La storica Anna Bravo, morta di recente a Torino, ha dedicato la sua vita a studi su guerra, nazismo e fascismo e in particolare alla storia delle donne e dei movimenti politici del ‘900. Uno dei suoi libri uscì con una famosa foto scattata a Sarajevo dal giornalista Mario Boccia che qui la ricorda
Sono sicuro che alla notizia della morte improvvisa di Anna Bravo molti avranno pensato alla perdita del suo sorriso, come prima cosa. Non mi permetto di raccontare quanto importante sia stata la sua vita e il suo pensiero. Vorrei aggiungere solo una piccola storia personale ai ricordi di chi ha avuto la fortuna di frequentarla più di me.
Ho avuto il privilegio di essere l’autore della foto che scelse come copertina del suo libro “La conta dei salvati – dalla grande guerra al Tibet: storie di sangue risparmiato ” (Laterza 2013).
Fu Manuela Fugenzi - docente di fotogiornalismo, curatrice indipendente, autrice di monografie e giornalista photo editor nell'editoria libraria e periodica - a cercarmi per chiedermi di pensare ad una immagine che potesse andare bene per quella copertina. “Questo è un libro adatto a te”, mi disse, inviandomi l’indice e stralci del testo che riguardavano luoghi che avevo frequentato.
La curatrice della copertina, Raffaella Ottaviani, fece due belle ipotesi grafiche usando le foto che avevo selezionato e Anna Bravo scelse questa. Mi colpì la motivazione della scelta: “In questa foto c’è un’indifesa che difende qualcuno più indifeso di lei”.
“La conta dei salvati” fu poi presentato alla Camera dei Deputati, nella sala Aldo Moro. Un evento organizzato dal deputato Giulio Marcon e dal gruppo dei “parlamentari per la pace”. C’era anche lo scrittore e giornalista Alessandro Leogrande.
Dopo l’incontro ci fermammo al bar sulla piazza a parlare del libro e del leader kosovaro albanese Ibrahim Rugova, al quale Anna aveva dedicato molte pagine del suo libro e che avevo incontrato nel giugno del 1992 a Pristina. Le raccontai anche della straordinaria esperienza della cooperativa agricola “Insieme”, fatta da donne bosniache (serbe e musulmane) nata nel luogo più improbabile per immaginare una riconciliazione: quella del genocidio di Srebrenica.
Il 19 maggio 2013 il libro fu presentato al Salone del Libro di Torino , dove successe un’altra cosa fuori dall’ordinario. Giuseppe Laterza mi invitò a salire sul palco accanto a Marco Revelli e Anna Bravo, per raccontare la storia di quella foto di copertina al pubblico presente nella sala rossa del Lingotto.
Raccontai della bambina Benazir incontrata sulla collina di Debelo Brdo, poco sopra il cimitero ebraico a Sarajevo. Lì era la sua casa, o meglio quello che ne restava, vicina com’era alle trincee di prima linea. La guerra era appena conclusa e Benazir aveva trascorso più di metà della sua vita in quell’inferno.
Giocava in modo ordinato, costruendo ambienti dove collocare il suo bambolotto (come fa oggi mia figlia). Era all’aperto, cioè su quel che restava del piano superiore della sua casa senza tetto, ma si toglieva le scarpe, seguendo la tradizione, per entrare in quello che aveva stabilito essere l’interno della sua casa immaginaria. Benazir era davvero molto protettiva verso il suo bambolotto. Anna aveva visto giusto. Leggete quel libro per ricordarla o scoprirla.
ps: si può essere prestigiosi intellettuali, autori, editori, grafici e photo-editor, anche rispettando il lavoro dei fotografi.