Municipi italiani e del sud-est Europa si incontrano nel sesto giorno di viaggio della nave Gyor
"Ci sono città che sono state distrutte e poi ricostruite. Ma c'è un limite oltre il quale non si può più ricostruire."
Nella giornata dedicata al ruolo delle città e dei cittadini nella costruzione di una nuova Europa, la parola "urbicidio" risuona sinistramente nel centro congressi di Novi Sad, per ricordare da dove bisogna ripartire. Da qui, da dove le città sono state attaccate, e in alcuni casi annientate, oltre il limite di una possibile ricostruzione, perchè portatrici di una concezione spuria della appartenenza, di identità plurime, di una versione laica e multietnica della cittadinanza. Mentre l'Unione prepara la sua bozza di Convenzione discutendo di cosa debba essere posto a fondamento della cittadinanza europea, la nave del Danubio ribadisce il ruolo avuto dalle città nella storia del nostro continente. La loro aria, per antonomasia, ha reso liberi. Oggi, dopo la guerra dei dieci anni nella ex Yugoslavia, anche nella Europa dell'Unione i diritti e le libertà sembrano essere declinati in base alla appartenenza nazionale, a partire dai centri di detenzione programmati per gli immigrati. I Balcani non sono in ritardo, ci hanno preceduto. Ma le tendenze che hanno segnato la nostra storia recente non sono un destino. Siamo a Novi Sad, in Vojvodina, una città e una regione che hanno saputo resistere, come ricorda orgogliosamente il sindaco Borislav Novakovic nel suo discorso di benvenuto ai partecipanti.
Dopo la presentazione dei lavori ad opera di Michele Nardelli per l'Osservatorio, la giornata si apre con la lettura della comunicazione del sindaco di Roma, Walter Veltroni, che proprio in Campidoglio nel settembre del 2001 aveva ospitato la presentazione dell'appello "L'Europa oltre i confini". Non potendo presenziare all'incontro di Novi Sad, Veltroni ha voluto mandare il suo messaggio di sostegno alla iniziativa promossa dall'Osservatorio sui Balcani ribadendo le parole del presidente Ciampi ("Non ci si può rassegnare alla incompiutezza dell'Europa") e sottolineando l'indispensabile lavoro "dal basso" necessario per la costruzione della futura identità dell'Europa.
Intervengono i numerosi amministratori delle municipalità italiane e serbe che hanno organizzato l'evento insieme ad Osservatorio (oltre alla città di Novi Sad il comune di Modena, Roma, la Conferenza Permanente dei Comuni Serbi e le Nazioni Unite - Unops di Belgrado). Nella diversità delle esperienze presentate, gli oratori concordano sul ruolo anticipatore che le città e i territori stanno svolgendo nel processo di integrazione del sud-est Europa. Questo ruolo va valorizzato attraverso lo sviluppo delle reti di municipi e il rafforzamento di quelle esistenti, proprio nella prospettiva della costruzione di una "Europa delle città".
Giulio Marcon, presidente del Consorzio Italiano di Solidarietà, che porta la responsabilità insieme ad Osservatorio dell'intera iniziativa sul Danubio da Vienna a Belgrado, afferma la necessità di rendere stabile, attraverso un appuntamento annuale, la campagna per una "Europa dal basso". Il rappresentante della Regione Emilia Romagna, Gianluca Borghi, ricorda le numerose inizitiave avviate negli anni in Serbia e Montenegro, auspicando un cambiamento di rotta nella cooperazione dalla "prevaricazione bilaterale" alla piena reciprocità, chiedendo ora anche alla UE di giocare un ruolo nel valorizzare la buona cooperazione decentrata.
Tihomir Saladic, per il comune di Osijek (Croazia), presenta il patto civico per l'Europa sud orientale sostenuto dalla propria città: "...unica insieme a Fiume a poter vantare un governo antinazionalista anche negli anni più difficili, e a mantenere gli importanti rapporti di collaborazione avviati con la bosniaca Tuzla e la serba Novi Sad fin dal 1994/95. Noi abbiamo la fierezza di aver compreso che il concetto di Balcani non è in contrasto con il patrimonio culturale e politico della città di Osijek."
E' Melita Richter, intellettuale di Trieste, ex cittadina di Zagabria ("è facile diventare ex cittadini in questa parte del mondo") a citare il finale de "La città e la morte" di Bogdan Bogdanovic, l'urbicidio perpetrato nella distruzione del ponte di Mostar:
"La nostra nave arriva da Vukovar, non potremo dimenticare di aver dormito in stanze che avevano sui muri e sulle porte i fori delle pallottole. Quando discutiamo di Europa e del ruolo delle città, dobbiamo anche ricordarci con quanta facilità la urbanità può venire distrutta. Nel recente passato, in questa regione l'Europa è stata assente, per poi allinearsi all'unica soluzione proposta, le bombe. Vorrei che le onde che lasciamo attraversando con la nostra nave questo grande fiume, desolatamente vuoto, potessero toccare le menti di chi ci governa, e perlomeno riuscire ad evitare nuovi urbicidi."
Per un'altra città simbolo della pulizia etnica, Prijedor, oggi nella Republika Srpska di Bosnia, parla il consigliere comunale Izet Kadic, bosniaco musulmano: "Oggi a Prijedor i profughi stanno rientrando. Questo avviene perché subito dopo la guerra abbiamo avuto la capacità di partecipare ai progetti europei di cooperazione e rafforzamento di città e regioni. ... In Bosnia però il processo di decentramento è oggi troppo lento e questo rende difficile il rapporto tra istituzioni locali e autorità centrali."
A proposito di decentramento, il primo a prendere la parola dopo la pausa pranzo è il segretario generale della Conferenza Permanente delle Città e dei Comuni della Serbia, Djordje Stanisic. "La nostra associazione esiste dal 1996, ed è nata proprio per rispondere agli attacchi del regime. Ricorderete i nostri primi progetti (Petrolio per la democrazia, Scuole per la democrazia), oggi il nostro impegno è diretto a rafforzare i rapporti con le istituzioni locali dei paesi vicini, a partire dalla costituzione delle euro-regioni."
Per il Comune di Trento, l'assessore Micaela Bertoldi sottolinea la importante tradizione cooperativistica del territorio trentino, e la crescita di qualità nelle relazioni avviate: "In Bosnia ad esempio siamo passati dalla assistenza nella ricostruzione e dall'aiuto umanitario degli anni del dopoguerra ad importanti scambi sul piano culturale, avviando ora anche percorsi di riflessione e di elaborazione del conflitto." Tracciando una sorta di bilancio in itinere della esperienza "Danubio, l'Europa si incontra", la rappresentante del Comune di Trento fa la sua proposta: "Non dobbiamo disperdere l'esperienza di questo viaggio, anche se sarà difficile ripeterla negli stessi termini. Per l'estate prossima possiamo però pensare alla realizzazione di una serie di eventi culturali ed artistici di alto livello nelle città che abbiamo attraversato, per continuare a ragionare coinvolgendo un pubblico sempre più vasto che provenga anche da altri paesi europei."
Dopo l'intervento di Bjlyana Raeva (Eurocities - Bruxelles), è Michele Nardelli a concludere sottolineando i quattro concetti chiave emersi nella giornata di discussione: rete, partecipazione, cultura, reciprocità.
I viaggiatori si spostano verso il centro città. Dopo una serie di interventi teatrali, in serata è prevista l'accoglienza del gruppo dei partecipanti nello storico Municipio. Nella notte una ondata di piena ha permesso al ponte provvisorio di barche che unisce il centro di Novi Sad con la zona della fortezza di aprirsi, la nostra nave ha potuto passare. Insieme agli altri tre ponti di Novi Sad, anche questo - che resta provvisorio - è stato abbattuto dai missili della Nato nel 1999. Qui l'Europa è stato anche questo.