In Bosnia Erzegovina l'entità della Republika Srpska rifiuta ogni responsabilità nella gestione della crisi dei migranti e sfrutta l'occasione per fare propaganda. Intanto, nell'assenza di adeguate ed efficaci risposte dell'Ue e dei suoi stati membri, la situazione è destinata a peggiorare
Secondo quanto riportato da Radio Slobodna Evropa, dei 735 migranti e rifugiati ospitati nel campo di Miral, nei pressi di Velika Kladuša, nel nord-ovest della Bosnia Erzegovina, almeno 135 sono positivi al Covid-19.
Il campo di Miral, gestito dall’Organizzazione internazionale per le migrazioni (OIM), è uno dei sette campi di accoglienza per migranti in Bosnia Erzegovina, situati perlopiù nel cantone di Una Sana e nel cantone di Sarajevo, che attualmente ospitano oltre 4200 persone.
“Oltre ai campi sovraffollati, ci sono migliaia di persone che vivono nelle macerie e nei boschi. Fino a poco tempo fa 400 persone vivevano in un bosco, in tende fatte di sacchi per la spazzatura. Tutte queste persone hanno cercato di ottenere un posto in uno dei campi, ma non ci sono riuscite, perché i campi sono pieni”, spiega a OBCT Vanja Stokić, giornalista e caporedattrice del portale eTrafikadi Banja Luka che segue da vicino la situazione dei migranti e rifugiati in Bosnia Erzegovina e, insieme ad un gruppo di attivisti, aiuta le persone in movimento.
Tutti i centri di accoglienza per migranti e rifugiati in Bosnia Erzegovina si trovano nella Federazione BiH. Le autorità dell’altra Entità del paese, la Republika Srpska, continuano a impedire la creazione di campi per migranti sul proprio territorio. Recentemente dall’Ue sono di nuovo arrivate sollecitazioni affinché “la responsabilità in materia di migrazione venga condivisa” tra tutte le autorità bosniaco-erzegovesi. Ormai da anni la gestione dei campi per migranti e rifugiati è oggetto di polemiche tra vari livelli di governo in Bosnia Erzegovina.
“Sembra che [le autorità] si aspettino che migliaia di persone scompaiano miracolosamente, e che con loro scompaia anche la responsabilità”, afferma Vanja Stokić, aggiungendo: “Il cantone di Una Sana, a causa della sua posizione geografica, attrae le persone in movimento che cercano la via più breve per attraversare la Croazia, per trascorrervi meno tempo possibile”.
Creare campi su tutto il territorio della BiH
Nel corso di una recente visita in Bosnia Erzegovina, la Commissaria europea per gli Affari Interni Ylva Johansson ha dichiarato che anche in Republika Srpska dovrebbero essere creati i campi per migranti perché “è necessario che tutti in questo paese si assumano la propria parte di responsabilità in materia di migrazione”.
Durante la conferenza stampa congiunta con la Commissaria europea, il presidente del consiglio dei ministri della Bosnia Erzegovina Zoran Tegeltija ha affermato che la crisi migratoria è un peso troppo grande per la Bosnia Erzegovina perché i migranti attualmente presenti sul territorio della BiH sono molti di più di quanti il paese sia in grado di accogliere.
“Bisogna velocizzare e rendere più semplice il processo di riammissione. La Bosnia Erzegovina è disposta a cooperare nel controllo dei flussi migratori, ma non può essere ostaggio della crisi migratoria né tanto meno può fungere da dormitorio per migranti”, ha dichiarato Tegeltija.
La situazione
Nella Federazione BiH, composta da dieci cantoni, ci sono sette centri di accoglienza per migranti e rifugiati: Ušivak e Blažuj nel cantone di Sarajevo; Borići, Sedra, Miral e Lipa nel cantone di Una Sana, e Salakovac nel cantone Erzegovina-Neretva. Per quanto riguarda la Republika Srpska, le autorità di questa entità si rifiutano di aiutare i migranti che si trovano sul loro territorio e di attuare un piano d’azione adottato nel 2018 dal consiglio dei ministri della Bosnia Erzegovina che prevede la creazione di alcuni campi per migranti in Republika Srpska.
A partire dal 2018 l’Ue ha destinato alla Bosnia Erzegovina 89 milioni di euro per la gestione delle migrazioni, di cui 13,8 milioni per aiuti umanitari. Da giugno 2018 ad oggi, l’Ue ha stanziato oltre 76 milioni di euro per le attività dell’OIM in Bosnia Erzegovina. Di questa somma al 31 dicembre 2020 sono stati spesi 51,1 milioni di euro, mentre i restanti 25,2 milioni dovrebbero essere spesi entro luglio 2021.
Mentre i leader politici bosnico-erzegovesi – che sembrano irremovibili nelle loro posizioni sulla questione migranti – continuano ad accusarsi a vicenda per l’attuale situazione, le condizioni di vita dei migranti e rifugiati intrappolati in Bosnia Erzegovina sono estremamente difficili.
L’analista politico Adnan Huskić spiega a OBCT che la posizione delle autorità della Republika Srpska, e in particolare l’atteggiamento di Milorad Dodik, rispecchia la retorica del premier ungherese Viktor Orbán incentrata sulla presunta “invasione musulmana”.
“Per qualcuno [come Dodik] che non riconosce la Bosnia Erzegovina come stato, motivando tale posizione tra l’altro anche con la disfunzionalità del paese, i migranti sono come un regalo caduto dal cielo. Può ostentare il suo sciovinismo e patriottismo identitario, guardare come i cantoni della Federazione BiH sprofondano nei problemi e persino replicare con toni bruschi al capo della diplomazia dell’Unione europea. Del resto, Milorad Dodik non vede il suo futuro nell’Ue”, afferma Huskić, sottolineando però che “l’Ue è il principale colpevole dell’attuale catastrofe migratoria in Bosnia Erzegovina”.
“Non è certo colpa della Bosnia Erzegovina se la politica dell’Ue in materia di asilo ha fallito, e ora i migranti attraversano la Grecia, un paese dell’area Schengen che dovrebbe farsi carico delle loro richieste [di protezione internazionale], poi escono dallo spazio Schengen e si dirigono verso la Bosnia dove si imbattono in un altro ostacolo insormontabile al confine con la Croazia, che è attualmente situata lungo le frontiere esterne dell’Ue e a breve sarà situata lungo i confini esterni dello spazio Schengen (se dovesse dimostrarsi degna del ruolo di guardiano, e per ora ci sta riuscendo abbastanza bene)”, spiega Huskić. E aggiunge: “Ed è per questo che le istituzioni dell’Ue chiudono un occhio di fronte alle violazioni dei diritti umani e delle convenzioni internazionali, ma anche di fronte ai trattamenti inumani subiti dai migranti al confine tra l’Ue e la Bosnia Erzegovina. Per l’Ue la Bosnia Erzegovina è un ottimo luogo in cui fermare i migranti”.
Occorre assumersi responsabilità
La ministra degli Esteri della Bosnia Erzegovina Bisera Turković spiega a OBCT che le autorità della Republika Srpska, così come le autorità di alcuni cantoni della Federazione BiH, si sono dimostrate riluttanti ad accettare “un sistema più equo di condivisione della responsabilità della gestione della crisi”.
“A mio avviso, qualsiasi rifiuto di assumersi la responsabilità della gestione della crisi è inaccettabile e non contribuisce al rafforzamento della fiducia nel nostro paese. L’attuale gestione non è sostenibile a lungo termine, per cui la crisi appare destinata ad acuirsi”, afferma Turković.
“L’attuale situazione nel cantone di Una Sana, dove la maggior parte dei migranti si ferma prima di tentare di raggiungere la Croazia e altri paesi dell’Ue, sta diventando problematica. Le istituzioni centrali e i governi delle due entità non riescono a individuare la risposta più efficace e adeguata al problema che sta diventando sempre più complesso. Le violazioni dei diritti umani al confine con la Croazia e con la Slovenia, che rispediscono i migranti in Bosnia Erzegovina, e le sfide legate al Covid-19 non fanno che aggravare la già difficile situazione”, spiega la ministra Turković.
Turković aggiunge inoltre che l’attuale situazione è conseguenza degli errori commessi dalle autorità bosniaco-erzegovesi, ma anche dall’Ue che non fornisce indicazioni chiare su come gestire i flussi migratori nei paesi terzi.
“Lo stanziamento di ulteriori risorse a favore della Bosnia Erzegovina per ‘risolvere’ la crisi appare insufficiente, soprattutto considerando che le risorse vengono distribuite in modo poco chiaro. La decisione di coinvolgere l’OIM e altre organizzazioni internazionali come ‘gestori’ della crisi – che sono in parte responsabili anche dell’implementazione di alcuni progetti, come quelli che offrono sostegno nella gestione delle aree in cui si trovano campi per migranti – è un’altra mossa dell’Ue che non ha portato ad alcun risultato concreto, perché finora sono state spese molte risorse, ma nessuno dei beneficiari del sostegno né tanto meno gli abitanti delle zone caratterizzate da una forte presenza di migranti sembrano essere contenti dei risultati”, spiega Bisera Turković.
Manca la solidarietà
Secondo la giornalista Vanja Stokić, i litigi tra politici e il rifiuto delle autorità di assumersi la propria responsabilità di fronte alla necessità di creare nuovi campi per migranti sono “mero gioco politico”.
“L’attuale potere costruisce la sua sfera di influenza sulla presunta difesa degli interessi nazionali e spaventa costantemente i cittadini, affermando che qualcuno li starebbe minacciando. Il più delle volte fa leva sull’identità religiosa e nazionale, sostenendo che qualcuno stia cercando di cancellare la Republika Srpska, di distruggere la fede ortodossa, e quant’altro. I migranti sono diventati una questione che viene sfruttata per guadagnare facili punti politici, vengono rappresentati come un pericolo che minaccia la Republika Srpska ed è il governo a difenderla”, spiega Vanja Stokić.
“Le istituzioni hanno assunto un atteggiamento fortemente ostile nei confronti dei migranti e dei cittadini che li aiutano. È completamente assurdo impedire a qualcuno di prendere l’autobus, il treno o il taxi. Recentemente ho conosciuto due fratelli provenienti dal Marocco, uno ha la carnagione chiara e l’altro la carnagione scura. Potete indovinare quale dei due possa usare l’autobus perché le presone non si rendono conto subito che è un migrante. È razzismo puro”, afferma Stokić.
Negli ultimi tre anni dalla Bosnia Erzegovina sono transitati oltre 70mila migranti e rifugiati e, stando ai dati dell’OIM, al momento nei centri di accoglienza in Bosnia Erzegovina sono ospitate 4286 persone.
Secondo Adnan Huskić, oltre alla mancanza di solidarietà, per nulla sorprendente, a cui si assiste in Republika Srpska, spaventa anche l’assenza di solidarietà nella Federazione BiH.
“La mancata adozione del principio di leale collaborazione (corrispondente alla Bundestreue in Germania), consente ai cantoni e alle due entità di portare avanti le politiche che vanno a svantaggio di altri cantoni ed entità, ma anche dello stato”, afferma Huskić.
“La vita dei migranti è già abbastanza dura senza i nostri litigi interni e lo scaricabarile sulle responsabilità”, conclude Vanja Stokić.