© chainarong06/Shutterstock

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L’osservatorio Melia è un meccanismo per osservare e analizzare l’educazione ai media allo scopo di promuovere la cittadinanza attiva e la democrazia sostenibile. Un progetto Interreg dell’area danubiana pensato per i giovani e gli educatori

02/09/2024 -  Paola Rosà

Iniziato nel luglio del 2020 e conclusosi a fine 2022, il progetto Melia ha goduto di circa due milioni di Euro di finanziamento UE e ha coinvolto partner da Slovenia, Romania, Repubblica Ceca, Bulgaria, Croazia, Serbia, Montenegro, Bosnia, Ungheria, Germania, Ucraina, Belgio, Finlandia e Austria, tra istituti di ricerca, università, camere di commercio e associazioni di giornalisti.

Osservando la stagnazione della partecipazione politica, con il crescere di una preoccupante apatia e di una mancanza di interesse per la politica, i promotori del progetto Melia hanno deciso di pensare alle nuove generazioni e al loro rapporto con i mezzi di informazione. Affinché i cittadini di domani possano comprendere la realtà in cui vivono, si è deciso di puntare all’educazione ai media, in modo da consolidare una formazione che permetta di leggere la realtà tramite i media filtrandone gli elementi di realtà, di propaganda, di manipolazione.

L’osservatorio Melia è transnazionale non soltanto perché coinvolge più paesi e più lingue, ma anche perché intende contribuire a smantellare pregiudizi e ostacoli al dialogo che rischiano di cementarsi tra paese e paese, in particolare nella zona danubiana e balcanica.

Interessante anche se suscettibile di legittime obiezioni e perplessità, la creazione di un’applicazione web in cinque lingue in grado di analizzare – sulla base di algoritmi – esempi di notizie definite dannose; i dati, ovvero le notizie e i commenti degli utenti, sono raccolti a campione e il database serve a sviluppare uno strumento di analisi dei contenuti mediatici. Lo strumento, secondo gli autori, applica i principi dell’intelligenza artificiale e l’obiettivo è quello di selezionare algoritmi sofisticati in grado di distinguere i vari tipi di messaggi mediatici.

Secondo la visione ottimistica degli autori, si sarà in grado di distinguere strutturalmente la tipologia di informazione generata da diverse testate, potendo così isolare contenuti forieri di hate speech, disinformazione e istigazione al conflitto.

Il funzionamento della piattaforma è semplice: basta incollare il testo di un articolo, o solo alcune frasi, o il link alla fonte, e il sistema riuscirà a valutare il tutto tramite “un’analisi sentimentale” (sentiment analysis) etichettandolo come negativo, positivo o neutrale. Il sistema sa riconoscere se si tratta del testo di una notizia tratto da una testata o del commento di un utente o di un post sui social media, e ne evidenzia i termini rilevanti, le parole più usate, i nomi più citati. La piattaforma si presenta come strumento didattico ma è anche accessibile ai singoli utenti, e funziona in croato, sloveno, ungherese, rumeno e inglese.

Lo sviluppo degli algoritmi e la stesura di un “manuale sull’educazione ai media e la cittadinanza attiva nella regione danubiana” sono stati preceduti da un meticoloso lavoro di analisi del panorama mediatico nei 9 paesi dell’area danubiana aderenti al progetto: oltre 150 pagine descrivono le istituzioni che controllano i media, i sistemi legislativi che ne regolamentano il funzionamento, con un focus sul linguaggio usato quando si parla di minoranze etniche, diversità sessuale e pandemia.

Il manuale invece, un centinaio di pagine che ospita casi studio, definizioni e raccomandazioni, si presenta come uno strumento pratico per gli educatori che possono anche consultare una lista di buone pratiche dai diversi paesi.

Tra i più attenti al tema spiccano Slovenia e Germania, con diverse istituzioni regionali attive in programmi di educazione ai media, mentre la tutela dei gruppi vulnerabili dalle discriminazioni linguistiche o dai discorsi d’odio è più debole nei paesi balcanici. Bulgaria e Serbia sono due dei paesi con più problemi nel campo della libertà di espressione, e in Serbia le interferenze del governo sono molto pesanti.

Alcuni progetti didattici sono attivi in Croazia, in Romania e in Bulgaria, e anche in Montenegro, benché sostenuti solo da organizzazioni esterne nonostante l’ostilità del governo, ma molto resta ancora da fare perché il tema sia adottato dall’intera società civile e non sia relegato alle aule scolastiche.

Gli esperti di Melia concordano sul fatto che le azioni sporadiche non incluse in una visione di insieme di rado riescono ad avere l’impatto che meritano. Più che proporre nuove iniziative a scuola, ammettono a Melia, sarebbe importante accrescere la consapevolezza dei cittadini in generale. Per il momento comunque, non resta che concentrare gli sforzi sui cittadini di domani.

 

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