Il VHS ha caratterizzato il mondo underground jugoslavo ed ex jugoslavo per tutti gli anni '80 e '90. Una rassegna
(Pubblicato originariamente da Before After il 6 luglio 2017, selezionato e tradotto da Le Courrier des Balkans e OBC Transeuropa)
I primi videoregistratori sono arrivati in Jugoslava all'inizio degli anni '80. Il loro prezzo superava allora i mille dollari ed era un segno ulteriore di ricchezza un po' speciale. Un decennio più tardi, si sono diffusi come un'epidemia, segnando l’inizio dell’era della pirateria e la fine dei cinema. Ma riavvolgiamo la storia dimenticata dei VHS balcanici.
A paragone con il download su Internet o coi Blu ray, il VHS appare come la preistoria della visione di contenuti video. In effetti, le cassette, queste grosse scatole in plastica da riavvolgere, non potevano, nemmeno nelle loro edizioni migliori, portare un decimo della qualità di immagine dei formati odierni. E pertanto... piacere tutto suo e arrivederci.
Ma non dobbiamo però dimenticare che all’epoca il VHS era ciò che di meglio avessimo. Se in Serbia il piccolo commercio del noleggio delle cassette ha avuto breve durata, è stato però uno dei rami più avanzati del mercato nero. Questo ramo è morto più velocemente di molti vecchi mestieri e di altri commerci artigianali, ma non ha impedito che assumesse un ruolo rivoluzionario nella storia culturale.
I primi videoregistratori sono apparsi in Jugoslavia in grande numero a partire dagli anni '80. Sono arrivati nel paese via contrabbando, a prezzi esorbitanti. Il loro prezzo superava il migliaio di marchi tedeschi o di dollari. Era un segno esteriore di ricchezza un po’ speciale: investire in un videoregistratore non era la stessa cosa che investire in nuovo mobilio.
Un settore che non conosceva crisi
Con la comparsa di queste nuove macchine, hanno visto la luce le prime videoteche. La prima videoteca di Belgrado si chiamava Zvinko. Più tardi, con la legalizzazione di questa attività, è stato Tuck Vision (ancora più tardi Tuck) ad affermarsi come il più grande distributore di film del paese. Molti altri hanno seguito, tra le quali il celebre M (che diventerà la casa di distribuzione M film). Un certo numero di belgradesi privilegiati aveva allora la possibilità di vedere gli ultimi film non al cinema, ma a casa propria, grazie alle copie piratate arrivate Dio solo sa come in Jugoslavia. Quelli che hanno cominciato per primi con questa attività avevano un certo vantaggio e questo ha permesso loro di guadagnare molti soldi, soprattutto all’inizio, quando la concorrenza era più debole.
Un vantaggio che è durato fino alla fine degli anni '80, quando il videoregistratore ha smesso di essere un privilegio. Da quel momento in poi era possibile procurarsene uno, come merce d’importazione. Il suo prezzo era divenuto abbordabile e, come un’epidemia, hanno invaso Belgrado e tutto il resto dell’ex-Jugoslavia. Le videoteche hanno cominciato a spuntare come funghi in ogni città.
Piccole cantine polverose si sono trasformate in mini-templi del cinema. Questi templi erano decorati con foto ritagliate da giornali stranieri e ammobiliati con ripiani pieni di cassette decorate da adesivi. Anche se il loro interno non era dei più accoglienti, erano i luoghi di riunione preferiti dagli amanti della settima arte, ma anche di tutti i ragazzi locali che gironzolavano là perché non avevano nulla di meglio da fare.
In questo capitalismo in salsa ‘Europa dell’Est’, l’iniziativa personale è stata, per molti, il miglior progetto di carriera, e le videoteche erano, insieme ai chioschi di hamburger, il miglior mezzo per fare profitti rapidamente con un piccolo commercio locale.
Come la pirateria si è democratizzata
Tutti coloro che non avevano soldi per andare al cinema potevano, allora al prezzo di un biglietto, prendere in prestito una decina di cassette dalle bobine registrate e ri-registrate e godere dei migliori film in versione piratata, versioni con i sottotitoli in giallo su sfondo nero ben conosciuti da tutti.
All’inizio degli anni '90, i cinema fino ad allora pieni, si sono svuotati, a causa di queste videoteche. Queste ultime facevano di tutto per trovare copie dei film più recenti, il più velocemente possibile, e questo con un generale detrimento della qualità. La pirateria era moneta corrente. Si riuscì a mettervi fine - provvisoriamente - solo con la creazione di case di distribuzione che compravano copie originali dei film e noleggiavano gli originali delle cassette: i ‘pirati’ si trovarono pesantemente sanzionati da grosse multe.
Ma le sanzioni economiche inflitte alla Serbia all’inizio degli anni '90 hanno impedito ai distributori di continuare la loro attività ed una nuova ondata, ancora più grande, di pirateria si è infranta sul paese. Le copie erano persino peggiori delle precedenti, il più delle volte copie girate con delle videocamere, filmate dalla prima fila della sala cinematografica. Nella crisi e nel caos generale che regnava all’epoca in Serbia, le videoteche erano per i loro proprietari un buon mezzo “quasi” onesto di sopravvivere e per gli amanti del cinema il solo modo di seguire, alla bene e meglio, l’evoluzione del cinema mondiale. Con la fine dell’embargo, i distributori hanno ripreso la loro attività, ma la pirateria aveva guadagnato tanto terreno, che era impossibile farla sparire.
"Otto e mezzo", un cinema molto riservato
Chiunque poteva aprire una videoteca all’epoca, ma pochi ormai riuscivano a fare la differenza in una folla di piccoli concorrenti. Uno degli esempi di chi è riuscito ad affermarsi nell'élite della scena underground delle videoteche è stato il club ‘Otto e mezzo’. Il club che porta il nome del classico di Fellini era nascosto nella cantina di un immobile del quartiere Konjarnik, non lontano dall’autostrada, a Belgrado. Il proprietario era conosciuto per il suo temperamento forte e la sua passione per il cinema.
“Otto e mezzo” era come un piccolo cinema privato, non vi si trovavano che classici o film che il tempo non aveva scalfito. La sua collezione contava molte migliaia di cassette originali che il proprietario era riuscito a scovare. Diventare membro di questo club era quasi più difficile che entrare in una loggia massonica, non si poteva ricevere la propria carta a meno che un altro membro non facesse una raccomandazione e si offrisse da garante.
Prima di entrare nel club, si doveva passare un piccolo test di erudizione cinematografica, una sorta di concorso di cultura generale sulle proprie conoscenze del cinema e sui gusti personali. A ciascuna visita, si aveva diritto ad una lezione sul cinema, un corso su un autore o un’opera e non si poteva andare solo a vedere dei film, bisognava partecipare e discutere delle proprie scelte. Nessun consumatore ignaro attraversava la porta di quella cantina. Tutto ciò giustificava il prezzo dell’affitto, due volte maggiore delle altre videoteche.
Questo elitismo proveniente dalla periferia di Konjarnik era amplificato dal ruolo del guardiano della cantina, un grosso uomo bruno che non apriva mai bocca e non diceva mai niente. Il suo ruolo era di attendere là e prendere le cassette che si trovavano sui ripiani i più alti quando il padrone glielo chiedeva. Otto e mezzo è stato l’ultimo dei Mohicani delle videoteche illegali, si è battuto per la propria sopravvivenza fino al 2007, anno in cui ha appeso le chiavi al chiodo perché non poteva più far fronte all’invasione della pirateria online. Il padrone aveva già, per questo, cominciato a fare delle copie su CD di tutte le suo famose VHS...
I retaggi di un tempo passato
Parallelamente a queste videoteche per intenditori, c’erano anche club per il grande pubblico come il famoso Žabac, diventato poi una catena che ora conta più di una decina di insegne in tutta la Serbia. La videoteca era talmente popolare che i proprietari del marchio ‘Kermit la rana’ avevano sentito parlare della catena e hanno espressamente vietato l'utilizzo dell’immagine della celebre rana su logo di Žabac che quindi ha cambiato l'immagine di Kermit nella caricatura di una rana.
La progressiva legalizzazione del settore, con il controllo dei distributori e il passaggio dal formato VHS al formato DVD all’inizio degli anni 2000, ha portato alla chiusura della maggior parte delle videoteche di Belgrado. Alcuni hanno smesso di affittare le cassette e sono passati all’incisione dei CD per sopravvivere. Ma la pirateria attraverso le piattaforme Internet di download ha cambiato tutto e ha segnato la condanna a morte delle ultime videoteche rimaste.
Ci si domanda d’altro canto come faccia Žabac a mantenersi ancora in vita. Si avrà probabilmente presto una risposta interessante sul tema grazie al film documentario Oni žive (Essi vivono), che il giovane regista Goran Nikolić sta realizzando sul soggetto.
Oggi è molto più facile e molto meno caro guardare film a casa propria tranquillamente accomodati sul proprio divano. Si può trovare tutto su Internet e si può guardare tutto su un grande schermo con altoparlanti 5.1 disposti ovunque come nelle sale cinematografiche. Ma ciò non ha il fascino di prima, quando bisognava veramente impegnarsi per far venire il cinema a casa propria...