Quello che scrive il signor Enrico Vigna sulla rivista Latinoamerica è pura fantascienza. Ma il problema, caro direttore Gianni Minà, è che una rivista come la vostra gli dia spazio

17/09/2012 -  Azra Nuhefendić

Gentile Minà,

Con ritardo e indignazione ho letto l’articolo del signor Enrico Vigna sulla Bosnia: “Dalla Bosnia al Kosovo, vent’anni dopo, sono ancora aperte le vene dell’Europa”, (“Latinoamerica”, No. 118/119, 2012).

Quello che scrive E. Vigna non è la versione/la verità dell’altra parte, ma è una completa invenzione che non ha niente a che fare con la verità, e direi neanche con il cervello: è pura fantascienza.

E. Vigna inventa i fatti, costruisce eventi, si riferisce a fonti e nomi di discutibile o inesistente credibilità e quando tenta di interpretarli mostra una totale ignoranza e una completa confusione ideologica/religiosa/storica.

Non mi stupisco dell’esistenza di persone come E. Vigna, ognuno può pensare quello che vuole, e grazie ad internet anche pubblicarlo. Il problema è che una rivista come la vostra gli dia spazio.

Mi chiedo (ho più di 30 anni di esperienza giornalistica): ma è possibile che non abbiate nessuno con cui consultarvi prima di pubblicare una cosa del genere? È possibile che nessuno nella vostra redazione abbia mai sentito, visto in TV, o letto qualcosa sulla guerra in Bosnia Erzegovina?

La vostra rivista è specializzata su temi del Sud America. Non sono un’esperta a riguardo, ma una minima idea ce l’ho, e non mi sognerei mai di scrivere o pubblicare che Le Madri di Plaza de Mayo sono delle prostitute mascherate che deliberatamente hanno ucciso o fatto sparire i propri figli per attirare l’attenzione della comunità internazionale. Quello che scrive E. Vigna è proprio di questo livello.

Vi mando un elenco dove, punto per punto, seguendo quello che scrive E. Vigna, spiego e preciso quello che E. Vigna, ovviamente, non conosce, ignora o interpreta in modo errato o malintenzionato.

Sono disponibile per ulteriori chiarimenti.

Azra Nuhefendić, giornalista

 

  1. Non c’è stato nessun “golpe interno da parte dei musulmani, né da parte dell’ex presidente Alija Izetbegović. La rotazione dei membri della presidenza BiH si era interrotta nel 1992 perché i serbi bosniaci avevano tentato la secessione con la creazione della Republika Srpska e dato inizio alla guerra
  2. Mai e da nessuna parte si è “ufficialmente scoperto che la destabilizzazione dell’ex Jugoslavia fu diretta dalla comunità internazionale e Al Qaeda”
  3. La Republika Srpska fu proclamata il 9 gennaio 1992, 4 mesi prima che cominciasse la guerra a Sarajevo. Nel corso del 1992 i serbi bosniaci avevano occupato (pulendo etnicamente con le uccisioni, gli stupri e il terrore) il 75 % del territorio bosniaco
  4. Il piano per la pace di Lisbona (Plan Cutilhero) non fu “l’ultima occasione per impedire la guerra civile”, ma fu il primo di una serie di accordi che prevedevano tutti la divisione del Paese, e i politici della BiH si erano opposti perché non volevano la divisione della BiH
  5. L’ex presidente bosniaco A. Izetbegović non ha mai detto che “il nuovo stato islamico in Bosnia deve nascere nel sangue”. Semmai è l’ex presidente dei serbi bosniaci Radovan Karadžić che ha minacciato di estinzione i musulmani bosniaci, parlando davanti al parlamento della BiH
  6. Il 6 aprile non è “l’anniversario dell’invasione nazista della BiH”, ma è il giorno in cui Sarajevo nel 1945 fu liberata dai nazisti e dagli ustascia croati, e il giorno in cui nel 1992 è ufficialmente cominciata la guerra in BiH con l’assedio e l’attacco da parte dei serbi. Un anno prima che cominciasse la guerra, l’Armata Popolare Jugoslava (JNA) aveva posizionato 600 pezzi d’artiglieria intorno a Sarajevo, con il pretesto che si trattasse di regolari manovre militari. Con quest’artiglieria i serbi tennero Sarajevo sotto assedio per quasi 4 anni. Per la campagna di bombardamento di Sarajevo, il Tribunale Penale Internazionale per la ex Jugoslavia dell'Aja ha condannato due ex comandanti dell’esercito serbo bosniaco, Stanislav Galić, con il carcere a vita, e Dragomir Milošević a 29 anni di carcere. Questi crimini sono stati attribuiti anche a Radovan Karadžić e Ratko Mladić, attualmente sotto processo a L'Aja
  7. La NATO non ha compiuto il “10 e 11 aprile 1992 il primo raid sulle posizioni serbe”, ma nel 1995, dopo il secondo massacro al mercato Markale, nell’agosto 1995. Fu per la prima volta nella storia della NATO che i suoi aerei attuarono un’azione del genere
  8. Non è vero che “il 12 aprile 1992 l’Armata musulmana attaccò le caserme della ex JNA”. La JNA, controllata dai serbi, aveva attaccato Sarajevo il 2 maggio con i carri armati, cercando di tagliare la città in due parti. Su questo esistono filmati e testimonianze sia da parte serba che del governo centrale di Sarajevo. Inoltre i serbi avevano detenuto il presidente (legalmente eletto) della BiH, A. Izetbegović, nella caserma di Lukavica. Le unità del governo centrale di Sarajevo, erano formate non solo da musulmani ma anche da croati e serbi, come il generale Jovan Divjak, (il suo libro “Sarajevo Mon Amour” è stato pubblicato in Italia e parla proprio di queste vicende)
  9. Per i massacri del mercato di Sarajevo Markale (1994 e 1995) l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha adottato una relazione, basata sul rapporto dell’UNPROFOR, dove si conclude che ci sono “chiare prove che i colpi di mortaio che hanno portato al massacro conosciuto come Markale 2, sono partiti dalle postazioni dell’esercito serbo, VRS”. David Harland, ex membro del comando UNPROFOR, ha testimoniato all’Aja, “che non c’è mai stato alcun dubbio che i colpi sono stati sparati dalle postazioni serbe. Abbiamo detto che non sapevamo chi aveva lanciato le granate solo per nascondere che era imminente un grande attacco contro le forze serbo-bosniache. Se avessimo puntato il dito contro i serbi come colpevoli, questi si sarebbero aspettati gli attacchi aerei della NATO sulle loro postazioni, e ciò poteva mettere a repentaglio la sicurezza delle forze delle Nazioni Unite che in quel momento si trovano nel territorio controllato dai serbi
  10. I musulmani che “sabotavano” i piani per far cessare l’assedio! Affermazioni di questo genere sono fantascienza. L’assedio di Sarajevo è finito solo dopo che la NATO ha bombardato le postazioni degli assedianti serbi, nel 1995. Il Tribunale Penale Internazionale per la ex Jugoslavia ha condannato il generale serbo Dragomir Milošević a 29 anni di prigione. L'alto ufficiale è stato condannato per il lungo e feroce assedio di Sarajevo, perché la capitale bosniaca era stata ridotta allo stremo dai soldati serbo-bosniaci dal 1994 al 1995. I giudici dell'Aja hanno riconosciuto Milošević “colpevole di terrore, crimini di guerra, omicidio e crimini contro l'umanità. Le testimonianze sull’assedio di Sarajevo parlano di una storia orribile, dell’accerchiamento e intrappolamento di una città, e del suo bombardamento”, ha affermato il giudice Patrick Robinson. Il giudice ha affermato che, proprio da quando Milošević ha preso il comando, bombe aeree modificate e armi molto imprecise hanno iniziato a essere usate per la prima volta. “Ogni volta che una bomba aerea modificata veniva lanciata, l'accusato giocava con le vite degli abitanti di Sarajevo”. L’accusa aveva chiesto l'ergastolo per il sessantacinquenne. La vicenda di Sarajevo è diventata sinonimo della guerra in Bosnia
  11. I campi di concentramento non erano “presunti” ma, purtroppo, veri. Fu lo stesso l’ex presidente dei serbi bosniaci R. Karadžić a ordinare, sotto la pressione della comunità internazionale, l’apertura dei campi e il rilascio dei prigionieri. La televisione ITN e i suoi reporter Penny Marshall e Ed Vulliamy hanno filmato i prigionieri nei campi. La rivista inglese LM (Living marxism), che aveva affermato in un articolo che le immagini del campo di concentramento erano false, è stata condannata per diffamazione
  12. In nessun documento dell’ ONU si è affermato che per la strage di via Vase Miskina erano stati responsabili “elementi dei servizi islamici”. L'esercito serbo bosniaco bombardava ogni giorno Sarajevo con una media di 330 proiettili, ma solo per le stragi che provocavano lo sdegno e la reazione della comunità internazionale si dichiarava innocente
  13. Durante la guerra in Bosnia Erzegovina è stata documentata l'esistenza di "campi di stupro" creati deliberatamente. Tra 20.000 e 50.000 donne furono violentate, secondo il rapporto delle Nazioni Unite. La maggioranza delle vittime delle violenze erano donne musulmane stuprate da soldati serbi. Gli stupri di guerra furono ordinati dagli ufficiali come parte della pulizia etnica, per obbligare il gruppo etnico oggetto delle violenze ad andarsene dalla regione. Lo scopo di questi campi era ingravidare le donne musulmane e croate tenute prigioniere. È stato documentato inoltre che spesso le donne erano tenute in prigionia fino all'ultima fase della gravidanza, (vedi il libro di Carla del Ponte “La Caccia”)
  14. Fikret Abdić, bosniaco musulmano, è stato condannato da una Corte croata a 20 anni di carcere per crimini di guerra contro la popolazione civile nella Bosnia occidentale, perpetrati negli 11 campi di concentramento che il suo governo di Abdić aveva creato nella Regione Autonoma. La creazione della Regione Autonoma fu fatta per mettere sotto pressione il governo di Sarajevo e accettare la divisione della BiH. Abdić è colpevole per aver messo fratelli contro fratelli, padri contro figli, per aver collaborato con i nazionalisti serbi e croati, che volevano la divisione della Bosnia, e per essersi procurato con questa collaborazione soldi per sé e la sua famiglia
  15. Cosa vuol dire “musulmani jugoslavisti”? I miei genitori, entrambi musulmani, veterani partigiani dalla seconda guerra mondiale e decorati con la medaglia per il valore, durante la guerra in Bosnia Erzegovina erano intrappolati a Grbavica, il quartiere di Sarajevo occupato dai serbi. Nei primi giorni gli occupanti serbi avevano sgozzato, solo nel nostro palazzo, 5 persone, solo perché erano musulmani. Mio padre fu maltrattato dai serbi bosniaci, il nostro appartamento saccheggiato e incendiato, e mentre mio papà aspettava i soldati russi che facevano parte delle forze internazionali “come liberatori e giusti”, quelli appena arrivati a Grbavica si sono messi dalla parte dei serbi. (per cortesia su questo legga il mio articolo “L'amico americano” pubblicato su Osservatorio Balcani e Caucaso). Proprio la situazione a Grbavica, e in altri quartieri di Sarajevo occupati dai serbi, ci ha mostrato come i nazionalisti serbi immaginavano il futuro del Paese! Tutti i non serbi sono stati espulsi, uccisi, maltrattati e derubati
  16. Il famoso tunnel di Sarajevo fu fatto per sopravvivere. Prima, la città e i suoi abitanti dipendevano letteralmente dalla volontà e pietà degli assedianti, cioè dai serbi, che oltre ai bombardamenti quotidiani e ai cecchini avevano interrotto la fornitura di gas e di energia elettrica, e impedivano l'accesso in città anche agli aiuti umanitari. A Sarajevo la gente moriva di fame, di freddo e di bombe, naturalmente. Certo, con la scusa della guerra ne approfittavano anche quelli che facevano il mercato nero, ma non perché i sarajevesi o i musulmani sono inclini alla malavita, ma perché la guerra, ovunque, produce anche personaggi di questo genere
  17. Nella città bosniaca di Srebrenica è stato compiuto un genocidio. Questo è stato affermato da varie istituzioni internazionali, incluse le Nazioni Unite (vedi il rapporto di Kofi Annan), il Tribunale Penale Internazionale dell’Aja per la ex Jugoslavia e la Corte Internazionale di Giustizia. Quello che scrive E. Vigna, e che purtroppo è stato pubblicato nella vostra rivista, è la negazione del genocidio! Il che equivale a un ulteriore genocidio. Nel luglio 2012, il segretario generale dell’ONU Ban Ki-Moon ha visitato il centro memoriale di Potoćari dove sono incisi i nomi di 8.372 vittime del genocidio. In Bosnia ci sono 30mila donne, madri, figlie, sorelle che nel genocidio hanno perso tutti i maschi. Si stanno ancora cercando i resti degli scomparsi. Due anni fa in Italia è stato pubblicato il libro di Emir Suljagić, sopravvissuto al genocidio di Srebrenica, “Cartolina dalla fossa”. Nel libro di Carla del Ponte c’è, tra altro, la testimonianza di un serbo che faceva l’autista e portava da mangiare a quelli che in un giorno avevano ucciso mille maschi musulmani, e anche la testimonianza di un ragazzo, che all’epoca aveva sei anni, e che fu salvato dallo stesso autista serbo. I serbi che compivano il genocidio si sentivano così sicuri che si filmavano (guardi il filmato dei paramilitari serbi “Scorpioni” che si sono filmati mentre uccidevano i musulmani, oppure il documentario della BBC con i filmati documentari della Tv serba)
  18. Il generale canadese Lewis MacKenzie è un testimone screditato. Ci sono donne bosniache che hanno testimoniato di essere state stuprate dal generale stesso, nel bar “Sonja”, a Vogošća, un sobborgo di Sarajevo, che i serbi avevano trasformato in un campo di stupro per le donne bosniache. Inoltre, è stato accertato che Lewis MacKenzie, dopo il servizio in Bosnia Erzegovina, fu pagato dai lobbisti dei serbi americani/canadesi per sostenere la loro verità
  19. “Research Group for Srebrenica”, dietro questo titolo pomposo c’è un gruppo di singole persone che stanno cercando di fare quello che fate voi e Vigna: negare il genocidio e incolpare le vittime
  20. Moschee costruite a Sarajevo. Ma è un reato, o una prova di terrorismo o nazionalismo? Io abito a Trieste, qui ci sono 170 chiese in una città che ha 200 mila abitanti, cioè un terzo di Sarajevo. A Sarajevo durante la guerra, nonostante l’assedio, non è stata distrutta neanche una chiesa, salvo quelle danneggiate nei bombardamenti dai serbi assedianti. E in Bosnia Erzegovina più di mille mosche sono state distrutte, tra cui la Šarena e Aladza, che facevano parte del patrimonio dell’umanità ed erano sotto la protezione dell’UNESCO, oppure la Vijećnica, la biblioteca nazionale (per tre giorni bersagliata appositamente con bombe incendiarie), oppure il vecchio ponte a Mostar, per fare solo alcuni esempi