Intervista con Mirjana Popović, vice caporedattrice del Centro per il giornalismo investigativo di Sarajevo
Il Centro per il giornalismo investigativo (CIN) di Sarajevo ha recentemente celebrato 13 anni di vita. Nel corso della sua lunga attività, CIN ha pubblicato più di 500 reportage investigativi e ben 14 database online, in gran parte basati sulle informazioni ottenute dalle istituzioni statali.
Ogni anno, i giornalisti di CIN inviano alle istituzioni pubbliche oltre 1000 richieste di accesso alle informazioni, richiamandosi alla Legge sul libero accesso alle informazioni che è in vigore ormai da 17 anni.
Tuttavia, l’intero processo di richiesta di informazioni spesso comporta dover lottare per le stesse, e lo testimonia il fatto che CIN ha recentemente vinto la sesta causa contro un organo statale, denunciato per mancato rispetto della Legge sul libero accesso alle informazioni. Delle sfide legate all’esercizio del diritto di accesso alle informazioni in Bosnia Erzegovina abbiamo parlato con Mirjana Popović, vice caporedattrice del Centro per il giornalismo investigativo di Sarajevo.
In Bosnia Erzegovina esiste una specifica legge in materia di libero accesso alle informazioni dal 2000. Nella prassi, l’accesso alle informazioni di pubblico interesse è davvero libero?
No. La nostra esperienza dimostra che c'è ancora molta strada da fare. Ancora oggi, i cittadini che richiedono di accedere ad informazioni appellandosi alla normativa esistente, si trovano in realtà a dover spiegare ai dipendenti delle istituzioni statali i propri diritti in quanto cittadini e gli obblighi in capo ai funzionari pubblici. Prima o poi, i dipendenti pubblici dovranno capire che il loro lavoro non è impedire ai cittadini di accedere alle informazioni, ma l’esatto contrario: impegnarsi affinché i dati - che determinati individui in seno alle istituzioni vogliono nascondere o distruggere - vengano portati alla luce e messi a disposizione dell’opinione pubblica.
La redazione di CIN è una delle poche che reperiscono gran parte dei dati richiamandosi alla Legge sul libero accesso alle informazioni. Quali sono gli ostacoli con cui vi scontrate una volta presentata la richiesta di accesso alle informazioni? Le prassi istituzionali differiscono a seconda del livello di potere al quale è rivolta la richiesta?
Spesso ci scontriamo con ignoranza, incompetenza, arroganza, maleducazione e una palese convinzione dei singoli dipendenti che le istituzioni nelle quali lavorano, nonché le informazioni di cui dispongono, appartengano loro personalmente e servano i loro interessi. I giornalisti di CIN perdono fin troppo tempo a spiegare ai dipendenti pubblici che cos’è la Legge sul libero accesso alle informazioni e quali diritti e obblighi prevede e per chi. Il nostro lavoro è già di per sé complesso e richiede la massima concentrazione e attenzione. Le discussioni con gli impiegati ci fanno perdere tempo e rendono più difficile la nostra attività investigativa, e questo non dovrebbe succedere nelle istituzioni che pretendono di essere trasparenti e di operare nell’interesse dei cittadini.
Fortunatamente, in Bosnia Erzegovina ci sono molte istituzioni dove non tutto è sottoposto al potere arbitrario dei dirigenti. Molti dipendenti pubblici svolgono il loro lavoro con onestà e in modo conforme alla legge e ai propri doveri. Sono le persone giuste per ricoprire un incarico pubblico, essendo consapevoli che il lavoro da loro svolto è molto importante per la società.
Di solito è molto più difficile ottenere informazioni dagli organi a livello locale e dalle aziende pubbliche in cui girano molti soldi e che percepiscono se stesse come un sistema chiuso.
D’altra parte, molti dei giornalisti bosniaco-erzegovesi non hanno mai richiesto informazioni facendo appello alla Legge sul libero accesso alle informazioni. Per quale ragione, secondo lei? È davvero un processo complicato e costoso?
Raccogliere informazioni secondo le procedure previste dalla legge può essere un processo costoso se si conduce una grande inchiesta che comporta migliaia di pagine di documenti. Ma le richieste dei cittadini e della maggior parte dei giornalisti, esclusi quelli investigativi, di solito sono molto più modeste, e di conseguenza l’intera procedura è molto meno onerosa.
Penso che i colleghi non usino questo strumento perché sanno che la procedura è lunga e che spesso bisogna lottare con le istituzioni per ottenere le informazioni richieste. Tuttavia, sono convinta che quei dipendenti pubblici che non fanno altro che prolungare l’agonia di chi cerca di accedere alle informazioni sarebbero più inclini a cambiare il proprio comportamento se fossero sottoposti a una maggiore pressione da parte dell’opinione pubblica.
Recentemente CIN ha vinto la sesta causa contro un organo statale, in questo caso un tribunale, denunciato per mancato rispetto della Legge sul libero accesso alle informazioni. Oltre a dover avviare procedure giudiziarie, spesso siete costretti a inviare solleciti alle istituzioni che non rispondono alle vostre richieste nei termini previsti. In che misura questo modus operandi delle autorità pubbliche ostacola il vostro lavoro quotidiano?
A causa del comportamento non professionale di alcune istituzioni, che continuamente ostacolano il libero accesso alle informazioni, le nostre inchieste durano molto più a lungo di quanto sarebbe effettivamente necessario. Sia i giornalisti che il pubblico sanno quanto è importante che un’informazione venga pubblicata nel momento giusto, perché tutti noi formiamo le nostre opinioni e i nostri atteggiamenti e prendiamo le nostre decisioni anche in base a quello che leggiamo e vediamo sui media.
Se le informazioni fornite dai media non sono vere, il pubblico assume atteggiamenti sbagliati che, in determinate situazioni, possono portare a gravi conseguenze. Negando l’accesso alle informazioni di cui dispongono, le istituzioni costringono i giornalisti a reperire i dati di cui hanno bisogno per altre vie, aumentando in tal modo la probabilità che nel processo di raccolta dei dati vengano commessi errori e che vengano pubblicate falsità.
I giornalisti di CIN non rinunciano mai alla lotta per le informazioni. Abbiamo imparato che una richiesta di accesso alle informazioni formulata in modo chiaro e ben motivata difficilmente può essere respinta per giustificati motivi. Sappiamo a quali informazioni abbiamo diritto di accedere, per cui se ci viene negato l’accesso presentiamo ricorsi, e se vengono respinti anch’essi sporgiamo denunce, e i tribunali le accolgono. Alla fine le istituzioni si trovano costrette a consegnarci le informazioni richieste.
Lo scopo della Legge sul libero accesso alle informazioni dovrebbe essere quello di contribuire a una maggiore trasparenza delle informazioni e a rafforzare la libertà dei media. Nella realtà dei fatti però la situazione è ben diversa…
Sono sicura che la situazione sarebbe molto migliore se ci fossero più giornalisti, ma anche più cittadini a utilizzare la legge. Nella nostra società è quasi opinione comune che i dirigenti delle istituzioni abbiano l’ultima parola su tutto, a prescindere dai loro effettivi poteri e dalle norme vigenti. È evidente che la libertà formalmente garantita da questa legge dovrà essere conquistata un passo alla volta. Il fatto che l’accesso alle informazioni venga continuamente ostacolato non deve essere una scusa per rinunciare a chiederle e a insistere affinché ci vengano fornite. È un processo frustrante, ma più insistiamo, spiegando in modo argomentato perché la nostra richiesta è legittima, più sarà facile accedere alle informazioni.
Sono passati ormai 17 anni da quando la legge è entrata in vigore ma, a quanto pare, né le istituzioni né i giornalisti sanno usarla in modo adeguato. In base alla sua esperienza, che cosa manca per rendere la legge efficace?
Mancano determinazione e tenacia. La determinazione a non rinunciare a questo strumento solo perché a volte richiede pazienza, e la tenacia nel cercare di conoscere a fondo quanto prescritto dalla legge. È solo con la conoscenza approfondita della normativa e con argomenti forti che si possono contrastare i tentativi di limitare l'applicazione della legge, tentativi che molto spesso vengono messi in atto da individui chiamati a decidere sulle richieste di accesso alle informazioni, senza magari nemmeno conoscere il testo della legge.
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