I Bijelo Dugme potrebbero essere definiti i Rolling Stones dei Balcani. Dopo 15 anni si sono riuniti nuovamente per tre concerti: Sarajevo, Zagabria, Belgrado. Il 15 giugno scorso la "prima" è stata per la loro città, la capitale della Bosnia Erzegovina. Ed alle note di "Tajna veza", legame segreto - che non si è mai interrotto - il pubblico è andato in delirio
È il giorno dopo. Sarajevo si risveglia dopo la lunga notte del concerto dei Bijelo Dugme. 3 ore di show allo stadio Kosevo, nel concerto del decennio, come è stato definito dalla stampa locale. Il concerto dei Bijelo Dugme è stato senz'altro dopo gli U2 il più importante concerto del dopoguerra a Sarajevo.... ma forse, per la particolare importanza che i Bijelo Dugme hanno per i sarajevesi e i bosniaci in genere, questo è stato il "concerto".
Eppure la vigilia non è stata scevra di tensioni e problemi. Con Goran Bregovic, uno delle colonne del gruppo e Sarajevo, c'è un rapporto di amore-odio. Per i sarajevesi è difficile perdonare la scelta dell'artista sarajevese di trascorrere il periodo della guerra a Belgrado e di non aver fatto nessun gesto in favore di Sarajevo sotto assedio. E viene invece rimproverato all'artista il fatto di aver tenuto un concerto a Belgrado in favore delle vittime di tutte le guerre non appena iniziarono i bombardamenti in Kossovo e Serbia. In una lunga intervista a Dani, Bregovic spiega la sua posizione di artista dicendo di non aver voluto suonare per la Sarajevo di Alija Izetbegovic e che come artista riteneva di esser più utile componendo musica piuttosto che trasportando acqua nella Sarajevo assiedata. Le sue dichiarazioni non passano inosservate e inducono una reazione dei Berretti Verdi una delle formazioni militari della difesa di Sarajevo, che chiedono apertamente che il concerto venga cancellato. Nel corso della notte alcuni poster vengono sfregiati e qualcuno scrive "Izdajnik" (traditore) sul volto di Bregovic. Il culmine avviene martedì quando una telefonata anonima proveniente dalla Svezia annuncia la presenza di una bomba all'Holiday Inn, dove alloggia la band. L'hotel viene evacuato, ma della bomba nessuna traccia. Il tentativo è chiaro di creare tensione facendo riferimento ad episodi avvenuti durante la guerra nell'intento di rovinare la festa. Un lucido editoriale di Senka Kurtovic su Oslobodjenje condanna questi episodi e dice che non bisogna difendere Sarajevo da Goran Bregovic o dai Bijelo Dugme, ma che Sarajevo va difesa da coloro che ancora al giorno d'oggi impediscono a Sarajevo di essere una città. Questo episodio riassume alla perfezione il dilemma della Sarajevo moderna, naturalmente propensa ad essere una città cosmopolita e tollerante ma ancora segnata dalle cicatrici e dai traumi subiti durante la guerra che "i soliti noti" vogliono sfruttare a dovere per impedire il processo di riconciliazione.
Si cerca di capire se questi episodi guastino la festa oppure meno. I bagarini sono una fonte di utili informazioni. I giorni prima del concerto i biglietti erano saliti di prezzo, da 20 KM a oltre 40 secondo quanto si diceva. Il giorno del concerto i biglietti si vendono ancora per le strade di Sarajevo e il prezzo è sceso a 20 marchi convertibili di nuovo. Qualche bagarino conferma che sì l'interesse è infatti diminuito, ma che comunque si aspettano oltre 50,000 persone al concerto. L'ora del concerto si avvicina. La zona attorno allo stadio viene interdetta al pubblico e l'afflusso inizia già alle tre del pomeriggio. Autobus e corriere iniziano ad arrivare da tutte le parti della Bosnia. Verso le 6 ci si comincia ad assiepare di fronte al palco, sotto la pioggia scrosciante. È sorprendente vedere la giovane età degli spettatori. I "Bijelo Dugme" hanno tenuto l'ultimo concerto a Sarajevo 15 anni fa, quando moltissimi dei presenti avevano pochissimi anni. Eppure dietro a noi ci sono Jana e Jelena che hanno appena finito il ginnasio al centro scolastico cattolico di Sarajevo. Sono emozionate, per loro i Bijelo Dugme si possono senz'altro paragonare ai Rolling Stones dei Balcani, ma ci dicono apertamente che no, non si tratta di "jugonostalgija" quella appartiene al passato. Eppure un loro coetaneo lì vicino, tra il serio e il faceto, dice che forse i Bijelo Dugme riusciranno a fare quello che la presidenza non riesce a fare, cioè a mettere d'accordo il paese.
Pian piano lo stadio si riempie e alla fine gli spettatori saranno tra i 60 e i 70.000. Il concerto inizia poco dopo le 9 e subito le polemiche dei giorni precedenti diventano solamente un ricordo. Il gruppo appare in gran forma, dopo 15 anni dall'ultimo concerto e la risposta del pubblico è più che adeguata. Si canta, si balla, si salta, trascinati dall'entusiasmo della band, che da veri maestri del palcoscenico ripercorrono i successi della loro carriera. I cantanti si alternano, inizia Mladen Vojcic Tifa, gli succede poi Alen Islamovic e infine la parte da leone spetta a Zeljko Bebek, il primo cantante del gruppo, che a 60 anni compiuti appare in forma smagliante e il pubblico va in delirio. Tutti sanno le parole e cantano all'unisono col gruppo. Nelle pause del concerto sugli schermi giganti si susseguono le immagini che hanno accompagnato i Bijelo Dugme, quelle della Jugoslavia degli anni 70 e 80, immagini di concerti, stelle rosse, gerarchi di partito, scene di vita quotidiana di allora. Il rock pastorale, come era stato definito, ritorna prepotentemente sulla scena e il gruppo sfoggia tutti i suoi hit migliori. Bregovic ad un certo punto, si rivolge al pubblico e dice "Se vi chiederanno se siete stati al concerto rispondete "Sì, ci siamo stati. Loro erano assieme e noi eravamo assieme e abbiamo cantato alcune vecchie canzoni". Parte un applauso e il gruppo canta "Tajna veza", il legame segreto. Il pubblico naturalmente canta all'unisono e sancisce il trionfo del gruppo tornato sulla scena dopo 15 anni.
Il successo del concerto e le prossime date a Zagabria e Belgrado sono uno dei tanti segnali del progressivo riavvicinamento delle repubbliche ex-Jugoslave, che è in atto da alcuni anni oramai e che avviene principalmente nel campo culturale e sociale. Come a testimoniare l'esistenza di uno spazio culturale comune che esiste al di là dei confini e che racchiude Croazia, Bosnia e Serbia e Montenegro. Spazio culturale che si fonda essenzialmente su una comunità linguistica e un passato comune, che è sopravvissuto ai conflitti e che ora sta riemergendo in modo deciso. E questo fa riflettere: questo riapparire di uno spazio comune contrasta nettamente con la scena politica, dove, soprattutto in Bosnia, non si riesce a trovare un'idea che riesca a ricomporre lo spazio politico fratturato lungo le linee etniche. Il contrasto tra spazio politico e spazio culturale e della vita quotidiana risulta evidente in occasioni come il concerto dei Bijelo Dugme. I Bijelo Dugme hanno messo tutti d'accordo nello stadio, facendo fallire i tentativi di strumentalizzare il loro concerto. Nella sfera politica questo non avviene e i vecchi giochi tra partiti nazionalisti sono ancora la regola. E viene da chiedersi allora se forse la soluzione ai problemi politici non debba venire dall'esterno, da quella spazio sociale e culturale che rifiuta tuttora le divisioni del paese e la politica che le ha create. Ma questa è un'altra storia ...