Chi è responsabile delle istituzioni culturali bosniache? La risposta si perde nei meandri istituzionali della Bosnia di Dayton. La difficile situazione del Museo Nazionale della Bosnia Erzegovina, sede della leggendaria Haggadah, e del Museo Storico
Di Mirjana Plazonic*, Transitions Online, 9 febbraio 2005 (Titolo originale: "A culture served cold")
Traduzione per Osservatorio sui Balcani: Carlo Dall'Asta
SARAJEVO, Bosnia Erzegovina - I Bosniaci che vogliono vedere i più significativi reperti dell'eredità culturale del loro Paese faranno meglio ad affrettarsi.
Il Museo Nazionale della capitale Sarajevo ha appena riaperto, dopo essere rimasto chiuso al pubblico da metà ottobre. Ma non si sa quanto a lungo riuscirà a stare aperto, dato che i suoi problemi di base - la mancanza di fondi e il disinteresse del governo - devono ancora essere risolti.
La chiusura è stata il culmine di nove anni di tiro alla fune tra il museo e il governo. In questo periodo, i salari del personale erano pagati irregolarmente, o talvolta non erano pagati affatto, e i costi di gestione del museo erano finanziati di volta in volta.
L'ultima goccia per la direzione arrivò quando venne spento il riscaldamento.
La triste condizione del Museo Nazionale è condivisa da altre istituzioni culturali in Bosnia, incluso il vicino Museo Storico, che ha dovuto anch'esso chiudere. Tutti hanno subito l'abilità dei politici nell'approfittare del complesso apparato costituzionale della Bosnia per far slittare le responsabilità ad altri livelli di governo.
Il Museo Nazionale fu costruito durante la monarchia Austro-Ungarica per promuovere la storia della Bosnia nei campi dell'archeologia, dell'etnologia e della storia naturale, ed anche come biblioteca. In quanto museo, ospita la leggendaria Haggadah, un libro di preghiere che narra l'esodo degli Ebrei dall'antico Egitto. Il libro fu portato da Barcellona in Bosnia nel 1492, quando gli Ottomani diedero rifugio ai Sefarditi perseguitati. Altri preziosi reperti sono la veste di broccato del re bosniaco del medioevo Tvrtko II, i disegni rupestri di 12.000 anni fa, ed un erbario che comprende numerose piante autoctone. Il Museo Nazionale conta approssimativamente quattro milioni di oggetti esposti.
Durante la guerra del 1992-1995, il museo era sul famigerato "Viale dei cecchini", davanti all'Holiday Inn, su un lato della linea del fronte; dall'altra parte, a soli 50 metri di distanza, c'erano le postazioni dell'esercito Serbo-Bosniaco.
"Il Museo Nazionale, in quanto testimonianza della dignità statale della Bosnia ed Erzegovina, fu anche un obiettivo di guerra", dice Amra Hadzimuhamedovic, capo della commissione per la conservazione dei monumenti nazionali.
I quattro edifici ed il giardino botanico soffrirono dei danni, ma i reperti furono risparmiati grazie ai generosi sforzi dello staff del museo.
Perché allora il museo fu così poco tenuto in considerazione dopo la fine della guerra?
Un Museo senza proprietari
"A partire dal 1992, il Museo Nazionale non ha più avuto una proprietà statale, o per la precisione: non ha nessun proprietario," spiega Margita Gavrilovic, una archeologa del Museo Nazionale. Perciò nessuno si sente responsabile di assicurare i fondi per coprire le spese di gestione.
La Gavrilovic ha detto a TOL che l'onere finanziario fu suddiviso, dopo la guerra, tra il governo centrale e il Cantone di Sarajevo, ma i fondi arrivavano al museo solo sporadicamente. Nel 2002, il Cantone di Sarajevo e la Federazione - una delle due entità che oggigiorno costituiscono la Bosnia - tagliarono i fondi, "perché, dal loro punto di vista, una istituzione importante per lo Stato centrale avrebbe dovuto essere sovvenzionata dallo Stato," ha detto la Gavrilovic.
Il risultato, fin troppo evidente: dal momento che il museo non può permettersi di pagare i costi del riscaldamento le piante stanno marcendo, i libri sono minacciati dai funghi e le ceramiche, i tessuti, le carte e le pergamene si deteriorano.
Quando il museo alla fine fu chiuso, nell'ottobre 2004, il personale per due mesi non aveva ricevuto il proprio modesto salario di circa 400 KM (200 euro).
In dicembre, il museo ricevette una lettera dalla presidenza tripartita della Bosnia che diceva che il riscaldamento centrale era stato riacceso e, alla fine di gennaio, il museo e altre sei istituzioni culturali ricevettero un contributo di 1 milione di KM (circa mezzo milione di euro) dal governo centrale - era la prima volta che il livello statale aveva contribuito a queste istituzioni - più altri fondi addizionali dalla Federazione. Ma questi sono aggiustamenti fatti volta per volta, che non possono dare una risposta alla questione fondamentale di chi sia responsabile delle istituzioni culturali di rilevanza nazionale in Bosnia.
L'incertezza che circonda le finanze del museo sta anche mettendo in pericolo il rinnovamento in corso del palazzo che lo ospita, dal momento che il finanziatore - il governo svedese - vuole assicurazioni che il museo venga gestito adeguatamente prima di continuare con i lavori.
La Hadziahmethovic, della commissione per i monumenti nazionali, ha detto a TOL che ci sono interpretazioni contrastanti su quale livello di governo sia responsabile per la cultura. Dice che questa confusione ha "avvantaggiato quelli che ritengono che queste istituzioni dovrebbero essere distrutte."
Secondo la Hadziahmethovic, "Il Museo Nazionale è sopravvissuto grazie a iniezioni di fondi sia del Cantone di Sarajevo che del governo della Federazione. Ma né il Cantone né la Federazione hanno voluto accollarsi l'onere finanziario in modo sistematico, perché non volevano appoggiare l'idea che il Museo Nazionale non sia un'istituzione di rilevanza nazionale."
Essa ha detto anche che la commissione ha appoggiato la chiusura del museo, come modo per richiamare l'attenzione sulla situazione insostenibile che si era venuta a creare.
Come risolvere l'impasse?
La situazione ha in effetti attirato l'attenzione del comitato per il patrimonio culturale del Consiglio d'Europa e quella della sottocommissione per la cultura dell'Assemblea Parlamentare del Consiglio d'Europa, che ha organizzato un incontro a Parigi il 2 dicembre per discutere della difficile situazione dei musei in Bosnia. La delegazione bosniaca presso il Consiglio d'Europa è stata invitata all'incontro, ma nessuno di loro ha partecipato.
La Hadziahmethovic non ha trovato sorprendente l'assenza: "Non c'è mai stata nessuna iniziativa da parte del parlamento bosniaco per definire lo status del Museo Nazionale," dice.
Né ci sono state pubbliche proteste contro la chiusura.
La Hadziahmethovic dice che l'unica istituzione che potrebbe essere in grado di ottenere dei risultati in questa situazione è l'Ufficio dell'Alto Rappresentante (OHR), l'organismo istituzionale incaricato dell'implementazione della pace in ambito civile. Ma fino ad ora, secondo lei, le attività dell'OHR sono state insufficienti.
La commissione, con l'assistenza del Consiglio d'Europa, ha proposto una legge di livello statale per proteggere il patrimonio culturale della Bosnia e per risolvere la questione dello status di istituzioni importanti per lo Stato, ma la Hadziahmethovic si aspetta che l'approvazione della legge sarà ostacolata al livello dell'entità.
Secondo l'agenzia di stampa ONASA, gli istituti delle entità per la protezione del patrimonio storico-culturale hanno già lamentato che la proposta di legge era completamente inaccettabile, dal momento che avrebbe creato un nuovo organismo di élite al livello statale, togliendo potere alle entità.
Il disegno di legge deve essere dibattuto in parlamento nella prima metà di febbraio.
Una chiusura storica
La controversia non danneggia solo il Museo Nazionale. Anche il Museo Storico, più avanti sulla stessa strada, è stato chiuso al pubblico dal primo novembre.
La mancanza di fondi ha significato che circa 100 opere d'arte danneggiate dai bombardamenti sono state lasciate in quelle condizioni per dieci anni.
La direttrice del museo, Muniba Kaljanac, dice: "Fa molto freddo. Le opere esposte si rovineranno in queste condizioni. Non abbiamo modo di pagare i costi del riscaldamento. Perfino dieci anni dopo la guerra, nulla è stato fatto per aiutare il museo," protesta.
Secondo la Kaljanac, il museo fu in grado di pagare solo la metà dei salari durante il 2004 a causa di un taglio del 45 per cento nel budget del museo, che è finanziato dal governo della Federazione e dal Cantone. Questo significa che, per esempio, un curatore ha preso una busta paga di circa 150 euro.
La Kaljanac ha anche criticato il modo non trasparente in cui è allocato il budget culturale del governo della Federazione. Nel 2004, la Federazione destinò circa 2 milioni di KM (1 milione di euro) per istituzioni importanti per lo Stato. Ma queste sette istituzioni ricevettero solo 1.150.000 KM in totale, mentre il Sarajevo Film Festival - un evento annuale di successo, sponsorizzato da privati - ricevette 300.000 KM da questo fondo.
Dice la Kaljanac, "Il Sarajevo Film Festival dev'essere supportato, ma non coi nostri stipendi."
Richiesto di un commento sul tema dei fondi per la cultura, il Ministero per gli Affari Civili, di livello statale, si è rifiutato di fare una previsione su quando si sarebbe potuta risolvere questa situazione. Il ministero ha sostenuto di essere spiacente per la mancanza della volontà politica di arrivare ad una decisione definitiva.
E' per questa mancanza di volontà che l'OHR ha deciso di scendere in campo l'ottobre scorso. L'OHR e il Ministero concordarono sulla necessità di stabilire con una legge lo status delle sette istituzioni culturali, il Museo di Storia, il Museo della Letteratura e del Teatro, la Galleria d'Arte, la Biblioteca Nazionale ed Universitaria, la Biblioteca per i Ciechi e gli ipo-vedenti, e la Biblioteca del Cinema.
Nonostante la tregua permessa dalla riapertura del Museo Nazionale, le cose non promettono bene per il medio periodo. Aisa Softic, direttrice del Museo Nazionale, ha affermato nel corso di una conferenza stampa il 31 gennaio scorso che, nonostante il primo contributo del governo statale di 1 milione di KM, la situazione sarebbe fondamentalmente rimasta inalterata.
I soli costi di gestione del Museo Storico ammontano annualmente a circa 285.000 KM (140.000 euro), e i costi annuali per tutte e sette le istituzioni sono stimati intorno ai 4 milioni di KM.
*Mirjana Plazonic è una giornalista che lavora a Sarajevo