Pubblichiamo il documento finale emerso dai dieci giorni di eventi di "Danubio, l'Europa si incontra". Il documento è stato redatto da tutti i soggetti che hanno preso parte all'iniziativa
Noi cittadini d'Europa, rappresentanti di associazioni, organizzazioni non governative, movimenti sociali, enti locali e regionali che ci siamo incontrati lungo il percorso Danubio: l'Europa si incontra. Da Vienna a Belgrado per un'Europa senza confini , accogliamo con grande soddisfazione il prossimo ingresso nelle istituzioni comunitarie di dieci nuovi stati membri, segno che la ferita storica della cortina di ferro è stata almeno in parte superata.
Con questo appello, a conclusione degli incontri internazionali de "Danubio: l'Europa si incontra", chiediamo con altrettanta forza che sia dato seguito concreto all'impegno preso nel vertice europeo di Salonicco del giugno 2003, di non considerare concluso tale processo di integrazione finché anche i paesi del sud est Europa non entreranno a far parte dell'Unione Europea. Tempi e modalità di questo ingresso sono aspetti fondamentali anche per la costruzione della nuova Europa, di cui la prossima Costituzione sarà un passo decisivo.
Con il gesto di navigare lungo il Danubio noi, persone provenienti da Albania, Bosnia Erzegovina, Bulgaria, Croazia, Macedonia, Romania, Serbia e Montenegro, Ungheria, Italia e vari altri paesi, abbiamo voluto mostrare simbolicamente come già oggi la geografia, la storia, le culture e le tradizioni costituiscano un patrimonio comune dell'Europa intera, pur nelle specifiche diversità territoriali che la rendono una sorprendente "Unione di minoranze".
Ora spetta agli uomini e alle donne delle istituzioni nazionali ed internazionali riportare tale unità anche in ambito politico, completando l'unificazione del vecchio continente tramite l'ingresso nell'UE dei paesi dell'area sud orientale. Il percorso per realizzare tale unificazione non può essere ridotto ad una mera questione tecnica di parametri e standard di armonizzazione istituzionale. Dev'essere prima di tutto una scelta politica.
Tredici anni fa le istituzioni europee sono arrivate in ritardo, non sapendo prevenire la tragedia delle guerre nell'allora Jugoslavia. Oggi sono chiamate a una maggior sapienza: alcuni nodi territoriali sono ancora irrisolti, e soprattutto c'è bisogno di una prospettiva politica chiara che liberi i paesi del sud Est Europa dalle secche delle politiche nazionaliste e dalle idee dei micro-stati, impegnandoli nel contempo sulla strada del mutamento interno e della rielaborazione di ciò che è stato il loro recente passato. Solo l'Europa può fornire una prospettiva così forte, ma il tempo a disposizione per farlo non è infinito. Senza incentivi concreti e date precise, l'ipotesi di adesione all'Unione Europea perderà di interesse, e tra i cittadini della regione cresceranno ulteriormente sfiducia e pessimismo.
Come cittadini e membri della società civile europea vogliamo indicare alle istituzioni europee, ai governi nazionali, alle organizzazioni internazionali e al mondo della società civile alcuni punti concreti per un percorso di unificazione dell'Europa che parta veramente "dal basso", attraverso la partecipazione diffusa dei singoli e delle comunità locali anziché dei soli governi.
1. Per un'Europa senza barriere
L'Europa si fonda sulle libertà e sui diritti. Quello di libera circolazione delle persone è oggi negato, ai cittadini del sud est europeo, da un sistema di visti penalizzante e spesso umiliante, nonché da politiche e prassi di stampo securitario che insistono sulla chiusura e sulla restrizione. Anche le barriere interne alla regione del sud est Europa, per quanto ultimamente allentate, creano ostacoli pesanti alla possibilità dei cittadini di incontrarsi e comunicare liberamente. Crediamo che per sconfiggere i nazionalismi e i traffici illeciti, e garantire la stabilità dell'area sono necessarie al contrario politiche di apertura e di contaminazione.
Come cittadini e membri della società civile europea incontratisi lungo il percorso Danubio: l'Europa si incontra. Da Vienna a Belgrado per un'Europa senza confini chiediamo pertanto:
- la garanzia di un approccio regionale al tema dei visti, per evitare che le diverse velocità d'integrazione nell'UE creino nuove divisioni;
- il superamento dell'attuale regime dei visti per l'ingresso nell'UE dei cittadini di Albania, Bosnia Erzegovina, Macedonia e Serbia e Montenegro;
- la sperimentazione di aree speciali di libera circolazione tra paesi confinari dell'UE e non, sulla scorta di simili esperienze tra paesi dell'area Schengen e non-Schengen;
- la definitiva abolizione di tutti visti tra i paesi del sud est Europa, sulla scorta del positivo superamento di quelli esistenti tra Croazia e Serbia;
- il rifiuto di progetti illiberali e lesivi dei diritti umani quali quello di trattenere immigrati e richiedenti asilo in centri di raccolta temporanei al di fuori dell'UE, in paesi confinari come al momento sono i paesi del sud est Europa.
2. Per un'Europa dell'ambiente e dei beni comuni
L'Europa è un grande continente con un sistema ambientale unico ed interconnesso. I fiumi come il Reno e il Danubio sono la sua spina dorsale, magnifico esempio di come la natura non si faccia sottomettere ai confini politici. Ma anche indicatori di uno stato ambientale critico e disequilibrato: inquinamento, scarsità d'acqua, cementificazione dei corsi, privatizzazione delle fonti idriche...
Nell'anno internazionale dell'acqua, dopo aver percorso un fiume che è un sistema ambientale vero e proprio oltre che la miglior metafora dell'Europa unita che vorremmo.
Come cittadini e membri della società civile europea incontratisi lungo il percorso Danubio: l'Europa si incontra. Da Vienna a Belgrado per un'Europa senza confini chiediamo pertanto:
- la gestione condivisa e solidale tra i diversi paesi delle grandi risorse ambientali come il fiume Danubio;
- la garanzia di una reale partecipazione delle comunità locali nella gestione di tali risorse, dando vita per i bacini quali il Danubio a delle vere "democrazie dei grandi fiumi";
- l'affermazione dell'acqua quale diritto umano fondamentale dei singoli e delle comunità;
- la valorizzazione all'interno della prossima Costituzione europea dell'acqua come uno dei beni comuni indivisibili e la cui proprietà e gestione dei servizi di pubblica utilità non è privatizzabile.
3. Per un'Europa dello sviluppo locale
L'Europa ha la sua caratteristica principale in un modello sociale fondato sull'inclusione e sulle garanzie di diritti minimi per tutti. Crediamo che un percorso di integrazione dei Balcani occidentali debba quindi puntare alla promozione di un sistema di civiltà che possa e debba accompagnarsi ad una identità economica e sociale che per essere tale non può prescindere dal territorio come insieme di ambiente, cultura, storia, tradizioni... Ciò è il contrario di quello che sta avvenendo, laddove le ricette internazionali portano al progressivo peggioramento di un'economia sempre più dipendente dagli aiuti, allo smantellamento del welfare e alla deregolazione del sistema economico e sociale.
Serve quindi un ripensamento negli approcci della comunità internazionale, e nella capacità delle comunità nazionali e locali di pensare percorsi di sviluppo autosostenibili che siano incardinati sulla valorizzazione delle risorse umane e ambientali dei territori.
Come cittadini e membri della società civile europea incontratisi lungo il percorso Danubio: l'Europa si incontra. Da Vienna a Belgrado per un'Europa senza confini chiediamo pertanto:
- la realizzazione di un Fondo europeo per la valorizzazione delle risorse locali nel sud est Europa, che sostenga le produzioni locali di qualità, recuperi e valorizzi i beni storici e culturali, aiuti stati regioni e municipalità a favorire l'utilizzo di prodotti locali nelle scuole, negli ospedali, nelle mense pubbliche;
- il sostegno strutturale da parte delle istituzioni internazionali alle forme di alleanze regionali/locali fra settori economici, anche attraverso: consorzi di comuni per la messa in campo di strategie d'area; itinerari turistici di qualità (storico-culturali, ambientali, enogastronomici...); certificazioni sul rispetto dei diritti dei lavoratori, dell'ambiente e delle culture locali; preferenza alle prime (e seconde) lavorazioni in loco per alcuni settori produttivi come il legno; limiti verso la proliferazione di ipermercati;
- la realizzazione di una banca dati sulle risorse locali nella regione, attraverso il monitoraggio delle risorse idriche, forestali, naturali, un'anagrafe dei monumenti culturali ed ambientali, un elenco delle produzioni autoctone di qualità etc...;
- la previsione da parte dei paesi del sud est Europa di forme di sostegno all'impresa sociale, sia introducendo un'apposita legislazione nazionale, sia sostenendo direttamente questa particolare forma di impresa.
4. Per un'Europa delle città e dei cittadini
L'Europa, prima che dai governi e dagli stati, è composta dalle città e dalle comunità locali. Sono questi i primi luoghi dove si sviluppa la politica ed il bene comune. E sono le città e le comunità locali che stanno già oggi anticipando la futura completa unificazione europea, attraverso scambi, gemellaggi e reti di partenariato. Anche quando gli stati e i governi centrali non capiscono e restano indietro, com'è accaduto molte volte durante i difficili anni delle guerre recenti e come rischia a volte di accadere tuttora.
Nel sud est Europa si sta avviando solo ora, dopo decenni di centralismo, un processo di decentramento e di crescita delle autonomie locali. Questa dinamica, fondamentale per accrescere la partecipazione e la responsabilizzazione dei cittadini e delle comunità, vede ancora forti resistenze nei governi centrali, specie quando si parla di autonomia finanziaria e impositiva. A loro volta le istituzioni pubbliche - centrali o locali che siano - stentano a riconoscere e appoggiare le istanze della società civile e dell'associazionismo, che dipendono così quasi solo dai donatori internazionali e non riescono a dialogare in modo costruttivo con le proprie amministrazioni.
Come cittadini e membri delle istituzioni locali e regionali dell'UE e del sud est Europa chiediamo pertanto:
- il sostegno diretto e deciso dell'Unione Europea e delle altre istituzioni internazionali agli scambi e alle relazioni tra città dell'UE e del sud est Europa, anche prevedendo il loro accesso diretto ai fondi oggi riservati ai gemellaggi tra sole città dell'Unione;
- la valorizzazione da parte delle istituzioni europee delle esperienze di reti tra città e comunità locali (come nei programmi delle Agenzie della Democrazia Locale, di Eurocities etc...), anche attraverso una consultazione permanente nelle materie di loro competenza;
- il supporto ai processi di decentramento e crescita delle autonomie locali nel sud est Europa, anche attraverso lo scambio di esperienze e buone pratiche con quelle previste in ambito UE;
- il riconoscimento nei paesi del sud est Europa delle associazioni e dei gruppi di società civile come interlocutori fondamentali per le amministrazioni centrali e locali, che devono impegnarsi a coinvolgerli nell'elaborazione e nella realizzazione delle proprie politiche e a fornire mezzi e spazi per le loro attività.
5. Per un'Europa unificata
L'Europa è un continente unico, e non può avere buchi o zone periferiche al suo interno. Ecco perché a noi piace chiamare processo di unificazione, anziché di allargamento il processo che riporterà l'intero spazio europeo dentro istituzioni politiche comuni Unificazione perché sono due e più mondi che si re-incontrano, anziché uno che si allarga e ne annette altri. E dove dunque le condizionalità sono reciproche e non uni-direzionali.
Questo processo non può basarsi solo sulle decisioni dall'alto, ma deve partire necessariamente dal basso, dal coinvolgimento e dalla partecipazione dei cittadini, delle ONG, della società civile e degli enti locali. Essi devono agire come anticipatori dell'unificazione, per darle un'anima solidale prima che burocratico-amministrativa. Altrimenti c'è il rischio che i cittadini dell'attuale UE non diano il loro supporto ad ulteriori ingressi, e che quelli dei paesi oggi non EU vivano l'unificazione solo come un ulteriore sacrificio da fare in nome di un benessere che a breve non verrà.
Per un'Europa realmente dal basso, come cittadini e membri della società civile europea incontratisi lungo il percorso Danubio: l'Europa si incontra. Da Vienna a Belgrado per un'Europa senza confini chiediamo dunque:
- che l'Unione Europea sostenga economicamente i paesi del sud est Europa, aumentando le risorse a loro dedicate e spostandole dall'aiuto per la ricostruzione ai fondi strutturali al pari di quelli concessi ai paesi in accessione (sulla scorta di quanto deciso per la Turchia);
- che i paesi del sud est Europa siano inclusi in maniera stabile nelle politiche settoriali dell'UE per l'università ( Cooperazione europea inter-universitaria), la ricerca, la cultura, i giovani...;
- che le condizionalità poste verso i paesi del sud est Europa siano chiaramente ed esplicitamente connesse ad una garanzia di ingresso certo nell'UE;
- che in occasione della prossima Conferenza intergovernativa per l'elaborazione finale della Costituzione europea sia invitata una delegazione di osservatori dai paesi balcanici, almeno come ospite all'interno di una delegazione nazionale, perché anch'essi possano in qualche modo partecipare ai lavori per quella che un giorno, che ci auguriamo arrivi presto, sarà anche la loro carta costituente.
Un'Europa senza confini, rispettosa dell'ambiente e dei beni comuni, promotrice di sviluppo locale, basata sulle città e sui cittadini, unificata anche a Sud Est. E' questa l'Europa che ci piace e che chiediamo. E per questa Europa proseguiremo il nostro sforzo, come persone e come organizzazioni non governative.
Verso un'Europa che sappia mettere la pace e i diritti umani al centro della propria Carta Costituzionale, e insieme al centro delle proprie politiche di ogni giorno.
Verso un'Europa di pace.
Rovereto - Vienna - Bratislava - Szentendre - Budapest - Vukovar - Novi Sad - Belgrado, 12 - 21 Settembre 2003