da quel ”cuscinetto” precipitando tra le spine della desolante periferia europea.)
Fu forse per questo motivo che la serie non venne trasmessa in Jugoslavia già negli anni Sessanta e Settanta? Non sono riuscito a trovare alcuna informazione su questo argomento né nei libri né su Internet, ma mi chiedo se in quel periodo qualche intelligentone della Lega dei comunisti avesse visto qualcosa di scomodo in quella serie che era ormai diventata popolare in molti paesi. Forse però il principale problema stava nella pigrizia e nell’inerzia dei burocrati del mondo della televisione e di quello della politica, guidati da idee del tipo: ”Cosa può mai venire di buono dai nostri vicini?”.
In quel lontano novembre del 1989 pensai per la prima volta che Gustavo avesse profeticamente preannunciato non solo la caduta del Muro, ma anche l’arrivo di un capitalismo senza volto umano nei paesi dell’ex blocco comunista. Diverse migliaia di persone comuni, come Gustavo, non si erano spostate da Berlino Est nella parte occidentale della città per ”nutrirsi” di libri, giornali, film e spettacoli teatrali che furono proibiti dal regime comunista. La folla aveva inondato i centri commerciali, ma anche i sex shop. Sì, proprio come nell’episodio intitolato ”Gustavo al supermercato” in cui l’antieroe di Dargay, Nepp e Jankovics più volte al giorno va al supermercato per comprare un pacco di caffè e ogni volta torna con 1001 cose di cui non ha bisogno, e alla fine finisce in manicomio. E lì, ovviamente, non abbandona la sua passione, solo che, invece di vari prodotti, mette nel carrello ospedaliero i pazienti. (I creatori di Gustavo avevano intuito che il consumismo, prima o poi, sarebbe sfociato nella follia sociale?)
Molto interessante è l’episodio in cui Gustavo compra un’automobile con i soldi faticosamente risparmiati, e preoccupato per i danni che l’auto potrebbe subire nel parcheggio, decide di sistemarla nella sua camera da letto. Un altro episodio, a me particolarmente caro, è quello in cui Gustavo, questa volta nei panni di un addetto allo sportello bancario, svolge il suo lavoro molto lentamente. Così lentamente che ad alcuni clienti cresce la barba, alle donne incinte cresce il pancione... Ad un certo punto in banca entrano alcuni banditi e chiedono soldi. Gustavo esaudisce ben volentieri la loro richiesta, ma quando uno dei banditi mette le mani sul panino di Gustavo, quest’ultimo si trasforma in karateka e sconfigge i delinquenti. Poi tranquillamente prende il suo panino e, con ancora maggiore tranquillità, riprende a lavorare. È una vera e propria resa dei conti, della durata di cinque minuti, con l’idea della necessità di costruire beni comuni, ma anche un tentativo di mettere in luce l’egoismo del piccolo uomo, pronto anche allo scontro fisico per difendere ogni cosa, per quanto piccola, che gli appartiene.
Osservando alcuni eventi assurdi verificatisi alla vigilia della dissoluzione della Jugoslavia, un mio amico giudicava ogni situazione prendendo Gustavo come pietra di paragone. ”Se dovesse vedere questa follia, anche a Gustavo verrebbe da vomitare”. Un altro mio amico, infuriato di fronte a quella stessa follia, esclamò: ”Anche Gustavo ne rimarrebbe stupito!”.
Gustavo ormai da anni si è trasferito su YouTube dove vive la sua esistenza prolungata, raccogliendo ancora molte simpatie. Tuttavia, già da molto tempo la serie non viene più trasmessa nei nuovi staterelli post-jugoslavi (solo nel 2013-14 fu trasmessa dalla Radiotelevisione croata.) Chissà perché... Forse perché gli odierni caporedattori delle televisioni pubbliche e private non credono che una serie come Gustavo possa essere attuale anche ”nel deserto del post-socialismo” (per parafrasare il titolo di una raccolta di saggi)?
Se Gustavo dovesse resuscitare – non solo in Ungheria, che ormai fa parte della nuova Europa unita – toccherebbe la barriera di filo spinato anti-migranti? Chissà, forse borbotterebbe in quel suo ”esperanto” di essere rimasto un semplice uomo, seppur pieno di difetti, ma di non aver perso la sua anima? Cos’altro aggiungerebbe lo lascio immaginare ai lettori di questo articolo commemorativo dedicato ad un meraviglioso personaggio animato, nato sessant’anni fa.
Buon compleanno, Gustavo!
*Attila Dargay (1927-2009), scenografo, fumettista, regista di cartoni animati. Caduto in disgrazia agli occhi del regime, a partire dagli anni Cinquanta lavorava come artista indipendente. È autore di numerosi fumetti e cartoni animati diventati molto popolari.
József Nepp (1934-2017), sceneggiatore, compositore, regista.
Marcell Jankovics (1941-2021), regista cinematografico, autore di cartoni animati, artista grafico. Vincitore dell’Oscar (1974) per il cortometraggio d’animazione Sisyphus e della Palma d’oro (1977) per il cortometraggio Küzdők [La lotta], nonché di numerosi riconoscimenti assegnati nell’ambito del festival del film d’animazione di Kecskemét. Nel 2009 fu insignito del Premio internazionale “Leonardo da Vinci”. Il suo quarto film d’animazione Az ember tragédiája [La tragedia dell’uomo], entrato in fase di produzione nel 1988, venne presentato per la prima volta al pubblico solo nel 2011.