I dimostranti si stanno organizzando in Forum civici nei diversi centri coinvolti dalle proteste. Contromanifestazioni in Republika Srpska. A Sarajevo oggi arriva il ministro degli Esteri turco, Ahmet Davutoğlu
Centinaia di persone hanno bloccato anche ieri le strade principali di Sarajevo, mentre dimostrazioni si svolgevano a Tuzla, Zenica, Mostar, Brčko, Orašje, Bugojno, Zavidovići, Livno, e in altri centri minori. A Srebrenica una cinquantina di persone si è radunata di fronte al Comune in solidarietà con le manifestazioni nel resto del paese, incontrandosi con il sindaco, Ćamil Duraković. I manifestanti si stanno organizzando in assemblee di cittadini e cittadine (Plenum) nelle diverse città che partecipano alle proteste. A Sarajevo, dove nella giornata di ieri anche i lavoratori dei trasporti (GRAS) si sono uniti ai dimostranti, il primo Plenum è stato convocato per oggi pomeriggio presso il Centro per la Decontaminazione Culturale. Il punto più avanzato delle proteste sembra restare Tuzla, per la chiarezza delle richieste rivolte alle istituzioni e la concretezza delle proposte.
I social network stanno svolgendo in queste ore un ruolo decisivo nel sostenere le mobilitazioni e far circolare l'informazione. Alcuni portali, come Bosnia-Herzegovina Protest Files , sono stati creati ex novo per pubblicare le richieste dei dimostranti, i comunicati di sostegno che giungono dal resto della regione, analisi e in generale per far conoscere quanto sta avvenendo in Bosnia anche fuori dal paese.
I leader di alcuni fra i principali partiti della Federazione, in particolare il partito socialdemocratico SDP e l'SDA di Bakir Izetbegović, stanno cercando di rispondere alle richieste di dimissioni avanzate dai manifestanti (in particolare di quelle del premier dell'entità, Nermin Nikšić, che rifiuta di andarsene) proponendo elezioni anticipate. La proposta però non sembra fare breccia tra i dimostranti, consci che difficilmente una nuova tornata elettorale potrebbe cambiare significativamente la situazione del paese.
Dopo le iniziative di Belgrado e Zagabria, ieri è arrivato nella capitale il ministro degli Esteri turco, Ahmet Davutoğlu, che oggi incontrerà i rappresentanti della presidenza (Komšić, Izetbegović e Radmanović), il suo omologo Zlatko Lagumdžija e il capo della comunità islamica in Bosnia Erzegovina, il reis ulema Husein Kavazović. Davutoğlu incontrerà anche l'Alto Rappresentante della comunità internazionale, Valentin Inzko.
La situazione in RS
A Prijedor e Bijeljina, in Republika Srpska (RS) le manifestazioni sono state accompagnate da contro manifestazioni, di sostegno al governo. I contro-manifestanti di Bijeljina hanno inneggiato a Ratko Mladić , ex generale dell'esercito serbo bosniaco sotto processo all'Aja per genocidio e crimini di guerra, incitando gli altri ad “andarsene a vivere a Sarajevo”.
Il presidente della RS, Milorad Dodik, continua a sostenere che le proteste sono un fenomeno bosniaco musulmano il cui vero obiettivo è quello di destabilizzare la parte serba del paese. I principali media dell'entità, incluso Glas Sprske, hanno ampiamente appoggiato questa tesi alimentando un generale sentimento di insicurezza.
Srđan Puhalo, un attivista che ha partecipato alle manifestazioni in RS, intervistato dal portale informativo BIRN ha dichiarato che “[in Republika Srpska] è più facile essere povero e affamato, piuttosto che essere considerato un traditore”, dando voce al sentimento di paranoia etnica diffuso per cercare di limitare il diffondersi delle proteste.
In realtà la questione sociale, la svendita del patrimonio pubblico e la disoccupazione sono fenomeni altrettanto evidenti in RS che nella Federazione. Non tutti, infatti, sembrano condividere le parole di Dodik sulla natura delle manifestazioni. L'associazione dei veterani della RS, in particolare, ha rilasciato una dichiarazione nella quale si afferma che “il tono minaccioso del presidente della RS […] è diretto a preservare con ogni mezzo possibile uno Stato fondato sul crimine, la corruzione, il nepotismo e su di un disastroso sistema educativo”, e i veterani chiedono alle autorità di indagare “sulle privatizzazioni criminali e di portare alla sbarra i magnati che hanno creato imperi nel nostro paese al prezzo della sofferenza dei lavoratori, manipolando tutti noi.”