E' avviato il percorso che porterà al primo Forum Sociale Europeo, previsto in autunno a Firenze. Per costruire un'Altra Europa, dal basso e senza confini, è fondamentale secondo noi ragionare anche di Balcani e con i Balcani.
Dal 10 al 12 maggio si è tenuta a Vienna una delle riunioni del World Social Forum in preparazione del Forum europeo che si terrà a Firenze dal 7 all'11 novembre. A rappresentare l'Osservatorio vi era Emiliano Bertoldi. Pubblichiamo un suo intervento.
Ragionare sullo specifico dei Balcani per non ragionare più solo di Balcani
A Porto Alegre, alla fine del World Social Forum, è stato deciso che il prossimo Forum - il terzo - sarà preceduto da sei forum continentali (due per l'Asia) che, in maniera autonoma e vincolati solo alla sottoscrizione della Carta dei Principi, rafforzino ed allarghino il movimento ai livelli nazionali e continentali. Quello Europeo si terrà a Firenze dal 7 all'11 novembre, in quanto quello italiano, anche se perde pezzi per strada, è considerato il movimento più forte in Europa e secondo nel mondo solo a quello brasiliano.
Il percorso che porterà a Firenze prevede riunioni continentali bimensili e gruppi di lavoro (programma, allargamento del network, organizzazione), tutti rigorosamente aperti a chiunque voglia partecipare. Senza entrare nel merito di un meccanismo iper-democratico che lascia di per sé molte perplessità sui veri meccanismi decisionali, queste riunioni sono l'occasione per portare il movimento a ragionare anche di Balcani.
Così è stato a Vienna dal 10 al 12 maggio scorso, e così ci auguriamo sarà a Roma nel prossimo fine settimana.
La riunione di Vienna (e così sarà anche nelle prossime riunioni bimensili) si è aperta con una sessione speciale di un'intera giornata dedicata ai movimenti dell'Europa Orientale. Uno sforzo particolare è stato fatto da parte dell'organizzazione austriaca per permettere a circa 60 persone provenienti dalla maggior parte dei Paesi del ex-blocco socialista (moltissimi gli Ungheresi e i Cechi) di incontrarsi e porre all'attenzione del movimento pan-europeo le proprie specificità, con l'obbiettivo dichiarato e condivisibile di ri-equilibrare la presenza dei movimenti e delle realtà di quei paesi nel più amplio movimento europeo.
E molti di quei "compagni" si sono dimostrati più aperti, innovativi e concreti dei tanti occidentali che scambiano il "movimento per un'altra globalizzazione" per il luogo nel quale rimettere in circolo i loro naftalinizzati schemi interpretativi.
Tra i partecipanti dell'Europa orientale una decina di balcanici: da Croazia, Serbia, Macedonia, Bosnia e... il sottoscritto, invitato dal South-East Europe Social Forum e a nome di Osservatorio sui Balcani e Rete italiana dei partner della Agenzia della Democrazia Locale della Serbia Centro-meridionale (che sostiene il SEE Social Forum).
La discussione della mattinata ha messo subito in risalto la differenza e la potenziale carica innovativa dei movimenti dell'Europa Centro-orientale, la dimensione libertaria, anti-comunista e a-ideologica del loro anti-capitalismo non di maniera, ma di chi vive sulla propria pelle le contraddizioni del sistema, e in definitiva il bisogno per il movimento occidentale (e terzo-mondiale) di lasciarsi contaminare massicciamente.
Per i Balcani le cose si sono messe subito abbastanza bene. Grazie agli interventi di Andrei Grubacic, Jelena Kraniec, miei e di alcuni altri, all'Europa sud-orientale è stata riconosciuta una specificità nel contesto stesso del mondo ex-socialista, tanto che tra i 6 gruppi di lavoro tematici istituiti per il pomeriggio, uno era dedicato ai Balcani.
Nell'incontro di questo gruppo - frequentato da tutti i balcanici presenti con l'eccezione dei Greci (tutti meno uno) - è emersa con forza la necessità che una delle 12 conferenze plenarie previste per il Social Forum a Firenze sia dedicata ai Balcani.
Anche se sono state passate in rassegna le diverse tematiche che potrebbero essere affrontate in questa conferenza, sembra abbastanza condivisa l'idea che questa non debba configurarsi come luogo a parte nel quale riprodurre la discussione e le dinamiche generali del movimento riducendole ai Balcani, ma viceversa come lo strumento per portare all'attenzione dei movimenti (e del movimento) continentali quegli elementi specifici della regione che ne fanno un tema di rilevanza europea, finalmente superando quelle chiavi di lettura o quei focus che hanno asfissiato il dibattito di dieci anni - anche quello di più alto livello - sui Balcani: guerre, conflitti etnici, dimensione regionale dell'analisi, ecc.
Ragionare sullo specifico dei Balcani per non ragionare più solo di Balcani.
Un'altra Europa è possibile, con il contributo dei Balcani
A questo proposito, il contributo che ho cercato di portare, si propone di invertire un altra chiave di lettura che sembra ancora dominante, anche tra gli amici dei Balcani: smettiamola di chiederci solo se e come le dinamiche interne all'Unione Europea impattano sui Balcani e chiediamoci invece se i Balcani - e in particolare un integrazione dei Balcani in Europa - possano essere utili all'elaborazione e alla battaglia per un altro modello di Europa: partecipata, dal basso, fondata sull'autogoverno e l'autosviluppo delle comunità locali.
E' questa l'essenza dell'Appello per l'integrazione dei Balcani in Europa presentato a Sarajevo il 6 aprile ed è questo - secondo me - il nodo sul quale impostare un intervento all'interno del dibattito sull'allargamento della UE che si terrà a Firenze (è una della aree tematiche).
Su questo c'è ancora un lungo lavoro da fare, anche nei confronti degli amici del Social Forum dei Balcani e degli altri militanti dell'area, giustamente diffidenti verso ogni ipotesi di allargamento di una Unione Europea che appare più dedita ai propri interessi economici a breve termine che ad una prospettiva politico-economica lungimirante.
Infastidisce maggiormente la difficoltà occidentale a capire questi argomenti: portata la proposta del gruppo di lavoro balcanico nella plenaria del giorno successivo del working-group europeo sul programma delle quattro giornate di Firenze, il sottoscritto si è sentito proporre da uno dei co-ordinatori del gruppo di porre la discussione sui Balcani come asse portante della sessione su Pace e Guerra, in quanto rappresentazione esemplare dell'imperialismo militare europeo...
Non tutti - per fortuna - erano d'accordo.
C'è del lavoro da fare, ancora (a cominciare dalla riunione del gruppo in programma a Roma il 9 giugno), ma partiamo dall'importante riconoscimento che i Balcani meritano un focus specifico: cerchiamo di non sprecarlo.
Emiliano Bertoldi