Europa

Il documento introduttivo al seminario "Costruendo una nuova Europa: attori istituzionali e attori dal basso", tenutosi a Belgrado il 19 settembre

21/09/2003 -  Anonymous User

Il contesto istituzionale

Da un eccessivo ottimismo ad un pessimismo moderato. Così si può riassumere, in termini generali, l'atteggiamento delle capitali dei Balcani occidentali rispetto al Summit UE tenutosi lo scorso giugno a Salonicco. Le proposte emerse durante la Presidenza UE della Grecia hanno fatto nascere grandi aspettative in merito al possibile aumento del supporto finanziario ai Paesi che hanno avviato il processo di Stabilizzazione ed Associazione verso l'UE, in merito alla definizione di date certe per quanto riguarda il processo d'integrazione, in merito all'avvio di accordi di stabilizzazione ed associazione per quei Paesi che nei Balcani occidentali ne sono ancora fuori. Ma a Salonicco queste aspettative sono state largamente deluse mentre sono arrivate alcune concessioni 'minori' tra le quali ad esempio la European Integration Partnership.

Se questo è lo stato dell'arte per quanto riguarda le relazioni UE-Balcani occidentali la sfida per il futuro sembra ancora essere quella di garantire priorità alta, nell'agenda UE, per la questione dell'integrazione dei Balcani occidentali. Partendo proprio da alcuni elementi di discussione emersi nei mesi che hanno preceduto e seguito l'incontro di Salonicco.

Tra questi ci preme sottolineare in particolare sette questioni che riteniamo di fondamentale importanza:

1. Occorre dare maggior enfasi alle politiche di coesione sociale ed economica (vedi European Stability Initiative, The Road to Thessaloniki, March 2003, www.esiweb.org).

2. Occorre ridisegnare tutte le iniziative nell'area promosse dall'UE e dai suoi partner in modo che queste ultime siano coerenti con l'obiettivo dell'allargamento dell'Unione verso i Balcani ed è necessario inserire i Balenai occidentali, dopo il 2004, sotto la direzione della Commissione europea che si occupa di allargamento (vedi W. Van Meurs, A. Yannis, The European Union and the Balkans: From Stabilisation Process to Southeastern Enlargement, September 2002, www.cap.uni-muenchen.de).

3. Occorre che ai Paesi dei Balcani venga attribuito lo status di Paesi 'in pre-accessione senza negoziazioni' (vedi European Stability Initiative, The Road to Thessaloniki, March 2003, www.esiweb.org).

4. Le condizionalità poste a questi Paesi devono essere fortemente legate alla questione dell'allargamento e devono essere create relazioni più forti con i Balcani sia nel campo delle relazioni UE-Balcani che in quelle bilaterali tra Paesi UE e Paesi dei Balcani (vedi Anastasakis and Bechev, EU conditionality in South East Europe, April 2003).

5. Molto rapida può essere l'apertura a favore del sud est Europa di alcuni programmi già presenti nell'Unione. Tra questi il COST, EURECA, TEMPUS, Socrates-Erasmus, Intelligent Emergy in Europe, eContent (vedi BeCEI, Enhancing relations between the EU and Western Balkans, April 2003).

6. Occorre affrontare senza esitazioni la questione della rappresentanza democratica nei due 'protetorati' internazionali esistenti nell'area, Kossovo e Bosnia Erzegovina, nell'ottica del processo di allargamento europeo (vedi ESI, The Travails of the European Raj, July 2003, www.esiweb.org).

7. Occorre assicurarsi che le politiche nei confronti degli Stati confinanti con l'area UE non portino ad una marginalizzazione della regione dei Balcani ed ulteriori ritardi nel processo di integrazione dei Balcani nell'UE. Al contrario è necessario avviare pressioni a favore di alcuni elementi innovativi presenti nei nuovi indirizzi della politica UE rispetto ai Paesi confinanti quali una maggiore integrazione tra fondi 'interni' ed 'esterni' all'Unione, una maggiore armonizzazione tra i programmi CARDS ed altri programmi europei e strumenti finanziari per favorire la cooperazione transfrontaliera (vedi See Commission of the European Communities, Paving the way for a new Neighbourhood Instrument, COM (2003) 393, 1 July 2003).

Il ruolo delle città, dei territori e della società civile nel processo di intergazione europea

I governi e le comunità locali, la società civile, gli attori sociali e le ONG della regione possono e devono giocare un ruolo chiave nel processo d'integrazione, in modo da renderlo più sostenibile e vicino alle reali esigenze dei cittadini del sud est Europa. Anche se non è realistico aspettarsi che i criteri previsti per l'allargamento vengano modificati o alleggeriti e questi ultimi resteranno il contesto nel quale si troveranno ad agire gli attori istituzionali, la pluralità di soggetti che comprende attori non governativi e non istituzionali possono influenzare positivamente molti aspetti delle strategie d'avvicinamento tra UE e Balcani.

A. Istituzioni locali (regioni, città, autorità locali)

Le dinamiche della globalizzazione hanno messo in rilievo l'importanza dei differenti livelli di governo del territorio e sottolineato il valore strategico dei processi di decentralizzazione e di autogoverno locale. Le politiche volte verso l'estero di città e regioni hanno giocato in questi ultimi trent'anni un ruolo sempre maggiore nell'aumentare le relazioni tra i territori all'interno dell'UE e nel superare lo stallo e le divisioni nate in seguito alla Seconda guerra mondiale. Lo stesso può avvenire per quanto riguarda il sud est Europa. La collaborazione tra città e regioni dell'UE e del sud est Europa potrebbe riempire di importanti significati le prospettive di integrazione.

1. Relazioni dirette tra i governi locali dell'UE e dei Balcani occidentali possono favorire sostanzialmente le riforme istituzionali a favore della decentralizzazione politica ed amministrativa e favorire in questo modo gli standard di democrazia nell'area e il raggiungimento di sistemi amministrativi di livello UE. Favorirebbero inoltre il radicamento del concetto di sussidiarietà. Inoltre i governi locali dell'Unione possono condividere con le controparti del sud est Europa la propria esperienza nel campo delle relazioni con i governi centrali e la Commissione europea nell'utilizzo dei fondi strutturali. Questo permetterebbe ai Balcani di prepararsi in vista della disponibilità di fondi europei a loro favore.

2. La partnership tra governi locali UE e del sud est Europa può coinvolgere più soggetti dei propri territori, dalle università ai sindacati alle piccole e medie imprese ed attivare in questo modo processi di sviluppo locale fondati sulla consapevolezza delle reti e delle risorse locali. Questo potrebbe con successo contrastare le logiche della mera delocalizzazione. La crescita legata all'espandersi di queste esperienze di sviluppo locale potrebbe accelerare il cammino dei Balcani verso l'UE.

3. Le relazioni dirette in particolare tra le regioni UE sui confini e le regioni ancora all'esterno dell'UE potrebbero aiutare ad arrivare ad un superamento delle barriere di Schengen mettendo direttamente in contatto cittadini e regioni ed anticipando, anche se solo in parte, la libertà di circolazione. I sistemi locali che si verrebbero così a creare potrebbero essere soggetti attivi nel disegnare schemi di sviluppo legati ai flussi migratori regolari, potrebbero giocare un ruolo cruciale nell'utilizzare le opportunità derivanti dalle rimesse dall'estero e nel favorire un ritorno nei paesi d'origine di chi è precedentemente emigrato e la promozione da parte di questi ultimi di attività produttive nei propri territori d'origine.

4. La lotta al crimine organizzato è un ritornello ossessivo che ritorna sempre quando si parla di cooperazione tra UE e Balcani occidentali ed è una pre-condizione posta per l'accessione. I governi locali dell'UE e dei Balcani occidentali potrebbero, attraverso le loro partnership, promuovere un approccio alla legalità dal basso. In alcune zone dei Balcani occidentali il crimine organizzato è ben radicato. A livello locale sfrutta ampiamente le situazioni di disagio sociale e di scarsa protezione politica e sociale dei cittadini: la riforma del welfare verso un sistema di protezione sociale più efficace e sostenibile, resa possibile da partnership europee, potrebbe essere di grande efficacia nel contrastare localmente il controllo dei territori da parte della criminalità organizzata.

Per incrementare il valore aggiunto di queste possibili partnership in chiave di percorso verso l'integrazione dei Balcani occidentali l'UE dovrebbe attivamente sostenere le già esistenti reti come ad esempio quella delle Agenzie delle Democrazia Locale, l'East-West Committee of Eurocities, ed incoraggiare nuovi contatti e relazioni inserendo anche le municipalità del sud est Europa in programmi comunitari quali quello dei gemellaggi tra città o garantire un ruolo attivo e reale alle autorità locali del su est Europa nei nuovi 'Neighbourhood Programmes'.

B. ONG e società civile

La società civile e le ONG del sud est Europa durante gli anni della ricostruzione dei vari dopoguerra e del massiccio supporto internazionale è cresciuta in modo rilevante come è cresciuto il peso del terzo settore nelle scelte sulle questioni pubbliche. Vi è però il rischio, già affrontato dei Paesi dell'Europa occidentale, che le organizzazioni del terzo settore vengano utilizzate esclusivamente quale sostituti al ruolo delle istituzioni pubbliche nel welfare e siano profondamente dipendenti, per quanto riguarda i mezzi finanziari a loro disposizione, dagli enti pubblici. La progressiva professionalizzazione e specializzazione raggiunta dalla ONG dei Balcani occidentali nell'implementare grossi progetti finanziati da organizzazioni internazionali ha a volte rappresentato un rischio di annullamento delle loro capacità di approccio critico sia nel campo sociale che in quello politico. Concentrandosi sulla ricerca di progetti, sulla sovrapposizione con l'universo simbolico occidentale, le ONG a volte hanno perso la loro capacità di essere sensibili alle necessità dei cittadini e dei territori e di riflettere in modo critico sulle proprie attività. L'interazione tra la prospettiva di un'integrazione dei Balcani nell'UE ed il ruolo delle ONG e della società civile è quindi duplice. Da una parte, sulla strada verso l'UE, le ONG dei Balcani occidentali dovrebbero riorientare le loro priorità e le loro attività modificandole rispetto a quelle tipiche del dopoguerra ed adattandole alle sfide che stanno affrontando anche le altre comunità europee. Tra queste l'incertezza sociale, una crescita dei divari economici, l'integrazione multiculturale e la questione delle migrazioni. D'altro canto il ruolo delle ONG e della società civile quali elementi chiave di critica sociale e politica e quali soggetti del cambiamento sociale è vitale per monitorare i processi di integrazione europea.

Suggeriamo qui di seguito alcune aree specifiche di lavoro:

1. Anticipare l'integrazione nell'UE. La società civile può giocare un ruolo importante nello stimolare legami tra Paesi membri dell'UE e Paesi che ne sono ancora fuori. Vi sono già esempi di questo tipo. Le ONG dovrebbero essere stimolate ad avviare reti tematiche e territoriali che coinvolgano Paesi membri, Paesi che dal prossimo anno faranno parte dell'UE e Paesi del sud est Europa. I promotori di queste reti dovrebbero coinvolgere, sin dall'inizio, le ONG del sud est Europa in iniziative che riguardano la promozione ed il coordinamento di queste reti ed in iniziative sociali a livello europeo.

2. Dibattere sul tema della prospettiva d'integrazione e spingere per una maggiore attenzione per le esigenze dei cittadini. Le ONG potrebbero contribuire in modo rilevante nell'aumentare la consapevolezza e la conoscenza in merito al processo di integrazione europea nell'opinione pubblica, sottolineandone i vantaggi ma anche i rischi. Possono aiutare nel rafforzare gli sofrzi istituzionali nel creare un consensus ampio su questa prospettiva e, al contrario, potrebbero essere uno strumento dei cittadini per condizionare l'operato delle istituzioni. Vi sono alcuni strumenti che potrebbero facilitare quest'approccio (Social Watch Report - www.socialwatch.org; European Charter on Human Rights in the City, the experience of participatory budgets). Inoltre le ONG dell'UE e del sud est Europa dovrebbero essere incoraggiate nello scambio di 'buone pratiche' e di 'strumenti operativi' già sperimentati. L'Unione dovrebbe sostenere questi processi (forum, pubblicazioni, visite alle istituzioni UE e a ONG omologhe ecc.)

3. Infine le ONG potrebbero utilizzare la loro esperienza in una serie di settori che verranno sicuramente influenzati dal processo di integrazione. Una volta ancora questo sarebbe auspicabile per rendere il processo migliore e più efficace. Una prima lista, non certo esaustiva di questi settori potrebbe includere: leggi e regolamenti sul terzo settore e sulle ONG; ritorno ed integrazione di rifugiati e sfollati interni; trafficking e contrabbando; migrazioni e libertà di movimento; diritto d'asilo; libertà ed indipendenza dei media; questioni legati alle minoranze; protezione sociale/diritti sociali; monitoraggio e protezione dei diritti umani; stato di diritto. Vari gli strumenti per far sentire la voce di ONG ed associazioni tra i quali vi potrebbero essere un ruolo consultivo presso i vari ministeri, gruppi di lavoro permanenti ecc. (Trialog, www.trialog.or.at).

C. Attori sociali, movimenti, partiti politici e sindacati

La definizione di uno spazio pubblico europeo non sarebbe completa senza nominare il ruolo di attori sociali quali i movimenti, i partiti ed i sindacati. Questi ultimi possono, coordinandosi ed in partnership con i loro omologhi nell'UE, influire nella discussione su varie tematiche quali ad esempio il ruolo dell'UE quale attore globale in uno scenario internazionale sempre più deteriorato, la sfida del ripensare al rappresentanza politica e sociale, la difesa del modello welfare europeo. Queste sono chiaramente tematiche che coinvolgono l'Europa intera, a vari livelli, sia le democrazie 'mature' dell'Europa occidntlai, sia quelle più giovani del sud est Europa. Al contrario delle previsioni dei sostenitori della cosiddetta "transizione" i Paesi dei Balcani occidentali attraversano contemporaneamente la modernità e la post-modernità e le loro forze sociali a pieno titolo quindi possono partecipare nel definire le strategie UE per affrontare le nuove sfide che l'Europa si trova davanti.

D. Il contributo delle università per includere il sud est Europa nell' "economia della conoscenza"
Il Consiglio europeo tenutosi a Lisbona, nel marzo del 2000, ha invitato a definire una strategia capace di trasformare, nel giro di dieci anni, l'Unione Europea nella "più competitiva e dinamica economia basata sulle conoscenze" del mondo. L'innovazione - identificata come la produzione, assimilazione e sfruttamento di elementi di novità nella sfera economica e sociale - è quindi concepita come uno dei fattori più rilevanti della crescita sostenibile. Le università (e, più in generale, le istituzioni di ricerca e formazione di più alto livello), devono sostenere un ruolo pubblico riconosciuto quale fondamentale nell'essere partner del tutto legittimi nella definizione di strategie di sviluppo. La cooperazione inter-universitaria a livello europeo può quindi essere di fondamentale importanze per coinvolgere le università del sud est Europa nello sforzo di rafforzare il dialogo tra le istituzioni politiche, il settore economico e gli istituti di ricerca. La pratica è già ben radicata nell'Unione Europea ed includere le università del sud est Europa potrebbe portare contemporaneamente ad aumentare le competenze-conoscenze delle generazioni più giovani, rallentare la cosiddetta "fuga di cervelli" che favorisce le società più ricche, aumentare la responsabilità sociale degli istituti di ricerca, aumentare la competitività delle iniziative imprenditoriali. Oltre a favorire la cooperazione tra università occorre anche inserire le istituzioni locali dei Balcani in reti quali ad esempio quella delle Innovating Regions in Europe (http://www.innovating-regions.org/network/presentation/index.cfm)