Un'immagine tratta dal film "Gospod postoi, imeto i' e Petrunija - God Exists, Her Name Is Petrunya" di Teona Strugar Mitevska

Un'immagine tratta dal film "Gospod postoi, imeto i' e Petrunija - God Exists, Her Name Is Petrunya" di Teona Strugar Mitevska

Molti dei film di registi dei Balcani presentati al recente Festival di Berlino stanno ora arrivando nelle sale italiane. A partire dal Festival del cinema europeo di Lecce, che si è aperto ieri

09/04/2019 -  Nicola Falcinella

Dopo la conclusione del 69° Festival del cinema di Berlino, cominciano ad arrivare in Italia alcuni dei film di area balcanica presentati in quella sede. Si tratta in particolare di “Savovi – Stitches” del serbo Miroslav Terzić, che si è aggiudicato il Label Europa Cinema nella sezione Panorama, e di “Oray” del turco-tedesco Mehmet Akif Büyükatalay riconosciuto come migliore opera prima. Entrambi sono in concorso al 20° Festival del cinema europeo di Lecce, che si svolge dall'8 al 13 aprile, insieme al bulgaro “The Pig” di Dragomir Sholev, al russo “Jumpman” di Ivan I. Tverdovskiy, a “Her Job” di Nikos Labôt (coproduzione Grecia, Francia, Serbia), allo svizzero “Cronofobia” di Francesco Rizzi con Vinicio Marchioni protagonista e all'ungherese “Genesis” di Árpád Bogdán. Tra le anteprime leccesi, che dedica una retrospettiva e il premio alla carriera al grande cineasta russo Aleksandr Sokurov (“Arca russa”, “Faust”), anche la divertente commedia “Torna a casa, Jimi!, 10 cose da non fare quando perdi il tuo cane a Cipro”, opera prima del cipriota Marios Piperides già presentata al Sarajevo Film Festival e che sarà nelle sale italiane dal 18 aprile.

Terzić, noto per l'opera prima “Ustanicka ulica - Redemption Street” (2012), racconta in maniera delicata una vicenda familiare non priva di mistero e tensione. Siamo ai nostri giorni e Ana è una sarta cinquantenne, che vive con il marito portiere di notte e la figlia studentessa universitaria. La sua esistenza è però ferma a 18 anni prima, quando in ospedale le avevano detto che il figlio che aveva appena partorito era nato morto. Ispirata a una storia vera, una pellicola su una donna che non si dà per vinta e riprende la ricerca, con ferma determinazione, del figlio Stefan, passando per stalker e sbattendo contro la burocrazia. Per conoscere la verità sul figlio che non ha più, Ana rischia di compromettere la famiglia che le resta. Grazie alle investigazioni, anche con i social media, e ad un’associazione che si occupa di persone scomparse, la donna scopre che il bambino era stato dato in adozione. Un film di pedinamento della protagonista, di camminate e mezzi pubblici, che cresce e avvolge. Un film sull'essere genitori e sull'essere figli, sul rapporto che si crea o che resta tra genitori e figli. Indirettamente è anche un modo per fare i conti con gli ultimi anni dell'epoca Milošević, sulle vittime e gli approfittatori di quella stagione politica.

È rimasto senza premi ufficiali a Berlino il film macedone “Gospod postoi, imeto i' e Petrunija - God Exists, Her Name Is Petrunya” di Teona Strugar Mitevska. La pellicola della regista ex jugoslava, che sarà distribuito in Italia da Teodora, era tra i grandi favoriti ma ha dovuto lasciare l'Orso d'oro al franco-israeliano “Synonymes” di Nadav Lapid. “Petrunija” si è dovuta accontentare di riconoscimenti non ufficiali, come il premio della giuria ecumenica e il Guild Film. Tra i premi del concorso, da ricordare l'Orso d'argento per la sceneggiatura al bel “La paranza dei bambini” di Claudio Giovannesi, scritto da Giovannesi con Roberto Saviano e Maurizio Braucci. Senza premi pure il turco “A Tale of Three Sisters” di Emin Alper, mentre l'austriaco “Erde” di Nikolaus Geyrhalter ha ricevuto il premio ecumenico della sezione Forum.

Il romeno “Monstri. - Monsters.” di Marius Olteanu, è stato votato dai lettori del Tagesspiegel come miglior film. Presentato nella sezione Forum, è certamente l'esordio più importante da parecchi anni nel cinema di Bucarest. Olteanu, già noto per i cortometraggi, ha realizzato un film alla Cristi Puiu, capofila della scuola romena, ma con una sua forza originale. “Monstri.” è la storia di una coppia, raccontata un po' alla “Mommy”, con le immagini di formato quadrato che si aprono solo nel terzo e ultimo capitolo. L'intreccio, raccontato da più punti di vista, è abbastanza semplice, ma non va svelato, costruito, come fa il regista, sul filo del mistero e dei colpi di scena. È però un'esplorazione sui sentimenti, sull'amore, la fine dell'amore, il tradimento, l'inganno, il senso della famiglia, l'ipocrisia e il mettere su casa e il vendere l'appartamento dove una coppia ha vissuto. I piccoli fatti narrati da Olteanu acquistano un valore più ampio di ciò che sembrano rappresentare. Sullo sfondo ci sono le difficoltà economiche, il razzismo strisciante, l'indifferenza verso gli altri, un diffuso rancore e il pregiudizio. Tra vicende intime dei personaggi e questioni sociali, il regista trova un equilibrio miracoloso e fa parlare soprattutto il cinema

Merita attenzione il documentario “The Magic Life of V” del bulgaro Tonislav Hristov, conosciuto per “The Good Postman”, che è stato presentato nella sezione Generation. È la vita, seguita per circa sei anni, dell'adolescente Veera che, grazie ai giochi di ruolo Grv o Larp, si è creata una quasi alter ego, V, personaggio dei giochi che non dice bugie. In questo modo la ragazza è riuscita a superare la violenza familiare di un padre che picchiava tutti quando beveva e che non ha visto per dieci anni. Hristov tiene la camera vicina ai personaggi e riesce a cogliere le contraddizioni di una storia anche respingente, ma c'è un che di magico che contrasta la violenza.

Non entusiasmante invece “Kameni govornici” del bosniaco-canadese Igor Drljaca, un documentario in quattro capitoli sulla Bosnia e su progetti turistici azzardati, tra Medjugorie, le piramidi di Visoko, la costruzione di Andricgrad e il lago salato di Tuzla. La fine della Jugoslavia e del suo sistema sociale è solo accennato, mentre si cerca di raccontare il declino, la denatalità, la memoria e progetti di sviluppo un po' fuori misura. Lo spunto migliore di Drljaca è mostrare il terreno comune che c'è ancora tra le diverse comunità, più simili di quanto credano.