Una carrellata sulla produzione cinematografica nei Balcani nello scorso anno ed anticipazioni sulle novità del 2004. Non solo Tanovic, Kusturica, Manchevski, ma anche molti artisti emergenti. Un prezioso contributo di Nicola Falcinella.
Attendendo le imminenti nuove prove dei due più affermati registi dell'area, Emir Kusturica e Danis Tanovic, il cinema dei Paesi dell'ex Jugoslavia archivia un 2003 piuttosto positivo e affida al croato Vinko Bresan (già autore nel '99 del pluripremiato "Marsal - Il fantasma di Tito"), in concorso con il nuovo "Svedoci - I testimoni" al Festival di Berlino che inizia il 5 febbraio, le chance di iniziare bene il 2004. Purtroppo non ha invece ottenuto l'attesa nomination all'Oscar come miglior film straniero il serbo "Profesionalac" di Dusan Kovacevic.
L'anno appena trascorso ha segnato il consolidamento delle cinematografie nazionali in tutte le nazioni nate dalla disgregazione del paese degli slavi del sud. Tutte hanno presentato opere nei maggiori festival ottenendo riconoscimenti anche importanti, come il bosniaco "Gori Vatra" pardo d'argento a Locarno o i serbi "Kordon" e "Profesionalac" che hanno conquistato i premi maggiori a Montreal. Il primo, di Goran Markovic - uno dei nomi importanti del cinema serbo, racconta le proteste dell'aprile '97 mettendo faccia a faccia poliziotti e manifestanti. Il secondo costituisce l'esordio da regista dello sceneggiatore e autore teatrale Dusan Kovacevic: commedia grottesca e amara recitata benissimo, un rendez vous dopo la fine del regime. L'origine teatrale si sente ma non pesa.
Un caso tutto nazionale è il successo, "miracoloso" come lo definisce lo stesso regista Zvrako Sotra,
di "Zona Zamfirova": 1.200.000 spettatori in un anno su una popolazione di circa 8 milioni di persone. Un foilletton amoroso nella Serbia di fine '800, poco dopo la fine del dominio turco, con tante canzoni tradizionali e la danza del "kolo". Tra i corti da segnalare "Run Rabbit Run" di Pavle Vuckovic che ha collezionato premi in tanti festival e il documentario "Three Street Stories" di Carna Manojlovic, figlia dell'attore Miki.
Sulla scia di Tanovic sono arrivati al lungometraggio alcuni filmmaker bosniaci che hanno iniziato a filmare durante la guerra e poi hanno fatto la trafila nel cortometraggio. Pjer Zalica con "Gori Vatra" (uscirà presto anche in Italia) ha ottenuto numerosi premi, ma è l'insieme che fa ben sperare, tanto che ad agosto il Sarajevo Film Festival (10 edizioni, una più bella dell'altra e una crescita senza interruzioni) ha dedicato per la prima volta una sezione alla produzione nazionale. Dino Mustafic è stato in concorso a Rotterdam con "Remake", coraggioso tentativo di leggere la guerra
degli anno '90 come una ripetizione di quanto avvenuto durante il Secondo conflitto mondiale. Dopo qualche corto di successo e un paio di sceneggiature, ha debuttato alla regia Srdjan Vuletic con "Summer in the Golden Valley". Poi di Ademir Kenovic, che nel 1996 realizzò con "Il cerchioperfetto" il primo film del dopoguerra, è uscito "Secret Passage". Il film che racconta del 16enne Fikret, un ragazzo normalissimo se non fosse per un enorme colpo di sfortuna, sarà in concorso al Festival di Rotterdam dal 21 gennaio. Ben 9 sono i lungometraggi, tutti a confrontarsi con la guerra e le sue conseguenze, attualmente in lavorazione a Sarajevo e dintorni: spiccano due donne giovanissime come Jasmila Zbanic e Aida Begic (che nell'anno passato ha realizzato il bel corto "North Went Mad"). Nei corti, che continuano a essere fucina di nuovi talenti, da ricordare il super premiato "10 minuti" di Ahmed Imamovic e lo sloveno-bosniaco "(A)Torzija" di Stefan
Arsenijevic, vincitore a Berlino.
In crescita numericamente ma senza grandi punte nel 2003 la produzione croata, di cui vanno menzionati due titoli: "The One Who Will Stay Unnoticed" di Zvonimir Juric, all'esordio nel lungometraggio, e "Here" di Zrinko Ogresta, regista per due volte candidato all'Oscar. Tra gli emergenti Dalibor Matanic, regista dall'impronta molto personale che ha esordito nel lungometraggio e ha realizzato dei bei corti.
Lo sloveno "Spare Parts" di Damjan Kozole, in concorso a Berlino, mostra il suo Paese come terra di passaggio per migliaia di immigrati clandestini che, condotti da mercanti di uomini, cercano di raggiungere l'Italia. Sempre dalla Slovenia, la cui televisione sta svolgendo un ruolo significativo in molte coproduzioni, "Cheese and Jam" di Branko Djuric (attore di molti film tra i quali "No Man's Land") all'esordio da regista, prodotto dalla Tv slovena, "On the Sunny Side" di Miha Hocevar, al suo secondo film dopo "Screw It" (2000), che ha scritto la sceneggiatura con il giornalista e commentatore bosniaco Ozren Kebo.
Infine la Macedonia, portata alla ribalta da Milcho Mancevsky con "Prima della pioggia" (1994) e poi restata un po' fuori dalla scena. Il paese più a sud della ex-Jugoslavia si attende molto da due coproduzioni con l'Italia. "Balcan-can" di Darko Mitrevski con Branko Djuric si annuncia come un'irresistibile western balcanico, surreale e nero, un road movie trascinato dalla musica quanto basta. "Like a Bad Dream" di Antonio Mitrikeski (dalla piece teatrale di Dejan Dukovsk, autore de "La polveriera") è l'incrocio di due storie tra passato e presente, tra chi è restato e chi se ne è andato. I
momenti migliori sono quelli in cui compare Miki Manojlovic, insieme cupo e surreale. "How I Killed a Saint" di Teona S. Mitevska, in concorso in questi giorni a Rotterdam, racconta il ritorno in patria di una giovane costretta a confrontarsi con odi nazionali in crescita tra macedoni e albanesi.
Vedi anche:
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