Osservatorio sui Balcani e Consorzio Pluriverso stanno promuovendo un percorso di ricerca-azione nel campo dllo sviluppo locale nei Balcani. Pubblichiamo qui di seguito un documento programmatico che guiderà le attività dei prossimi mesi.

20/11/2002 -  Anonymous User

Premessa
Il percorso di ricerca-azione che qui presentiamo nasce dall'incontro fra un profondo convincimento e l'esperienza concreta maturata lungo i sentieri della ricostruzione economica e sociale nell'area balcanica.
Il convincimento. Che i Balcani siano un luogo della modernità, occupando un ruolo nient'affatto marginale nelle dinamiche della globalizzazione. E che dunque il loro presente e futuro sia strettamente connesso alla capacità di abitare i flussi lunghi dell'economia globale attraverso un forte ancoraggio alle risorse locali, umane e materiali, in un progetto di sviluppo autosostenibile.
L'esperienza concreta. Ovvero che gli aiuti internazionali o si incardinano su un tessuto di partecipazione e di autogoverno locale o non servono a nulla o, peggio ancora, vanno a sostenere gruppi di potere per nulla estranei alle guerre e allo sfascio sociale e civile di questi paesi.
A partire dalla riflessione avviata con il seminario dell'aprile 2002 in ambito Civitas su proposta dell'Osservatorio sui Balcani e del Consorzio Pluriverso, prende corpo l'idea di fornire uno strumento di orientamento per chi opera nei paesi dell'area balcanica in esperienze di sviluppo locale. Si vuole mettere in rete queste esperienze, elaborarne gli elementi conoscitivi e mettere in campo azioni di monitoraggio sulle risorse del territorio, offrendo così alle istituzioni internazionali, alle agenzie di sviluppo, alle ong, agli attori della cooperazione internazionale un respiro progettuale all'agire concreto.
Un percorso che toccherà una serie di città di Bosnia Erzegovina, Serbia, Kossovo e Albania, dove già sono in corso esperienze di cooperazione a sostegno dello sviluppo locale. Approderà poi verso la fine del 2003 al costituirsi di un Forum permanente e alla realizzazione di un manifesto per lo sviluppo locale nei Balcani.
1. Guerra e mercato, la doppia deregolazione dei Balcani
Il fallimento dei modelli economico-sociali che caratterizzavano i precedenti regimi ed il decennio di guerre che hanno devastato gran parte dell'area balcanica impongono una riflessione attenta e per molti versi inedita attorno alle linee di ricostruzione economica e sociale di questi paesi.
L'irrompere dell'economia di mercato su un tessuto già così pesantemente segnato e sostanzialmente privo di regole, ha prodotto uno scasso sociale oltremodo devastante, ingigantendo le situazioni di povertà, annullando o rendendo precario il welfare, favorendo l'estendersi del controllo criminale sull'economia.
Del resto, chi aveva immaginato un ruolo di autoregolazione del mercato, capace di "normalizzare" l'economia dell'area, ha dovuto prendere atto che proprio sulla deregolazione si è fondata l'attenzione degli investimenti internazionali, in un perfido intreccio fra capitale finanziario, investitori senza scrupoli, nomenclatura politica e mafie locali.
2. Criminalità, clientelismo, emergenza: la cosa pubblica come risorsa privata
L'intreccio fra economia e criminalità ha peraltro rappresentato nei Balcani una costante di tutti gli anni '90, nel finanziamento delle guerre attraverso le operazioni di rastrellamento di valuta pregiata e le potenti lobby delle diaspore come nelle dinamiche dell'economia di guerra, nei traffici criminali come nelle operazioni di riciclaggio del denaro sporco, nella capacità di intercettare gli aiuti internazionali come nel controllo dei processi di privatizzazione dei beni pubblici.
Questo intreccio trova nel dopoguerra una preoccupante continuità, favorita dalla fragilità delle istituzioni locali e dall'insostenibilità di gran parte degli interventi internazionali; la stessa ricostruzione è stata canalizzata attraverso autorità locali spesso compromesse con le guerre.
Le pratiche clientelari prevalenti prima e durante le guerre si sono mescolate con i principi del mercato, consolidando il già ampio sistema di clientelismo sociale. Anche la natura piramidale del precedente modello statalista si è perfettamente integrata con la logica verticale della mobilitazione militare e degli interventi internazionali, rafforzando vecchi e nuovi apparati e inducendo nuova deresponsabilizzazione.
A questo si deve aggiungere il carattere emergenziale di gran parte degli aiuti internazionali, e dunque l'assenza di criteri di sostenibilità e di ricaduta positiva sul territorio: sotto questo profilo non v'è stata grande differenza fra l'industria dell'umanitario e gli investimenti dei privati.
3. La crisi fiscale degli stati
Da ultimo, la crisi fiscale degli stati. È difficile superare la diffidenza verso istituzioni profondamente segnate dai regimi e prive di credibilità. Così la pubblica amministrazione si trova in condizioni di paralisi: le entrate fiscali sono del tutto marginali, visto il contesto di deregolazione economica e sociale ed il prevalere di un'economia nera e grigia che sfugge ad ogni forma di controllo pubblico. Le uniche entrate significative in questo momento vengono dai programmi di aiuto internazionale, delineando così una condizione di dipendenza che rischia di divenire strutturale. Una situazione che si riverbera anche sulle amministrazioni locali rendendo ancora più problematico il rapporto fra cittadini e pubblica amministrazione.
4. Questa è la post modernità

Sfascio istituzionale, guerra, deregolazione sono gli ingredienti che collocano l'area balcanica non ai margini del sistema-mondo, bensì al centro delle principali linee di traffico criminale (armi e droga, rifiuti e materiale tossico, organi e persone), ovvero i luoghi di "eccellenza" della finanza internazionale. Per altro verso, il basso costo della manodopera, l'assenza di tutela del lavoro e dell'ambiente, inducono forme diffuse di delocalizzazione di imprese che riciclano in quest'area macchinari obsoleti e fuori norma, lavorazioni nocive alla salute e devastanti per l'ambiente esterno. Anche sul piano commerciale questi paesi diventano di particolare interesse per lo smaltimento dei sottoprodotti delle aree ricche e lo svuotamento dei magazzini: sorgono ovunque grandi centri commerciali, controllati da potenti reti mafiose.
In altre parole, misuriamo qui l'estrema modernità dei processi che interessano questa regione, alla faccia di chi si ostina a parlare di società in transizione e non si accorge che abbiamo a che fare con le forme della post modernità.
5. Nuovi parametri per "nuove economie"

In questo contesto, ricorrere agli indicatori tradizionali dello sviluppo per descrivere la realtà di questi paesi è fuorviante. I dati sulla disoccupazione, sul reddito pro capite, sul PIL non possono che descrivere in maniera superficiale se non sbagliata la situazione economica e sociale di un'area che sfugge quindi a parametri che peraltro risultano sempre meno efficaci nel leggere il presente anche non balcanico.
Per questo si impongono altri parametri di valutazione, funzionali alla descrizione di strade alternative di rinascita economica e sociale, quali la sostenibilità e la riproducibilità degli interventi, la partecipazione e l'estendersi di forme di autogoverno locale, la responsabilità e lo stato di diritto. Un'altra idea di sviluppo che si fonda sul territorio.
6. Un diverso approccio allo sviluppo: partire dal locale
È a partire da questi concetti che è possibile tratteggiare le linee di un itinerario che pensiamo incardinato attorno all'idea di sviluppo locale autosostenibile. Un percorso che intende confrontarsi con i territori e le esperienze di valorizzazione delle risorse locali, fortemente intrecciato ai saperi e alle intelligenze locali.
Il territorio inteso come "soggetto vivente". I luoghi sono soggetti culturali, parlano, dialogano del lungo processo di antropizzazione attraverso il paesaggio, restituiscono identità, memoria, lingua, culture materiali, messaggi simbolici e affettivi.
Un disegno di sviluppo integrato ed endogeno del territorio, sul quale far convergere le risorse locali e gli stessi aiuti internazionali, fondato da un lato sulle professioni della qualità, ad alta intensità umana e creativa, e dall'altro sul settore primario, dove convivano e si integrino progetti partecipati in agricoltura, zootecnia, indotto dei servizi, dell'artigianato e dell'industria di trasformazione, capace di valorizzare i territori, il loro ambiente, la loro storia e le loro tradizioni, ma anche le produzioni locali, l'unicità delle loro caratteristiche, le forme possibili di ospitalità e dunque i profumi e i sapori, fino al rilancio del turismo rurale e dell'antica tradizione termale.
7. Lo sviluppo locale, una risposta all'omologazione globale
La complessità intersettoriale del sistema economico a base locale dovrebbe costituire la precondizione della capacità di autoriproduzione del sistema stesso rispetto alle variazioni del contesto globale e per un uso corretto delle risorse. In particolare, le aree di crisi del modello industrialista - come lo sono nella sostanza i paesi dell'est europeo - rendono evidente la necessità del superamento di concezioni monoculturali, verso economie complesse che garantiscano la conservazione identitaria del sistema, attuando forme di ospitalità e scambio coerenti con l'accrescimento di valore del patrimonio, secondo criteri di scambio solidale verso l'esterno, di complementarità, di sussidiarietà e di non sfruttamento delle risorse altrui.
8. Sviluppo locale come sviluppo di comunità
La proposta di sviluppo locale autosostenibile muove dalla constatazione che esso deve avvenire non attraverso una dipendenza dall'esterno, ma al contrario, in maniera endogena attraverso la mobilitazione di tutte le potenzialità locali (naturali, umane, economiche, finanziarie, organizzative, culturali), ricostruendo le sinergie interrotte fra territorio, ambiente e produzione.
È importante in questo contesto selezionare e valorizzare le attività agricole, commerciali, industriali e terziarie che:
- producono valorizzazione del patrimonio territoriale e ambientale;
- agevolano lo sviluppo di autoimprenditorialità locale in relazione alla valorizzazione delle risorse locali;
- producono beni relazionali sottratti all'eterodirezione della grande impresa;
- favoriscono la formazione di filiere produttive complesse, intersettoriali, in grado di produrre sistemi economici a base locale di tipo distrettuale e di adattarsi alle turbolenze del contesto;
- qualificano l'identità produttiva, culturale sociale della regione favorendo la permanenza degli abitanti e la loro integrazione come produttori.
9. La produzione locale: una strategia in sei punti
La scelta dello sviluppo locale comporta un'azione indirizzata a progetti che:
a) si facciano carico di trasformare sul posto le materie prime territoriali e di utilizzare fonti di energia locali, in particolare nell'industria, nell'agricoltura, nelle attività terziarie;
b) si preoccupino di minimizzare i costi di produzione, attuando processi di produzione semplici, poco costosi, con elevato impiego di lavoro ed instaurino la più ampia cooperazione intrasettoriale;
c) riguardino le attività di produzione, trasformazione e commercializzazione, come anche il turismo, l'informazione, l'educazione, la formazione professionale, i servizi di consulenza alle imprese;
d) perseguano la produzione di beni definiti come "intelligenti", in quanto dispongano di buone prospettive di collocamento su mercati favorevoli, sicuri e durevoli; per la loro produzione si faccia ricorso a metodi ad elevato contenuto di lavoro umano, alle capacità tecniche della manodopera, ai saperi ed alle tradizioni culturali locali, a tecnologie semplici che riducano l'impiego di energia e rispettino l'ambiente;
e) permettano di accrescere il valore delle esportazioni mediante la produzione di prodotti trasformati e specificatamente caratterizzati da tipicità e garanzia di produzione territoriale attraverso l'applicazione di un marchio di denominazione geografica;
f) pervengano a processi produttivi che comportino il massimo di effetti indotti nel sistema economico e sociale locale (creazione di posti di lavoro; aumento del valore aggiunto; aumento dei redditi da lavoro e di impresa; miglioramento della qualità del lavoro; sostituzione di importazioni).
10. La dimensione istituzionale: una strategia in sei punti
Un percorso incardinato sul concetto di sviluppo locale autosostenibile richiede una particolare attenzione al contesto politico-istituzionale finalizzata al rafforzamento del ruolo delle municipalità come servizio ai territori nella creazione di condizioni favorevoli allo sviluppo locale autosostenibile. Questo comporta:
- sostegno al ruolo degli enti locali nella loro funzione di programmazione di azioni di sviluppo economico (ad esempio disegno degli insediamenti produttivi, meccanismi di fiscalità locale, infrastrutturazione del territorio);
- la diffusione di forme ampie di partecipazione che rafforzino il senso comunitario, anche attraverso l'uso di bilanci partecipativi ed il sostegno e promozione di azioni di concertazione territoriale;
- la formazione di operatori del territorio ed il monitoraggio delle risorse locali umane e materiali;
- capacità di selezione dei settori produttivi su cui promuovere la nascita di piccole o medie imprese, favorendo processi di sostegno all'economia locale tradizionale, ovvero valorizzazione della qualità e dell'unicità delle produzioni realizzate nel rispetto delle culture locali;
- riduzione dei processi di conto terzismo o delocalizzazione spinta, evitando lo sfruttamento delle risorse locali siano esse umane o ambientali;
- promozione del microcredito e del sistema della finanza locale come sostegno all'economia e insieme educazione alla responsabilità.

11. Comunità e welfare territoriale
Analogamente se pensiamo allo sviluppo del sistema di welfare territoriale lo dobbiamo fare ponendolo come conditio sine qua non di ogni processo economico. Se non c'è prima una progettazione e un'azione sui processi di welfare territoriale, se non si pone attenzione a come sostenere azioni di inclusione e tutela delle fasce vulnerabili, ogni attività di tipo economico rischia di essere pretestuosa e portatrice di ulteriori malesseri e costi sociali. La definizione e costruzione di azioni di welfare deve essere il terreno di incontro e confronto obbligatorio tra ong locali ed enti locali, una scuola di corresponsabilità e coprogettazione e non un luogo di rivendicazione e scontro. E soprattutto di senso di comunità, intesa in maniera aperta e non escludente, quale forma principale di mobilitazione delle risorse.
12. Una non conclusione
Questa prima "bozza di lavoro" sullo sviluppo locale nei Balcani non ha una sua conclusione vera e propria, per sottolinearne il carattere con definitivo ed aperto della proposta. Vogliono essere solo degli spunti per una discussione nella quale intendiamo coinvolgere tutti coloro che, impegnati su questo terreno, ne condividono l'impostazione generale.
La presentazione del percorso a Civitas 2002