La presenza di Cina, Russia e Turchia nei Balcani Occidentali è alternativa al progetto europeo? Un'intervista a Jovan Teokarević, professore associato alla Facoltà di Scienze Politiche dell'Università di Belgrado
La presenza della Russia, della Cina e della Turchia nei Balcani occidentali rappresenta una minaccia oppure un’opportunità per la regione?
Entrambe, a mio giudizio. Opportunità perché offre agli stati dei Balcani occidentali la possibilità di ottenere qualcosa che l’UE non vuole o non può offrire, ossia aiuti nella ricostruzione delle infrastrutture. Al momento, attraverso vari fondi, l’UE fornisce agli stati dell’Europa Centrale circa 20 miliardi di euro all’anno in questo settore. Nei Balcani la situazione delle infrastrutture è peggiore che nell'Europa centrale ed un aiuto europeo di queste dimensioni al momento è indisponibile. Dunque i Balcani Occidentali devono trovare fonti di credito altrove, e in sostanza devono rivolgersi a paesi che non appartengono all’UE.
Lo sviluppo infrastrutturale nei Balcani quindi al momento è impossibile senza l’intervento creditizio dall'estero, specialmente quello cinese. Altro elemento da cui non si può prescindere è la forte dipendenza dei Balcani Occidentali dai flussi energetici provenienti dalla Russia: anche in questo ambito l'UE non può portare aiuti concreti.
Inoltre Cina, Turchia e Russia offrono qualcosa di diverso agli stati dei Balcani Occidentali, ossia una sorta di "riconciliazione identitaria". Alcune nazioni ed alcuni popoli si sentono infatti molto vicini alla Russia, soprattutto quelli cristiano-ortodossi (serbi, macedoni, bulgari, etc), mentre altri guardano alle forti relazioni storiche con la Turchia, in quanto musulmani. In questo senso, esistono anche legami non materiali.
Se parliamo di minacce, dovremmo capire che l’influenza di questi tre stati sta aumentando, riducendo in questo modo l’influenza dell’Europa nella regione. Tutti i Balcani sono oggi nell’orbita dell’UE e l’influenza dei contendenti geo-strategici mette in dubbio le possibilità di accedere all’Unione. Ma l’influenza di tali concorrenti sta aumentando non solo perché la cooperazione con i Balcani è fruttifera e perché, in effetti, risponde agli interessi e alla necessità degli stati dell'Europa sud-orientale, ma soprattutto perché l’UE ha ridotto al minimo la sua presenza negli ultimi anni.
Se l’UE non avesse ridimensionato le sue ambizioni nei Balcani Occidentali a causa della sua crisi interna - non c’è stata in questi anni la possibilità e la volontà di essere sufficientemente attivi nei Balcani - non avremmo avuto una crescita così visibile dell’influenza di Russia, Cina e Turchia nella regione. Se l’UE sarà in grado di riespandere la propria presenza, come ha mostrato di essere intenzionata a fare, sarà conseguenza soprattutto dei timori legati all’influenza russa. Se Bruxelles lavorasse per integrare rapidamente i Balcani non vi sarebbero problemi di "sfide geopolitiche" nella regione.
La presenza dei nuovi "concorrenti" può rappresentare un disincentivo per il mantenimento dell’impegno europeo da parte degli stati dei Balcani?
Sì, e la ridotta presenza dell’UE negli ultimi anni, a partire dalle sue molteplici crisi, è effettivamente risultata in una forte riduzione dell'entusiasmo da parte dei cittadini balcanici nei suoi confronti. Ormai l'UE non è più considerata una soluzione per tutti i problemi ed i cittadini sono molto delusi nel vedere l’Unione in difficoltà. Oltretutto, il loro stesso processo di accesso è molto più difficile di quello messo in piedi per gli stati dell’Europa centrale un decennio o più fa.
Nonostante tutto l’UE è ancora importante per i Balcani?
In realtà non è solo importante, ma è anche il fattore esterno più influente nei Balcani, molto più degli altri "sfidanti". Questo si nota chiaramente nel peso delle transazioni economiche tra l’UE e i Balcani occidentali; circa tre quarti del commercio totale di questi stati viene fatto con l’Unione europea. In questo settore, il paragone con gli altri stati è chiarissimo: in media, la Russia e la Cina rappresentano solo qualche punto percentuale del volume commerciale complessivo. La Russia è, però, molto importante per le forniture di gas. Questo è simile a quanto avviene negli investimenti o negli aiuti che arrivano dall’occidente in generale, e dall’UE nello specifico. Per la Serbia, ad esempio, l’UE ha contribuito con i suoi aiuti a fondo perduto – quindi praticamente un regalo – con 3 miliardi di euro dall’inizio del secolo. La novità è che adesso ci sono concorrenti che crescono di importanza.
Ritiene che l’Unione europea stia dando la giusta importanza a queste presenze nella regione?
I Balcani occidentali sono stati ignorati per anni e ora, di nuovo, fortunatamente, l’Unione europea è tornata a rivolgere la sua attenzione alla regione, anche se meno di quanto ci si potesse aspettare. La ragione non è che l’Unione europea o i suoi stati membri siano particolarmente preoccupati per la lentezza con la quale i paesi dei Balcani Occidentali si stanno avvicinando all'obiettivo dell'agognata adesione all’Unione europea, ma lo fanno quasi esclusivamente per le preoccupazioni geopolitiche sulla crescita della Russia, attore particolarmente visibile in Republika Srpska [una delle due Entità costitutive della Bosnia Erzegovina, ndr], in Macedonia e in Montenegro. L’attenzione non è stata quindi il risultato di una preoccupazione per la mancata capacità degli stati balcanici nel processo di integrazione europea - che dovrebbe essere la motivazione prioritaria - ma poiché si è profilato uno sfidante politico all'orizzonte: parliamo della Russia, perché la Cina non viene percepita in questi termini.
La presenza della Cina nei Balcani è interessante dal momento che, a differenza degli altri "giocatori", non ha forti legami storici nella regione. Quali interessi potrebbe avere la Cina nell’entrare sul teatro dei Balcani?
Senza i legami identitari di cui godono Russia e Turchia, la Cina è orientata dal pragmatismo non solo nei Balcani occidentali, ma in ogni regione nella quale opera da qualche decennio a questa parte. Pechino vuole migliorare la sua presenza e la sua influenza attraverso investimenti, basati sulla concessione di credito. La Cina è la sola ad investire così tanto nei Balcani in termini di infrastrutture, strade, ponti e centrali elettriche. È nel suo interesse sviluppare relazioni con stati che dovrebbero diventare parte dell’Unione europea, in modo da avere investimenti già in piedi nella prospettiva di una futura adesione. Gli investimenti più importanti sono quelli che riguardano le linee ferroviarie e le strade, utili per il re-orientamento e l’ulteriore accrescimento dell’export cinese in Europa.
Sin dal momento in cui la Cina ha preso controllo del porto del Pireo in Grecia, ha voluto creare un corridoio che va dall’Attica attraverso la Macedonia e la Serbia, fino all’Ungheria e l’Europa centrale. Tramite tale investimento la Cina vuole effettivamente re-orientare la sua strategia per l’export e smerciare la maggior parte della sua produzione verso l’Europa. Perché ciò accada, le infrastrutture – specialmente i collegamenti ferroviari – dovrebbero essere migliorate, e questo è il punto su cui la Cina pone la massima enfasi.
Ma noi non dovremmo mancare di vedere le altre ambizioni cinesi, anche se il processo è solo agli inizi. Già partiti con l'acquisto di aziende, ad esempio alcune acciaierie in Serbia, i cinesi stanno ora contemplando l’acquisizione della miniera di rame a Bor e stanno co-investendo nella creazione di parchi industriali che coinvolgeranno anche la produzione di articoli high-tech, Huawei sta ad esempio aprendo il suo centro regionale in Serbia. Dunque è una strategia diversificata che può effettivamente aiutare i Balcani, perché in Europa non c'è abbastanza appetito e nemmeno abbastanza fondi per comprare imprese in bancarotta, specialmente le più grandi. Se tutto questo può essere fatto tramite l'aiuto della Cina, non può che essere un beneficio per gli stati dei Balcani.
C'è, però, anche l'altra faccia degli investimenti cinesi. Come quelli russi e quelli arabi, questi non vengono fatti in armonia con gli standard UE. Il livello di trasparenza è basso, non vengono fatti appalti pubblici, la competizione è scarsa e i cinesi preferiscono trattare direttamente con i governi. Questo porta corruzione da entrambi i lati. Inoltre, i crediti e gli investimenti cinesi significano un coinvolgimento soprattutto di macchinari e di forza lavoro cinese. Ad esempio, il ponte che è stato costruito a Belgrado qualche anno fa ha coinvolto unicamente lavoratori cinesi, in una realtà come quella serba dove si hanno centinaia di migliaia di disoccupati e dove molte aziende sarebbero in grado di compiere gli stessi lavori. Ma il governo lo accetta perché considera i crediti cinesi molto vantaggiosi – e lo sono. Infatti, i tassi di interesse sono più bassi di quelli ottenibili da istituzioni finanziarie internazionali o da altri stati.
Dunque, non c’è molto spazio di manovra per i governi degli stati dei Balcani occidentali in questa difficile situazione: entrano in affari con la Cina perché non c’è nient’altro di paragonabile che li possa aiutare.
La Cina quindi valuta in modo positivo l’accesso di questi stati all’Unione europea?
I cinesi vedono volentieri un coinvolgimento e un’entrata dei Balcani occidentali nell’UE. A differenza della Russia, non vedono l’UE come una minaccia. Inoltre, la Cina è in grado di esportare incredibili quantità di beni e servizi in Europa, e dà molta importanza a questa sua capacità. Per la Cina, dunque, l’accesso all’UE di questi stati in questo periodo storico non rappresenta un problema. Per la Russia le cose stanno diversamente, così come per la Turchia. La priorità numero uno dei russi è impedire un ulteriore allargamento della NATO: c’è una sola regione europea in cui questo allargamento potrebbe avvenire, e si tratta proprio dei Balcani. La Russia vede chiaramente che l’allargamento dell’UE e della NATO vanno di pari passo e dunque che, in pratica, la maggior parte, se non proprio tutti gli stati della regione che sono interessati a far parte dell’UE, sono interessati anche alla NATO, ad eccezione della Serbia. Dunque, politicamente parlando, la Russia vede l’accesso dei Balcani occidentali all’UE come potenzialmente pericoloso. La linea ufficiale della Russia è, per ora, quella del silenzio. Ma, se facciamo caso ai commenti di alcuni esperti russi, possiamo comprendere che l’adesione dei Balcani occidentali all’UE non è più ben vista come lo era una volta.
Nella regione, quali sono le relazioni fra Russia, Turchia e Cina?
Per il momento stanno seguendo le proprie politiche in modo indipendente e non stanno cooperando fra di loro. Per certi versi, esiste una più larga cooperazione fra Cina e Russia quando si tratta di questioni che riguardano la scena globale, ma nei Balcani esse agiscono in modo autonomo.
Quello che i sostenitori di un coinvolgimento maggiore di Russia, Cina e Turchia nei Balcani vorrebbero vedere è un miglioramento della cooperazione strategica regionale tra questi paesi. Per esempio, durante l’ultima visita del premier turco Recep Tayyip Erdoğan nei Balcani di qualche tempo fa, tutti i partiti ed i circoli nazionalisti hanno dimostrato di volere che Turchia e Russia agiscano insieme e migliorino le loro relazioni bilaterali che, negli ultimi anni, sono state caratterizzate da alti e bassi.
Questo miglioramento sarebbe particolarmente importante se risultasse in una cooperazione nei Balcani, specialmente in Serbia. Qui, infatti, si vorrebbe che il Turkish Stream, il nuovo gasdotto che dovrebbe connettere Russia e Turchia passando poi per i Balcani meridionali (Grecia, Albania e Bulgaria) e arrivando infine in Italia, passasse invece più a nord, attraverso Macedonia e Serbia, in modo da aumentarne la sicurezza energetica.
Per concludere, quale futuro immagina per i Balcani?
Questo dipende in gran parte dalle relazioni tra l’UE e queste grandi potenze. La regione dei Balcani occidentali non è certo molto influente, dunque non starà a quei paesi dettare il tipo di relazione con i grandi attori globali. Per i Balcani, così come per il resto dell’Europa e del mondo, l’ostilità nelle relazioni tra l’UE e la Russia causata dall’intervento russo in Crimea è estremamente dannosa. Se i rapporti migliorassero, sarebbe un bene per tutti, inclusi i Balcani.
Il futuro dei Balcani risiede nell’Unione europea, ma questo non significa che tutte le future azioni dei governi dell'area rientreranno in quest’ottica. Questi paesi sono vicini a Russia e Turchia in termini di identità, storia, cultura e religione e, prendendo la Serbia come esempio e analizzandone i sondaggi d’opinione, possiamo osservare che i cittadini sono sfavorevoli ad una messa a rischio di questi legami. Questo ragionamento è simile a quello dei musulmani che vivono nella regione che, nonostante l’obiettivo finale di adesione all’UE, non vorrebbero fare della Turchia un nemico.
Siamo dunque di fronte ad una sorta di continuazione della politica estera post-jugoslava che mira(va) ad avere buone relazioni con tutti. La Serbia ci conta molto perché, a differenza dei paesi centro-europei, non ha tagliato i ponti con la Russia e la Cina in seguito alla caduta dell’URSS. Dunque l’idea di entrare nell’UE è molto popolare, ma altrettanto importante è anche mantenere dei buoni legami di sviluppo in altre aree, pur nella consapevolezza che, una volta parte dell’UE, questi paesi non potranno avere accordi bilaterali di libero scambio come quelli che la Serbia ha con la Russia o con la Turchia. In qualche modo i Balcani occidentali continueranno ad essere una sorta di "ambasciatori" della Turchia e della Russia nell’Unione europea.