"Ciò che le donne hanno imparato dopo il 1989 è che i diritti delle donne non sono mai garantiti per sempre. Possono sempre essere revocati, come vediamo con il diritto all’aborto in Polonia ora. Più cresce il nazionalismo in una società, meno diritti per le donne ci sono". Un'intervista alla scrittrice e giornalista Slavenka Drakulić
“Mileva Einstein. Teoria sul dolore” e “Dora e il minotauro” sono gli ultimi due romanzi editi in Italia per Bottega Errante Editore di Slavenka Drakulić, una delle scrittrici croate più note nel mondo. La scrittrice spiega nell’intervista a OBC Transeuropa la scelta di due personaggi storici particolari, accomunate dalle travagliate relazioni amorose con due grandi menti del Novecento (Albert Einstein e Pablo Picasso) e da una capacità di raccontare la resistenza femminile.
La storia di Mileva Marić era praticamente sconosciuta ai più, una storia intrisa di dolore. Come vi è incappata e come è nato poi il romanzo?
Incappata è una buona parola! A dire il vero non si sa bene come le idee per un libro arrivino. Ricordo di aver letto tempo fa una biografia di Albert Einstein e di aver scoperto casualmente che avesse avuto una moglie prima di Elsa. Era una matematica serba, Mileva Marić, con cui ebbe due figli. Ho trovato poco scritto su di lei, prima che esistessero Google e Wikipedia, ma anche ora, nell'era del web, sono meno le informazioni di quanto uno si aspetterebbe. Inoltre, nemmeno persone molto preparate sanno molto di lei. Perciò ho deciso di scavare: chi era? Perché hanno divorziato? Cosa le accadde dopo? Iniziai a leggere di più sulla vita di Einstein, e ovviamente Mileva veniva menzionata, ma in un modo molto marginale. Durante la sua gioventù, Mileva era in una posizione più influente e fu la prima in assoluto a sostenere il marito e ad aiutarlo nella sua ricerca per i suoi primi lavori pubblicati nel 1905. Sono rimasta affascinata dalla loro relazione: questo è ciò di cui parla il romanzo. Un disequilibrio nel potere tra uomo e donna e come si traduce nella vita reale di due persone molto talentuose nello stesso ambito di interesse.
La vita di Dora Maar, invece, era già piuttosto nota. In merito a quel diario nascosto di cui si parla all’inizio del libro: il fatto che sia stato scritto in croato lo rende diverso da altre confessioni?
Dunque, se intende il “libro nero” di cui si parla nell’introduzione, quella è una storia speciale: è frutto della mia immaginazione! Se suona realistica ai lettori, tanto meglio - lo prendo come un grande complimento. Ma Dora conosceva la lingua croata e la parlava con il padre, che aveva origini croate. Dora parlava francese con la madre e spagnolo con Picasso. Ciò la rendeva un personaggio molto interessante, soprattutto per quanto riguarda la sua identità.
Che tipo di lavoro è stato svolto sulle fonti per entrambe le storie?
Quando si parla di personaggi storici, le cui biografie sono già state scritte, allora si possiede una cornice, uno scheletro per un romanzo. C’è un sufficiente numero di buone biografie a disposizione, soprattutto di Einstein e Picasso. Perciò, qualcun altro ha già fatto metà del mio lavoro. Per la verità, uno potrebbe chiedere, se tutto è noto, perché scrivere un romanzo? La risposta breve è che un testo letterario può andare più lontano, più in profondità in un personaggio, e può presentare le sue emozioni e i suoi pensieri. Mi si permetta un esempio. Nella sua eccellente biografia, Alicia Dujovne scrive della sua frustrazione in quanto biografa di Dora Maar. Dopo aver descritto una particolare scena di litigio tra Dora e Picasso, Dujovne scrive qualcosa che suona così: se fossi una scrittrice, descriverei ora le emozioni di Dora. Quella frase mi ha provocato! Se Alice non poteva, io avrei potuto, ricordo di aver pensato. Un romanzo può dare una vita interiore a un personaggio, una terza dimensione se vogliamo, ma deve essere convincente e fedele a ciò che sappiamo di quella persona. Ovviamente, in tal modo le vere Dora e Mileva sono diventate personaggi di un romanzo, ma i lettori lo sanno.
Le relazioni abusanti e violente sono sempre esistite nelle nostre società patriarcali e le due protagoniste hanno molte cose in comune, tra cui le origini in ex Jugoslavia. Perché ha sentito l’urgenza di concentrarsi sulle storie di due donne irrimediabilmente ferite? Cosa rappresentano per lei?
Temo di non poter dare una risposta esatta. E il fatto che entrambe provengano dalla mia parte di mondo non ha avuto un ruolo nella scelta. Nemmeno ritengo che la mia intenzione fosse di illustrare delle relazioni violente usando l’esempio di queste coppie famose. Sì, ci sono circostanze sociali e storiche che hanno reso la loro posizione nella società così come nell’arte o nella scienza più difficili. Artiste come Dora erano giudicate prima in quanto donne, anche dai loro colleghi. A quei tempi erano muse, ispirazioni. Ma Dora era una fotografa riconosciuta, era pubblicata e faceva mostre, finché non ha iniziato a vivere con Picasso. Da qui parte il mio romanzo, con una domanda: perché ha rinunciato a ciò che amava di più, la sua arte? Il mio obiettivo era di guardare da vicino le loro relazioni per trovare la risposta. La resa di Mileva sembra più chiara. Dopo la nascita della figlia fuori dal vincolo coniugale, ha sofferto di gravi crisi psicologiche. Peggiorò anche di più quando Albert Einstein la obbligò a divorziare. Mileva, mi sembra, non si è mai ripresa. Anche in questo caso, la mia intenzione era di guardare nella loro relazione e alle conseguenze per Mileva.
I due libri hanno mai ricevuto delle critiche negative dai sostenitori di Einstein e Picasso?
No, non ne ho ricevute. Dopotutto, le mie Mileva e Dora sono personaggi di fantasia.
Cosa l’ha portata, come scrittrice, dai suoi saggi di geopolitica a storie così intime e dolorose?
Sono giornalista di professione. Prima dei romanzi, lavoravo come giornalista in un settimanale, finché la Jugoslavia non è andata in pezzi. Nei report geopolitici e nelle analisi, mi occupo spesso di questioni dolorose come stupri di massa o rifugiati. Infatti ho iniziato a scrivere romanzi piuttosto tardi, nel 1986 con Hologram of Fear (che non è tradotto in italiano). Avevo 38 anni. La forma giornalistica non mi dava la possibilità di esprimere tutto ciò che volevo scrivere e mi serviva una forma diversa, il romanzo appunto.
Quest’anno è uscita una nuova versione di Café Europa negli Stati Uniti. Cosa ha ancora da dirci quel libro e cosa aspettarsi nella nuova edizione?
Cafe Europa Revisited è un libro completamente nuovo rispetto al suo precedente, meglio dire un Café Europa 2, per Penguin Random House. Cosa è accaduto negli ultimi vent’anni? Ho provato a descrivere dettagli interessanti e rivelatori dal basso, dalle esperienze quotidiane, per farne un ritratto della società. Come, per esempio, perché gli stessi brand dell’industria alimentare hanno contenuti diversi in Slovacchia o in Austria? Come funziona il sistema delle tessere sanitarie europee (EHIC)? Che attitudine hanno i diversi paesi nei confronti del loro passato comunista e fascista? Qual è il ruolo della Chiesa e della religione nel post-comunismo? E riguardo ai diritti delle donne, hanno vissuto cambiamenti in peggio?
Dal dipinto di Dora e il Minotauro all’Origine del Mondo di Courbet: Dora trova una chiave per interpretare la sua storia e il suo ruolo nel mondo comprendendo il femminile. Pensa che la spinta femminile sia in grado di cambiare il mondo?
La mia generazione, sotto il socialismo dopo la Seconda Guerra Mondiale, è cresciuta con i diritti di base garantiti. L’uguaglianza dei sessi è stata istituita nel sistema giuridico. C’era una grande sproporzione tra la teoria e la pratica patriarcale nella vita di ogni giorno, ma abbiamo combattuto contro di essa. Ciò che le donne hanno imparato dopo il 1989 è che i diritti delle donne non sono mai garantiti per sempre. Possono sempre essere revocati, come vediamo con il diritto all’aborto in Polonia ora. Più cresce il nazionalismo in una società, meno diritti per le donne ci sono. Temo che per le donne la lotta non finisca mai.