Un'inchiesta realizzata dal due giornalisti del portale bosniaco Žurnal mette in luce lo scandalo dei diplomi falsi e la scarsa attenzione prestata a questo fenomeno da parte degli organi giudiziari
(Originariamente pubblicato dalla Deutsche Welle , il 30 gennaio 2019)
Trovare lavoro in Bosnia Erzegovina, un paese schiacciato dalla burocrazia, disoccupazione e crisi economica, è come vincere alla lotteria. Per coloro che possiedono un titolo di studio è un po’ più facile trovare un impiego, ma i datori di lavoro raramente si chiedono come sia stato conseguito il diploma, ovvero se sia accompagnato da adeguate competenze.
Da ormai molto tempo, più precisamente dalla fine della guerra degli anni Novanta, in cui sono andati distrutti e smarriti numerosi diplomi, attestati e registri di molte scuole superiori e università, è un segreto di pulcinella che in Bosnia Erzegovina molte persone hanno conseguito un titolo di studio in modo illecito.
Sembra che negli ultimi 24 anni il business dei diplomi veloci sia stato portato alla perfezione. Un’inchiesta su questo argomento, realizzata da Azra Omerović e Avdo Avdić, giornalisti del portale Žurnal, ha suscitato una vera e propria bufera, dimostrando come la criminalità organizzata e la corruzione arrivino fino alle più alte istituzioni statali ed evidenziando tutte le debolezze del sistema giudiziario bosniaco-erzegovese.
Conseguire un diploma senza sostenere nemmeno un esame
Il piano era semplice. Nel tentativo di ottenere un diploma falso, ovvero veloce, la giornalista Azra Omerović ha contattato un uomo, una persona che fungeva da tramite, e in poco più di due settimane, senza aver assistito a una sola lezione e senza aver superato alcuna prova, ha ricevuto il diploma di tecnico sanitario rilasciato dalla Scuola superiore di Sanski Most.
“Qui non si tratta solo di diplomi di scuola superiore. Quello stesso Senad Pehlivanović ci ha offerto anche un diploma di laurea. Potevamo scegliere la facoltà”, dice alla Deutsche Welle il giornalista del Žurnal Avdo Avdić.
“Se avessimo avuto più tempo e risorse a disposizione, avremmo potuto ottenere il diploma di laurea della Facoltà di Giurisprudenza, senza dover assistere ad alcuna lezione e senza dover sostenere alcun esame. E poi con quella laurea probabilmente saremmo riusciti a trovare un impiego come collaboratori presso qualsiasi organo giudiziario in Bosnia Erzegovina. Abbiamo le prove che alcune persone attualmente impiegate nelle istituzioni giudiziarie si sono laureate in questo modo presso la Facoltà di Giurisprudenza o uno degli istituti di istruzione superiore, dove peraltro lavorava anche Senad Pehlivanović ”, afferma Avdić.
Il fenomeno della criminalità organizzata
Stando alle sue parole, il problema è molto più profondo di quanto si pensi, perché si tratta evidentemente di “una criminalità ben organizzata che opera sotto l’egida della stato e con la tacita approvazione degli organi giudiziari”.
“Senad Pehlivanović è un dipendente pubblico il cui compito era solo quello di mediare tra soggetto erogatore e destinatario del diploma. Si potrebbe dire che era un commercialista, mentre le vere menti dell’intera operazione sono da ricercare negli assetti proprietari di vari istituti di istruzione, ovvero nei partiti politici legati a questi istituti e da essi finanziati”, spiega Avdić.
Per quanto possa sembrare innocua, questa vicenda potrebbe avere conseguenze molto serie a lungo termine. Secondo Avdić, questo caso rivela l’esistenza di seri problemi che costituiscono una minaccia per l’intera società bosniaca. “Tra qualche anno, se non prima, potrebbe capitarvi di essere curati da un medico o giudicati da un giudice che ha conseguito il suo diploma in questo modo, e il paese potrebbe finire per essere governato da persone con un diploma conseguito in questo modo”.
Lo scandalo dei diplomi falsi non ha scosso solo la Bosnia Erzegovina, ma anche altri paesi della regione, dal momento che le controverse scuole superiori e università in Erzegovina, Bosnia centrale e Republika Srpska risultano attraenti anche per i cittadini dei paesi vicini. I giornalisti del Žurnal, insieme ai loro colleghi dell’emittente televisiva croata Nova Tv, sono venuti in possesso di alcuni documenti che dimostrano come un vigile del fuoco di Kostajnica in Croazia, che possiede un diploma di una scuola superiore di Široki Brijeg in Bosnia Erzegovina, non sia mai stato nel territorio bosniaco nel periodo di svolgimento degli esami.
Poco dopo lo scoppio dello scandalo dei diplomi falsi in Bosnia Erzegovina sono arrivate le reazioni anche da alcune organizzazioni croate, tra cui l’Associazione croata degli infermieri che ha sottolineato che in Croazia solo chi possiede adeguate competenze può lavorare come infermiere, mentre i “falsi” infermieri non riuscirebbero mai a soddisfare i loro severi criteri.
Anche altri paesi dell’Unione europea potrebbero trovarsi di fronte a falsi professionisti provenienti dalla Bosnia Erzegovina. La Germania resta una delle mete preferite dai bosniaco-erzegovesi che decidono di emigrare, e vi è una costante richiesta di personale medico-tecnico di diversi profili. Stando alle stime ufficiali, negli ultimi 10 anni dalla Bosnia Erzegovina sono emigrati circa 250.000 cittadini, ma il numero effettivo degli espatriati è probabilmente molto superiore.
Il trend emigratorio non accenna a diminuire, anzi sono sempre di più le persone, soprattutto giovani, che cercano in ogni modo di lasciare la Bosnia Erzegovina dove, stando ai dati della Banca mondiale, il tasso di disoccupazione si attesta al 20%, mentre il 17% della popolazione vive sotto la soglia di povertà. Molti cittadini bosniaco-erzegovesi scelgono di emigrare pur avendo un lavoro, perché percepiscono uno stipendio – spesso molto inferiore allo stipendio medio mensile che si aggira attorno ai 850 marchi (circa 430 euro) – che non è sufficiente a garantire nemmeno la mera sopravvivenza.
Servono indagini, non revisioni
È sorprendente che la vicenda dei diplomi falsi non abbia suscitato alcuna seria reazione da parte delle istituzioni bosniache né tanto meno la richiesta di dimissioni dei responsabili. L’unico a reagire è stato il Comitato per l’educazione, scienza, cultura e sport della Camera dei rappresentanti del parlamento della Federazione BiH, che ha lanciato un’iniziativa per la revisione dei titoli di studio dei propri membri.
Avdo Avdić ritiene che la revisione dei diplomi non sia sufficiente a risolvere la questione. “È ormai prassi diffusa tra i rappresentanti delle istituzioni statali lanciare iniziative per la revisione dei diplomi. Ma questo è l’ultimo dei problemi. La cosa fondamentale, secondo me, è sottoporre al controllo l’operato delle istituzioni che rilasciano questi diplomi. Se guardate i documenti, attestati e diplomi che siamo riusciti a ottenere, vedrete che vi è scritto che il destinatario del diploma si è iscritto regolarmente al corso prescelto, ha superato tutti gli esami e al termine del percorso di studio della durata di due anni ha ottenuto il diploma. Se qualcuno avesse esaminato uno di questi diplomi prima della pubblicazione della nostra inchiesta, non avrebbe notato nulla di strano”, afferma Avdić.
Stando alle sue parole, ciò che preoccupa di più è la debole reazione degli organi giudiziari. “Nessuna istituzione giudiziaria – tranne la procura del cantone Una-Sana che ha aperto un’inchiesta contro la scuola di Sanski Most e contro Senad Pehlivanović – ci ha chiesto di poter prendere visione del controverso diploma per accertare se si tratta di un reato di criminalità organizzata. La procura della Bosnia Erzegovina ci ha chiesto informazioni, comprese quelle relative alle nostre fonti, sulla base delle quali abbiamo sviluppato la nostra inchiesta, ma non ci ha chiesto il diploma”, spiega Avdić.
Aggiunge inoltre che il portale Žurnal continuerà a indagare sulla questione e a pubblicare quanto scoperto. Quello dei diplomi falsi non è il primo scandalo svelato dai giornalisti di questo media indipendente, il cui obiettivo è quello di mettere a nudo tutte le irregolarità, e soprattutto le collusioni tra potere politico e criminalità organizzata in Bosnia Erzegovina, che nell’ultimo indice di percezione della corruzione, stilato da Transparency International, occupa l’89° posto su un totale di 180 paesi presi in considerazione.