Oggi alle 16.00, presso la prima sezione del Tribunale Penale Internazionale per la ex Jugoslavia, ha inizio il processo contro Radovan Karadžić. L'imputato è stato trasferito in Olanda nelle prime ore della mattinata di ieri. Le posizioni di accusa e difesa
"Radovan Karadžić è ora sotto la custodia del Tribunale Penale Internazionale per la ex Jugoslavia. Dopo 13 anni di latitanza, questa mattina ieri, ndr è giunto nei Paesi Bassi ed è stato trasferito presso l'Unità di Detenzione delle Nazioni Unite all'Aja." Serge Brammertz, il successore di Carla Del Ponte alla guida della Procura del Tribunale Internazionale (TPI), ha chiuso così, con poche parole, il controverso capitolo della latitanza dell'ex leader serbo bosniaco.
Gli ultimi giorni, a Belgrado, erano stati segnati da un sussulto di proteste, culminate negli incidenti di martedì sera con 46 feriti al termine di una manifestazione di circa 10.000 persone. Né la piazza né la strategia dell'avvocato di Karadžić, Svetozar Vujačić, che ha cercato fino all'ultimo di ritardare i tempi dell'estradizione, hanno tuttavia modificato la determinazione mostrata in questa occasione dal governo e dalla magistratura serba. La Corte per i Crimini di Guerra di Belgrado, trascorsi i termini di legge, ha infine deciso per il trasferimento all'Aja.
Ora si apre un capitolo nuovo, non privo di difficoltà. I giudici internazionali dovranno rendere giustizia alle migliaia di vittime della politica di Karadžić e, allo stesso tempo, garantire all'imputato la possibilità di godere di tutti i diritti che gli sono attribuiti in base allo Statuto e alla prassi del TPI. Incluso quello di difendersi da solo. Il rischio, che tutti hanno ben presente, è quello di una riedizione del processo Milošević.
L'ex presidente serbo, attraverso una efficace opera di continuo rinvio e dilatazione dei tempi processuali, e grazie ad una difesa personale abile nel trasferire sul piano del discorso politico la questione delle responsabilità giuridiche, riuscì a prolungare per anni i tempi del dibattimento, complici anche le sue precarie condizioni di salute. L'improvvisa morte dell'imputato nel 2006, dopo 4 anni di processo, lasciò le vittime senza una sentenza e molte domande senza risposta. Il parallelo con la situazione attuale non è teorico, anche perchè la difesa ha già dichiarato l'intenzione dell'imputato Karadžić di difendersi da solo.
Oggi, alle 16.00, secondo la decisione del presidente del Tribunale, l'italiano Fausto Pocar, Karadžić dovrà presentarsi di fronte ai giudici della prima Camera del TPI, presieduta dal giudice Alphons Orie.
L'ex leader politico dei serbi bosniaci è accusato di alcuni dei crimini più gravi previsti dal diritto internazionale: genocidio, crimini contro l'umanità e crimini di guerra. Deve rispondere della pulizia etnica commessa ai danni della popolazione non serba della Bosnia Erzegovina, della campagna di terrore orchestrata ai danni della popolazione civile di Sarajevo, dell'assassinio di oltre 8.000 bosniaco musulmani a Srebrenica nel luglio del '95, un fatto già qualificato come genocidio sia dal Tribunale per la ex Jugoslavia che dalla Corte Internazionale di Giustizia.
Il primo atto di accusa contro di lui reca proprio la data del luglio '95. L'ultimo, emendato, è del 2000. Il procuratore Brammertz ha dichiarato che il suo gruppo di lavoro sta attualmente lavorando ad una revisione dell'atto di accusa che permetta di prendere atto "dei fatti già stabiliti dal Tribunale e delle prove raccolte nel corso degli ultimi 8 anni".
Brammertz ha aggiunto che "si tratterà di un processo complesso... Per provare questi crimini la Procura dovrà presentare un grande numero di prove, comprese le deposizioni di molti testimoni."
Ma quanto sarà il tempo a disposizione dei giudici? Il mandato del TPI, secondo quanto stabilito dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, scade nel 2010. La portavoce del Tribunale, Nerma Jelačić, ha recentemente dichiarato che "il TPI sta attualmente lavorando insieme al Consiglio di Sicurezza per definire una strategia che gli permetta di portare a termine il proprio mandato. La nostra posizione è che il Tribunale non deve chiudere prima di aver arrestato i ricercati ancora latitanti all'appello mancano Goran Hadzić e il generale Ratko Mladić e concluso i processi in corso."
Da oggi Karadžić ha 30 giorni di tempo per dichiararsi colpevole o innocente. In passato ha già detto di respingere tutte le accuse e di non riconoscere l'autorità del Tribunale. L'intenzione è dunque quella di seguire le orme di Milošević. Resta da vedere quanto spazio di manovra gli concederanno i giudici.
Questo articolo viene pubblicato oggi da Osservatorio sui Balcani e Il Riformista