Un articolo di riflessione conclusiva sul viaggio danubiano che anticipa alcuni elementi della agenda che verrà presentata alla Commissione Europea
Alla fine, dietro un'ansa del "grande fiume", sono comparse le prime case della periferia di Belgrado. Dopo qualche minuto abbiamo attraccato sotto la fortezza di Kalemegdan, dove il Danubio viene raggiunto dalla Sava. Non era scontato. L'Europa che ha sostituito il muro di Schengen a quello abbattuto a Berlino nel 1989 non ama la libertà di circolazione, e le decine di passaporti diversi presenti sulla nave stordivano e a volte irritavano i doganieri. Uno degli obiettivi della iniziativa, del resto, era proprio questo: riunire il continente, intorno alla regione nella quale le contraddizioni della sua storia recente hanno assunto la forma più esplicita e violenta, i Balcani.
"Danubio, l'Europa si incontra", la carovana fluviale organizzata da Osservatorio sui Balcani, era partita da Vienna il 12 settembre scorso. I rappresentanti di oltre 60 istituzioni locali e associazioni provenienti dall'Italia e dall'Europa del sud est si erano imbarcati nel porto della capitale mitteleuropea per continuare simbolicamente il percorso avviato a Roma nel 2001 con la presentazione dell'appello "Per una Europa oltre i confini", proseguito a Sarajevo nell'aprile dello scorso anno alla presenza di Romano Prodi.
Per oltre dieci giorni, con tappe a Bratislava, Budapest, Vukovar e Novi Sad, il Danubio ha rappresentato lo scenario ideale di un processo costituente di segno diverso rispetto a quello che la presidenza italiana si candida ad ospitare. Alla fine, al Sava Centar di Belgrado, la assemblea della nave ha presentato una propria agenda politica per la costruzione dell'Europa dal basso, riaffermando la necessità di una rapida integrazione dell'area del sud est.
L'agenda redatta, oltre a rappresentare un programma di azione per i prossimi mesi, verra' presentata ufficialmente alla Commissione Europea, presente alla sessione finale belgradese con il proprio capo delegazione Geoffrey Barrett. Le diverse organizzazioni e istituzioni che hanno partecipato al viaggio hanno posto al centro dell'attenzione diritti di cittadinanza e liberta' di movimento, le reti civiche, lo sviluppo economico locale, l'ambiente.
Il documento finale, nella prospettiva di evitare che l'ingresso a diverse velocità nella Ue di alcuni paesi della regione porti ad erigere nuove barriere, ha rivendicato in particolare la necessaria abolizione del regime di visti tra tutti gli Stati del sud est Europa e tra questi e la Ue nel suo complesso. Sul piano generale, la carovana fluviale ha piu' volte ribadito la necessita' di porre fine alle politiche migratorie restrittive imposte dalla Ue. "Queste politiche, ha affermato Gianfranco Schiavone dell'Ics, relatore del tavolo di lavoro finale su "Diritti di cittadinanza in una Europa senza frontiere", hanno come unico effetto quello di favorire fenomeni criminali e il traffico di esseri umani". Poche parole quelle spese nelle relazioni finali sul progetto di istituzione proprio nell'area balcanica di centri di detenzione per gli immigrati diretti verso paesi della Ue, progetto considerato "del tutto inaccettabile sia sotto il profilo politico che etico".
La riflessione sui temi dell'economia e di "quale sviluppo economico sostenibile nel sud est Europa" ha evidenziato piu' di altre come esista una Europa possibile alternativa alla gigantesca area di libero scambio rappresentata dalla versione neoliberista della unificazione europea. I punti evidenziati dal "Manifesto per lo sviluppo locale dei Balcani", base del tavolo di lavoro che ha ospitato tra le altre le relazioni di Dragoljub Stojanov (Universita' di Sarajevo), Tonino Perna (Universita' di Reggio Calabria) e Alberto Tarozzi (Universita' di Bologna), sostengono la necessita' di costituire un Fondo europeo e una Banca Dati per la valorizzazione delle risorse locali dei paesi dell'area balcanica, programmi di formazione sulle tematiche dello sviluppo locale, patti territoriali, programmi di microcredito per imprese sociali e percorsi di turismo responsabile. Nella consapevolezza, come affermato da Michele Nardelli di Osservatorio nella relazione introduttiva, che "la delocalizzazione delle imprese italiane nell'area balcanica sinora ha avuto a vedere piu' con la rapina che con lo sviluppo, e che quando la economia dei flussi si sovrappone alla economia dei luoghi, alla unicita' di tradizioni e saperi elaborati nel corso dei secoli, l'unico risultato possibile e' proprio la devastazione di quei territori."
Le conclusioni della giornata di lavoro sull'ambiente, tenutasi a Budapest presso la sede del Regional Environmental Centre, hanno recepito le proposte avanzate in quella sede da Emilio Molinari, del Contratto Mondiale sull'acqua, dirette a porre la questione dell'acqua all'interno del progetto di Convenzione Europea in quanto diritto umano fondamentale, la cui gestione debba essere pubblica. Dopo la navigazione sul Danubio, la assemblea belgradese ha inoltre affermato la necessita' di realizzare in Europa le "democrazie dei grandi fiumi", che possano permettere alle diverse comunità locali afferenti ad uno stesso bacino idrografico di poter decidere dell'utilizzo della risorsa acqua secondo meccanismi partecipativi e non dominati dalle regole del mercato.
Al centro dell'Europa infine, come affermato nel corso dell'incontro di Novi Sad aperto dal saluto di Walter Veltroni e presenziato da numerose municipalita' italiane, serbe, bosniache e croate, vanno poste le sue città, che in questa regione sono state messe sotto attacco e in alcuni casi annientate proprio in quanto simbolo di convivenza e espressione di identita' plurime. Il documento finale chiede tra le altre cose "di favorire e sostenere economicamente gli scambi tra città dell'Unione Europea e città del sud est Europa sull'esempio delle Agenzie della Democrazia Locale aperte nei paesi della ex Yugoslavia sin dagli anni della guerra."
L'Europa si incontra, infatti, ma si sta già incontrando da almeno dieci anni. Sono anni che la società civile italiana, associazioni e municipi, costruisce ponti con questi territori. Dodici anni fa, all'inizio del conflitto nella ex Yugoslavia, l'Europa dei governi ha rifiutato una prospettiva di adesione immediata che avrebbe forse evitato anni di guerra, terrore e sofferenza per le popolazioni. Oggi la questione della integrazione europea dei Balcani continua ad essere una questione politica, non di parametri tecnici. Non è possibile ripercorrere lo stesso errore. In questa regione esistono ancora aree di crisi potenziale ed effettive, in questa regione la ipermodernita' della economia criminal/nazionalista mostra apertamente il suo volto. La prospettiva di sette anni (2010) indicata timidamente nel corso del recente vertice Ue di Salonicco non è sufficiente.
La carovana fluviale di Osservatorio ha fatto emergere le grandi questioni che ancora oggi sono al centro del processo di costituzione europea, e che negli anni scorsi erano state proprio qui precorse in maniera drammatica. E' qui che i diritti di cittadinanza hanno cominciato ad essere declinati in capo alla nazionalità, qui nel passaggio dalla economia di piano al mercato si e' consumato l'azzeramento dei diritti sociali e del welfare, qui l'urbicidio, la devastazione ambientale, la guerra. La riunificazione, non integrazione, dell'Europa, l'Europa possibile, va costruita da qui.
Andrea Rossini
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