Entro il 5 giugno prossimo, tutti i militari (circa 7.200) della cosiddetta componente croata dell'esercito federale, torneranno nelle file dell'Esercito. Questo è il risultato dell'accordo siglato il 16 maggio scorso, tra il Ministro della difesa federale - Mijo Anic - e il comandante della componente croata, Anto Mijo Jelic.
E' da ricordare che questa crisi militare in Bosnia dura già da due mesi e il suo inizio coincide con la proclamazione dell'Autonomia croata in Bosnia Erzegovina, avvenuta il 4 marzo scorso a Mostar. Il vertice politico del partito HDZ aveva condannato la nuova formazione governativa nata dopo le elezioni del novembre scorso, e quindi non si era nemmeno dimostrato pronto a riconoscere il nuovo Ministro della difesa Mijo Anic (essendo un croato non allineato all'HDZ).
Così, due mesi fa, la componente militare croata si era autosciolta e separata dall'esercito federale. A tutti i 7.200 soldati, nel frattempo mandati a casa, fu promessa una paga regolare di 500 DM al mese. Alcune caserme sono rimaste perciò vuote, mentre in altre i soldati e gli ufficiali hanno continuato a rispettare il comando federale (soprattutto nella regione della Bosanska Posavina). Ora, passati solo due mesi, l'Autonomia croata ha già cominciato a mostrare le sue falle. Allo stesso tempo l'HDZ, cominciando a temere le sanzioni paventate dalla comunità internazionale, si è preparato a negoziare con l'Alto Rappresentante in Bosnia Erzegovina, Wolfgang Petritsch, il quale nel frattempo aveva già sospeso Ante Jelavic - Presidente dell'HDZ bosniaco - da ogni incarico politico. Il 14 maggio si è saputo, con un certo scalpore, che il Ministero della difesa federale ha mosso una causa contro i politici dell'HDZ, Jelavic, Prce e Curcic. Ma due giorni dopo la situazione si è tranquillizzata con l'arrivo di un'altra notizia, sempre sorprendente: l'accordo si è raggiunto e la componente croata torna nelle fila dell'Esercito federale. "L'autonomia croata non poteva finanziare l'esercito croato fuoriuscito, perché economicamente fallita" scrive il giornale Nezavisne novine del 19 maggio scorso, citando una fonte anonima vicina al Ministero della difesa federale. Sembra che la componente militare croata fosse pronta a negoziare già da due settimane e che i tempi si siano accelerati in seguito alle tensioni nate nella caserma di Kiseljak dove, per motivi politici, i soldati croati si sarebbero scontrati tra di loro.
La versione croata sull'accordo risulta essere un po' diversa: il generale Jelic (Oslobodjenje, 18 maggio) dichiara che questo accordo firmato con Mijo Anic è espressione della volontà del popolo croato di risolvere i problemi in maniera pacifica e legale. "Con questo accordo la partecipazione della componente croata nell'esercito federale non sarà più messa in dubbio" ha detto Jelic. Ha dichiarato inoltre che tutti i 7.200 soldati della componente croata saranno registrati e torneranno nelle caserme entro venti giorni dalla firma degli accordi (quindi, entro il 5 giugno prossimo).
In questi due mesi Jelic aveva dichiarato di avere al suo comando 6.280 soldati. Lo SFOR però lo aveva smentito: le fotografie fatte dagli elicotteri di ricognizione delle Forze Internazionali di Stabilizzazione (presentate dal portavoce SFOR, Jurg Lehaman) hanno mostrato infatti un numero massimo di 2.500 soldati.
A differenza del generale Jelic, il presidente dell'HDZ Ante Jelavic dà una spiegazione un po' diversa. Ha infatti dichiarato (Dnevni Avaz, 18 maggio) che l'HDZ continuerà la sua lotta: "Per raggiungere il nostro obiettivo, che è quello di costruire una Bosnia Erzegovina sovrana e democratica in cui sia prevista l'uguaglianza costituzionale del popolo croato, continueremo a lottare con mezzi politici. Non aspettatevi da noi incidenti, violenze o azioni terroristiche". Il Ministro della difesa federale Mijo Anic pare soddisfatto, perché i suoi sforzi hanno dato buoni risultati. Secondo Anic (Dnevni Avaz, 19 maggio) i soldati croati torneranno nelle caserme anche prima della scadenza dei venti giorni. E nel frattempo, per non dimenticarsene, indosseranno nuovamente i contrassegni federali.
Entro il 5 giugno prossimo, tutti i militari (circa 7.200) della cosiddetta componente croata dell'esercito federale, torneranno nelle file dell'Esercito. Questo è il risultato dell'accordo siglato il 16 maggio scorso, tra il Ministro della difesa federale - Mijo Anic - e il comandante della componente croata, Anto Mijo Jelic.
E' da ricordare che questa crisi militare in Bosnia dura già da due mesi e il suo inizio coincide con la proclamazione dell'Autonomia croata in Bosnia Erzegovina, avvenuta il 4 marzo scorso a Mostar. Il vertice politico del partito HDZ aveva condannato la nuova formazione governativa nata dopo le elezioni del novembre scorso, e quindi non si era nemmeno dimostrato pronto a riconoscere il nuovo Ministro della difesa Mijo Anic (essendo un croato non allineato all'HDZ).
Così, due mesi fa, la componente militare croata si era autosciolta e separata dall'esercito federale. A tutti i 7.200 soldati, nel frattempo mandati a casa, fu promessa una paga regolare di 500 DM al mese. Alcune caserme sono rimaste perciò vuote, mentre in altre i soldati e gli ufficiali hanno continuato a rispettare il comando federale (soprattutto nella regione della Bosanska Posavina). Ora, passati solo due mesi, l'Autonomia croata ha già cominciato a mostrare le sue falle. Allo stesso tempo l'HDZ, cominciando a temere le sanzioni paventate dalla comunità internazionale, si è preparato a negoziare con l'Alto Rappresentante in Bosnia Erzegovina, Wolfgang Petritsch, il quale nel frattempo aveva già sospeso Ante Jelavic - Presidente dell'HDZ bosniaco - da ogni incarico politico. Il 14 maggio si è saputo, con un certo scalpore, che il Ministero della difesa federale ha mosso una causa contro i politici dell'HDZ, Jelavic, Prce e Curcic. Ma due giorni dopo la situazione si è tranquillizzata con l'arrivo di un'altra notizia, sempre sorprendente: l'accordo si è raggiunto e la componente croata torna nelle fila dell'Esercito federale. "L'autonomia croata non poteva finanziare l'esercito croato fuoriuscito, perché economicamente fallita" scrive il giornale Nezavisne novine del 19 maggio scorso, citando una fonte anonima vicina al Ministero della difesa federale. Sembra che la componente militare croata fosse pronta a negoziare già da due settimane e che i tempi si siano accelerati in seguito alle tensioni nate nella caserma di Kiseljak dove, per motivi politici, i soldati croati si sarebbero scontrati tra di loro.
La versione croata sull'accordo risulta essere un po' diversa: il generale Jelic (Oslobodjenje, 18 maggio) dichiara che questo accordo firmato con Mijo Anic è espressione della volontà del popolo croato di risolvere i problemi in maniera pacifica e legale. "Con questo accordo la partecipazione della componente croata nell'esercito federale non sarà più messa in dubbio" ha detto Jelic. Ha dichiarato inoltre che tutti i 7.200 soldati della componente croata saranno registrati e torneranno nelle caserme entro venti giorni dalla firma degli accordi (quindi, entro il 5 giugno prossimo).
In questi due mesi Jelic aveva dichiarato di avere al suo comando 6.280 soldati. Lo SFOR però lo aveva smentito: le fotografie fatte dagli elicotteri di ricognizione delle Forze Internazionali di Stabilizzazione (presentate dal portavoce SFOR, Jurg Lehaman) hanno mostrato infatti un numero massimo di 2.500 soldati.
A differenza del generale Jelic, il presidente dell'HDZ Ante Jelavic dà una spiegazione un po' diversa. Ha infatti dichiarato (Dnevni Avaz, 18 maggio) che l'HDZ continuerà la sua lotta: "Per raggiungere il nostro obiettivo, che è quello di costruire una Bosnia Erzegovina sovrana e democratica in cui sia prevista l'uguaglianza costituzionale del popolo croato, continueremo a lottare con mezzi politici. Non aspettatevi da noi incidenti, violenze o azioni terroristiche". Il Ministro della difesa federale Mijo Anic pare soddisfatto, perché i suoi sforzi hanno dato buoni risultati. Secondo Anic (Dnevni Avaz, 19 maggio) i soldati croati torneranno nelle caserme anche prima della scadenza dei venti giorni. E nel frattempo, per non dimenticarsene, indosseranno nuovamente i contrassegni federali.