Le recenti azioni intraprese da Christian Schmidt, Alto rappresentante in Bosnia Erzegovina, hanno lasciato molti perplessi sulle sue reali buone intenzioni, tanto da augurargli l’immediata partenza
(Originariamente pubblicato sul portale Tačno , il 10 ottobre 2022)
L’unica certezza, a elezioni finite, è che siamo tutti pervasi da un senso di vuoto e dalla sensazione che certi concetti e idee siano ormai logori, a partire dai concetti di stato, democrazia, multiculturalismo, ma anche dall’idea stessa di Europa. Eppure, i sondaggi dimostrano che la maggior parte dei cittadini della Bosnia Erzegovina vuole che il nostro paese divenga membro dell’Unione europea il prima possibile. Viene però da chiedersi quanta rilevanza rivestano ancora tali sentimenti dopo le ultime elezioni che hanno dimostrato inequivocabilmente che la mia generazione non vedrà mai una Bosnia Erzegovina civica e democratica. Quindi, l’apatia politica è alla base di molte cose brutte a cui oggi assistiamo. Temo però che il peggio debba ancora arrivare.
Sono tra quelli che hanno sempre appoggiato il meccanismo dei poteri di Bonn come uno strumento, messo a disposizione dell’Alto rappresentante, capace di liberarci dalla marmaglia nazionalista, corrotta e criminogena che ci governa. Del resto, tutto ciò che c’è di buono, intelligente, europeo e liberale in questo paese è frutto delle decisioni imposte dall’Alto rappresentante della comunità internazionale in Bosnia Erzegovina. Tuttavia, l’assunzione di questo incarico da parte del signor Schmidt, così come le sue decisioni ed esternazioni pubbliche, possono rallegrare solo gli etnonazionalisti.
In America un uomo il cui secondo nome è Hussein è stato eletto ben due volte capo dello stato. Da noi invece l’Alto rappresentante Schmidt, ricorrendo ad un linguaggio volgare, ridicolizza la possibilità che, come ha detto, un certo “Ahmet Ahmetović” possa essere di origine croata! Alla fine del 2020 i cittadini di origine straniera, con nomi diversi da quelli tipicamente tedeschi, costituivano circa il 40% della popolazione residente nella città di Colonia, che all’epoca contava 1.088.000 abitanti. Se il signor Schmidt dovesse farsi beffe, di fronte all’opinione pubblica tedesca, del senso di appartenenza dei cittadini di origine straniera alla nazione tedesca, come se la passerebbe e quale incarico pubblico gli verrebbe poi affidato? Come il signor Schmidt spiegherebbe che un politico di origini turche, Cem Özdemir, ex leader dei Verdi tedeschi, attualmente ministro nel governo Scholz, può essere tedesco e un “Ahmet Ahmetović” invece non può essere croato? Come spiegherebbe il fatto che Mesut Özil e Ilkay Gündogan sono diventati fuoriclasse della nazionale di calcio della Germania?
L’arroganza con cui il signor Schmidt si rivolge all’opinione pubblica bosniaco-erzegovese e che emerge anche dal suo atteggiamento nei confronti di alcuni politici locali (tra cui il leader del Fronte democratico) è inferiore solo al suo livello di cultura generale e alla sua conoscenza non solo della Bosnia Erzegovina, ma anche delle teorie e dei concetti sociologici e politici di base. Il tono di voce con cui ha risposto ad una domanda che recentemente gli è stata rivolta, in modo educato, da una giornalista a Goražde è paragonabile solo a quello utilizzato dai “paladini” del dialogo “educato” con la stampa, come Aleksandar Vučić, Milorad Dodik e Zoran Milanović. Schmidt, innervosito, sta cercando di compensare la mancanza di argomenti che possano corroborare le sue risposte con urla volgari con cui si scaglia contro i giornalisti, insultando e denigrando i suoi interlocutori. Lo ha fatto anche durante una recente intervista rilasciata all’emittente Al Jazeera Balkans.
Avvalorando gli stereotipi sui Balcani, Schmidt si comporta in linea con quel detto che recita: “A Roma fai come i romani”. Se avesse letto Orientalismo di Edward Said, Schmidt avrebbe potuto riconoscersi in quest’opera fondamentale [degli studi postcoloniali, ndt].
Se c’è qualcuno che il Partito di azione democratica (SDA), l’Unione democratica croata (HDZ) e l’Unione dei socialdemocratici indipendenti (SNSD) dovrebbero ringraziare per i risultati ottenuti alle recenti elezioni, quello è Christian Schmidt. La sua intenzione – scongiurata grazie alle proteste dei cittadini – di acuire ulteriormente la divisione etno-territoriale della Bosnia Erzegovina ha portato vento in poppa, durante la campagna elettorale, a tutte e tre le oligarchie etno-nazionaliste, criminali e corrotte (SDA, HDZ e SNSD). L’Alto rappresentante non ha letteralmente mosso un dito per implementare almeno una delle cinque sentenze [riguardanti l’ordinamento politico e costituzionale della BiH] emesse dalla Corte europea dei diritti dell’uomo (“Sejdić-Finci”, “Zornić”, “Pilav”, “Šlaku” e “Pudarić”), focalizzandosi invece sull’attuazione di una sentenza con cui la Corte costituzionale della BiH ha accolto un ricorso presentato da Božo Ljubić [relativo alla procedura di elezione dei deputati della Camera dei popoli della Federazione BiH, ndt], nonostante questa sentenza – come hanno più volte sottolineato Valentin Inzko, predecessore di Schmidt nel ruolo di Alto rappresentante, e Joseph Marko, professore austriaco ed ex giudice della Corte costituzionale della BiH – sia già stata attuata.
Uno dei principali problemi della Bosnia Erzegovina risiede nel fatto che l’Occidente sin dal 1992 sta cercando di risolvere le grandi sfide politiche e di sicurezza della BiH violando il diritto internazionale e imponendo meccanismi costituzionali e giuridici che non esistono in nessun’altra parte del mondo. Tutto iniziò con l’embargo sulle forniture militari [alla BiH] necessarie per difendere il paese (immaginiamo per un attimo cosa sarebbe accaduto se l’Occidente avesse assunto nei confronti dell’Ucraina lo stesso atteggiamento che nel 1992 aveva assunto nei confronti della BiH), per culminare nel genocidio commesso in una “zona protetta dall’Onu”. La difesa eroica della BiH dal nazionalismo egemonico dei suoi vicini è stata “ricompensata” dall’Occidente con la Costituzione della BiH, un documento discriminatorio firmato a Dayton che ha premiato gli aggressori della BiH?! Da allora l’impegno dell’Occidente in Bosnia Erzegovina ha attraversato diverse fasi e Christian Schmidt, con le modifiche introdotte alla legge elettorale, ha riportato questo impegno indietro alla sua fase peggiore: affrontare i problemi politici ricorrendo alla violenza costituzionale e giuridica. Ormai è perfettamente chiaro che l’obiettivo di Schmidt non era quello di attuare né le sentenze della Corte europea dei diritti dell’uomo né quelle della Corte costituzionale della BiH, bensì di esaudire le richieste dell’HDZ. Si tratta di richieste ben note, la cui sostanza però viene abilmente mascherata da false affermazioni sulle discriminazioni a cui sarebbero esposti i croati [in BiH], ma anche da manipolazioni nell’interpretare suddette sentenze. Le principali richieste [dell’HDZ] si basano sull’idea secondo cui nessun croato in BiH può essere considerato legittimo rappresentante del popolo croato se non appartiene all’HDZ o ad uno dei partiti ad esso affiliati, membri dell’Assemblea popolare croata della BiH, nonché sul tentativo di consolidare la posizione egemonica dell’HDZ all’interno del gruppo dei delegati croati alla Camera dei popoli sia a livello della Federazione BiH sia a livello centrale.
Quello che il signor Schmidt non ha capito (l’unica spiegazione alternativa è che sia incredibilmente malevolo) è il fatto che [con le sue recenti decisioni] ha nuovamente trascinato la Bosnia Erzegovina, e se stesso, nella peggiore palude dell’etnonazionalismo bosgnacco-croato-serbo. Condiscendendo al volere dell’HDZ e del governo di Zagabria (un comportamento che il premier croato Andrej Plenković ha pubblicamente elogiato), l’Alto rappresentante ha indicato la strada da seguire per realizzare obiettivi politici estremi: essere sfacciati, maleducati, spericolati, pronti ad insultare e lanciare apertamente minacce di violenza. L’Occidente moderno è considerato superiore al resto del mondo anche perché, quando deve fare i conti, nel proprio cortile di casa, con problemi simili a quelli con cui si confronta la BiH, tende a risolverli attenendosi fermamente alle norme, ossia agli standard e alle sentenze internazionali, nonché alle carte costituzionali e alle leggi.
Mi limito a citare un solo esempio che illustra il caos in cui Schmidt sta trascinando la Federazione BiH. Tra le “soluzioni” imposte da Schmidt vi è anche quella secondo cui “il presidente della Federazione e il premier/capo del governo non possono appartenere allo stesso popolo costituente”. Pur essendo il signor Schmidt, almeno formalmente, Alto rappresentante per l’(intera) Bosnia Erzegovina – quindi il suo mandato non è limitato alla risoluzione dei problemi tra i partiti politici che sostengono di rappresentare i bosgnacchi e i croati – la soluzione di cui sopra non è stata accompagnata da una simile misura in Republika Srpska: sin dalla firma degli Accordi di Dayton, nella più piccola delle due entità che compongono la BiH tutte le principali cariche istituzionali – presidente della RS, capo del governo e presidente del parlamento – sono ricoperte esclusivamente dai membri del popolo serbo!
Occorre sottolineare che la Corte costituzionale della BiH ha stabilito (con una sentenza a cui si è arrivati grazie anche all’impegno dell’ex presidente della corte Kasim Begić, e nonostante l’opposizione dei giudici serbi e croati) che tutti i membri dei “popoli costituenti” godono degli stessi diritti sul territorio dell’intera Bosnia Erzegovina. Allora come si spiega il fatto che in una delle due entità del paese i membri del popolo che costituisce la maggioranza della popolazione in quella entità possono ricoprire tutte le principali cariche istituzionali, mentre nell’altra entità ciò non è possibile? Oppure: com’è possibile che durante la formazione del governo della Federazione BiH si tenga conto dei dati del censimento del 1991 e per l’elezione della Camera dei popoli dell’Assemblea parlamentare della FBiH vengano invece utilizzati i dati del censimento del 2013?
Indovinate a quale partito giova questa strategia! Anche la Russia è contenta delle modifiche alla legge elettorale della BiH imposte da Schmidt. È la prima volta – vale la pena sottolinearlo – che la Russia non ha criticato l’utilizzo dei “poteri di Bonn” da parte dell’Alto rappresentante in BiH. Dall’altra parte, l’Unione europea e l’Alto rappresentante per la politica estera europea Josep Borrell hanno apertamente preso le distanze dalla decisione irragionevole di Schmidt [di introdurre alcuni emendamenti alla legge elettorale della BiH poco dopo la chiusura dei seggi alle elezioni dello scorso 2 ottobre, ndt].
Alla domanda rivoltagli qualche tempo fa da un giornalista, che gli ha chiesto di commentare il coinvolgimento di uno dei suoi più stretti collaboratori in attività criminali, Bakir Izetbegović, leader dell’SDA, ha risposto: “Sì, e allora?”. Anche Schmidt ha utilizzato toni simili rispondendo alle domande in merito alla decisione dell’UE di distanziarsi dalle sue recenti scelte, affermando: “Sono tenuto a rispettare [l’Accordo di] Dayton e non le decisioni dell’Unione europea”.
Reagendo, del tutto legittimamente, ad una recente intervista rilasciata da Christian Schmidt al [quotidiano zagabrese] Večernji list – in cui l’Alto rappresentante ha dichiarato, tra l’altro, di essere “un tedesco razionale” – Amra Šabić El-Rayess, rinomata professoressa presso la prestigiosa Columbia University di New York, ha affermato che la posizione espressa da Schmidt è una vergogna che grava sulla comunità internazionale. Nel corso dell’intervista in questione l’Alto rappresentante ci ha fatto sapere che “la Bosnia Erzegovina non può essere un paradiso sulla terra”.
È difficile non rimanere sconcertati di fronte ai pregiudizi e stereotipi incarnati dal signor Schmidt che, durante quella intervista imperniata su una retorica neocolonialista, ha fatto intendere di considerare se stesso, in quanto di origine tedesca, superiore ai cittadini della Bosnia Erzegovina. L’unica scelta razionale che il signor Schmidt può compiere – e la razionalità, come sostiene lui stesso, è una delle caratteristiche che lo contraddistinguono – è quella di tornare il prima possibile a casa, nel suo paradiso, e lasciare in pace la Bosnia. Prima che sia troppo tardi.