Nata a Tuzla in Bosnia Erzegovina, nel 1994 a dieci anni nel pieno della guerra arriva come rifugiata coi genitori a Vienna. Da allora Alma Zadić non ha smesso di studiare e lottare per un mondo migliore. Entra in politica e diviene ministro della Giustizia, la prima ministra nella storia austriaca a non essere nata in Austria
Alma Zadić ha almeno due sfide, due speranze: una è sconfiggere i discorsi di odio che inquinano il dibattito pubblico sui social media in Austria, il paese dove da quasi tre anni è ministra della Giustizia; l’altra è far emergere i giovani e le forze del cambiamento in Bosnia Erzegovina, la terra che le ha dato i natali. Perché lei è la prima ministra nella storia austriaca a non essere nata in Austria, bensì ad esserci arrivata come rifugiata a dieci anni, nel 1994, insieme ai genitori, nel pieno della guerra di allora. E la sua irresistibile ascesa - politica e personale - l’ha resa un simbolo del riscatto possibile, tanto a Vienna quanto a Sarajevo e a Tuzla, la città dove è nata e cresciuta.
La sua storia è talmente positiva da sembrare quasi artefatta, l’opuscolo di una ONG che si batte per l’accoglienza ai rifugiati: una brillante carriera scolastica, la cittadinanza, gli studi in legge, anche negli Stati Uniti e in Italia (all’Università cattolica del Sacro Cuore di Milano, esperienza che le ha lasciato una discreta conoscenza dell’italiano). E poi stages al Tribunale penale per la ex-Jugoslavia e all’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni, la pratica da avvocato in uno studio prestigioso, ma anche una carriera sportiva da pallavolista e istruttore di fitness. Nel 2019 viene eletta al Parlamento federale, con i verdi, che l’anno successivo prendono il posto dell’estrema destra come partner di minoranza nella coalizione guidata da Sebastian Kurz (OVP), un politico che Zadić aveva sempre duramente attaccato e del cui governo rischiava di diventare una specie di “foglia di fico” progressista.
“Musulmana” o “non sei in Bosnia” non sono le cose peggiori che ha dovuto leggere sui social all’annuncio del suo ingresso nel governo. Ed è andata avanti a lungo. Quando le hanno scritto “una pallottola è già pronta per te”, la polizia si è convinta di aver fatto bene a metterla sotto protezione. Lei, peraltro, si è ben guardata dal moderare i toni, anche se faceva parte di un governo di cui Kurz era cancelliere (si sarebbe dimesso l’11 ottobre 2021, in seguito ad uno scandalo di corruzione). È così che la lotta ai discorsi di odio sui social media è diventato il suo nuovo cavallo di battaglia.
“Succede soprattutto alle giovani donne. E molte per questo se ne vanno da Internet. Questo non va bene, la gente deve rimanere nello spazio pubblico ed esprimere le proprie opinioni liberamente, senza essere intimidita dagli odiatori”.
In tre anni - mentre la pandemia di Covid contribuiva a far crescere il problema - il governo austriaco ha iscritto i discorsi d’odio nel codice penale ed ha creato misure di accompagnamento alle vittime, tra cui l’assistenza legale gratuita, perché molte vittime rinunciavano a difendersi proprio in ragione dei costi. Misure che ancora oggi non tutti conoscono, dunque il prossimo obbiettivo è aumentare la consapevolezza.
Intanto in Bosnia
Occupata nel 1878 e poi annessa all’impero nel 1908, la Bosnia Erzegovina è abituata a ricevere governanti da Vienna più che a mandarceli. L’Austria è attualmente una delle mete preferite dei lavoratori bosniaci, ma in pochi sono arrivati fin sugli scranni della Ringstraße. Logico dunque che Alma Zadić diventasse un simbolo anche nella sua terra d’origine, così bisognosa e così avara di storie di successo.
Lei è stata a Sarajevo per sostenere le forze progressiste e la società civile, anche in vista delle elezioni dello scorso 3 ottobre. Il governo austriaco - per altro da sempre tra i più favorevoli all’integrazione europea dei Balcani occidentali - ha fatto pressione perché, dopo il voto, l’UE concedesse alla Bosnia Erzegovina lo status di paese candidato, cosa che sta avvenendo: la Commissione lo ha proposto il 12 ottobre scorso, il Consiglio deciderà in dicembre.
“In Bosnia, molti giovani ed esponenti della società civile mi hanno detto: ci serve un chiaro segnale da Bruxelles che ci vogliono avere nell’Unione europea. Questo segnale ora è arrivato e le persone possono essere più motivate a cambiare le cose. I giovani in Bosnia hanno perso fiducia nella classe politica tradizionale e questa fiducia l’UE la può conquistare, ma deve rimanere attiva, lì e in tutti i Balcani occidentali”.
Un segnale che non è tuttavia un assegno in bianco. “Molte riforme devono essere fatte per andare verso l’UE. Una è il rafforzamento dello stato di diritto, l’altra la lotta alla corruzione. La corruzione distrugge la fiducia nelle istituzioni, nello Stato e nella politica; per questo la Bosnia Erzegovina e noi tutti dobbiamo schierarci per una lotta che sia reale ed efficace”.
Ora tocca agli ucraini
Tre anni nella politica odierna sono un tempo lungo e anche se i commenti odiosi non sono completamente scomparsi, una ministra di origini bosniache non fa più così scalpore. “Gli odiatori sono comunque sempre stati una minoranza, anche se vocale. C’era anzi moltissima gente che in quelle prime settimane chiamava il ministero per dire: noi sosteniamo la ministra. E non solo dalle città, ma anche dalle zone rurali, chiamavano e dicevano: "L’Austria non è quello che scrivono questi piccoli gruppi di odiatori. Voglio dirlo perché voglio incoraggiare altri giovani a non guardare solo a questi gruppi, ma alla maggioranza".
Oggi i profughi sono altri: provengono dall’Ucraina (anche un lembo di quel paese, una volta, faceva parte dell’impero) e qualcuno anche dalla Russia. Fuggono da un conflitto che ricorda un po’ quello della ex-Jugoslavia, con l’aggiunta della bomba atomica. L’Austria ne ha accolti oltre 80 mila, su una popolazione di circa nove milioni di abitanti. Zadić dice che la mobilitazione popolare per loro è forte e non si avvertono segni di fatica. In realtà c’è – come un po’ ovunque in Europa - sia chi si prodiga per trovar loro un tetto e chi si lamenta del fatto che viaggino gratis sui treni o che fino al primo luglio scorso le loro auto fossero esentate dal pagamento del parcheggio nella capitale.
Non è dato sapere, oggi, se tra le bambine bionde che danno la mano alle loro madri sulle pensiline della stazione di Vienna ci sia una futura ministra austriaca. Alma Zadić attende con impazienza il giorno in cui tutto questo non sarà più davvero importante. “C’è sempre qualcuno che deve andare per primo. Ma poi che ti giudichino per le tue idee”.