Ennio Remondino

La crisi dei Balcani non si è risolta con la fine delle ostilità e i traguardi da raggiungere rimangono molti. Per Ennio Remondino è ora che l'Unione Europea si impegni attivamente nel processo di stabilizzazione dei Balcani e si assuma delle responsabilità che in passato ha scansato. Un contributo di Francesco Lauria

08/10/2004 -  Anonymous User

D: Come è nato il suo rapporto con i "Balcani" ?

R: La verità pura e semplice sovente scandalizza. Nei Balcani ci sono finito per caso, anzi, per esilio. Dopo 15 anni di giornalismo investigativo al Tg1, seguendo terrorismo rosso e nero, mafie, trame e spie varie, nel 1990 sono inciampato su una inchiesta di troppo: i rapporti fra Cia e P2 . Si arrabbiarono molto Bush senior, Cossiga e Andreotti. Il risultato di quella inchiesta assolutamente veritiera, fu la sostituzione di Nuccio Fava alla direzione del Tg1 (con Bruno Vespa) e il mio allontanamento da inchieste e P2. Reporter di guerra per esilio, e balcanologo per caso. Stavo conducendo una inchiesta sui traffici d'armi dall'ex Unione Sovietica e sulla pista delle indagini finii a Sarajevo. Alle porte della città fummo presi di mira e un mio collaboratore fu colpito, solo ferito per fortuna. Da allora è nato l'amore contrastato che mi lega ai Balcani.

D: In questi lunghi anni, in cui è Lei è stata la principale voce italiana, almeno per quanto riguarda il giornalismo televisivo, nei e dai Balcani come giudica la conoscenza che l'opinione pubblica italiana ha maturato di un'area così geograficamente vicina? Qual è stato, a suo giudizio il livello di professionalità ed obiettività dei nostri media nei confronti della martoriata area balcanica?

R: Conoscenza scarsa e spesso prevenuta, direi. La colpa ovviamente è di chi informa. Informazione sovente di maniera, superficiale, portata alle semplificazioni del Cattivo contro il Buono indotte da sofisticate campagne propagandistiche finanziate a suon di milioni di dollari dai governi interessati. Il Cattivo Serbo, salvo l'impegno stupido di Milosevic a corroborarlo, fu una operazione comunicativa gestita da una importante società statunitense di pubbliche relazioni. Gli interessi economici e politici della Germania e quelli religiosi del Vaticano, con l'anticipato riconoscimento della indipendenza di Slovenia e Croazia in assenza di accordi di garanzie sulle diverse minoranze interne, hanno fatto il resto.

D: Qual è stato invece, secondo Lei, il ruolo dei media locali nel fomentare, sostenere, giustificare gli odi etnici? Qual è la situazione della libertà di informazione nei Balcani oggi, tenendo conto delle diverse realtà?

R: Per rispondere a questa domanda ti propongo la lettura di un capitolo del mio ultimo libro sui sistemi televisivi in Europa. Senza regole, Editori riuniti, capitolo "Trombettieri del massacro". Proverò a mandartelo, visto che il libro non lo hai certamente letto.

D: A suo giudizio le guerre balcaniche sono state realmente guerre "etniche"? Che tipo di incidenza vi è stata da parte delle "mafie" e degli accordi sotto traccia delle rispettive elites nazionaliste? Che ruolo giocano, dal punto di vista socio-economico e
politico oggi questi poteri?

R: Quelle guerre sono nate come quasi tutte nel mondo, per pure e semplici logiche di potere. Al nazionalismo serbo di Milosevic serviva il contrapposto nazionalismo croato di Tudjman. L'appartenenza etnica e quella religiosa, sono state le divise che servivano a distinguere fra loro gli slavi del sud. Come in ogni guerra civile, le mafie, i gruppi criminali sono parte di ogni evento di illegalità diffusa e di conflitto.
Oggi, la criminalità organizzata condiziona e comanda in Kosovo, in Montenegro, e condiziona la Serbia e la Macedonia, preme in Croazia e minaccia la Bosnia.

D: I Balcani sono considerati il "buco nero dell'Unione Europea". Eppure, nella loro complessità, sono innegabilmente parte dell'Europa. Europa, Unione Europea, sembra, giocheranno un ruolo sempre maggiore nel post conflitto ad esempio in Bosnia ed in Kosovo. Quali sono, a suo giudizio, in un mondo sempre più egemonizzato dalla unilateralità
statunitense, i passi più necessari ed urgenti per avvicinare Balcani ed Europa, Europa e Balcani?

R: Semplicemente avviando una procedura accelerata e privilegiata di accesso all'Unione europea, senza cadere ancora una volta nella trappola della determinazione a priore dei buoni e dei cattivi di comodo. L'accesso della Croazia, non può e non deve escludere la Serbia, come la spinta indipendentistica dell'inquieto Montenegro non si risolverà mai senza una definizione del futuro del Kosovo e la stabilizzazione della Macedonia. Da pessimista che bada ai fatti, ripeto sovente che nei Balcani l'Unione europea ha ereditato dalla politica statunitense dominante un semplice "cessate il fuoco". Basterebbe oggi una semplice scintilla per incendiare nuovamente la Bosnia e il Kosovo. E' un'eredità europea e l'Europa deve cercare di rimediare agli errori del passato.

a cura di Francesco Lauria