Dall'inizio dell'anno una missione di polizia dell'Unione Europea sostituirà la presenza delle Nazioni Unite in Bosnia. Riuscirà l'Unione, dopo il fallimento di Mostar, a mantenere la stabilità nel paese? Un articolo dell'IWPR.
La missione EUPM si prepara in gennaio a sostituire l'UNMIBH (United Nations Mission to Bosnia and Erzegovina), e già molti analisti esprimono pareri preoccupati sul possibile impatto che questo rischia d'avere sulla situazione sicurezza della BiH, sull'economia locale e sulla battaglia contro il crimine organizzato.
La maggior parte delle preoccupazioni riguarda l'ampiezza ridotta della missione: gli uomini sul campo saranno sicuramente meno dei 1500 poliziotti internazionali (IPTF), dell'altrettanto personale locale e dei 300 impiegati internazionali civili facenti anch'essi parte della missione ONU.
Vi sono anche preoccupazioni in merito al tremendo impatto sull'economia locale che sarà causato dalla partenza delle Nazioni Unite. Non solo se ne andranno persone (gli internazionali) con un grande potere d'acquisto, ma più di 1500 persone appartenenti allo staff locale perderanno un lavoro che garantiva loro un reddito molto elevato. In modo indiretto questo avrà effetti anche su altri settori dell'economia.
La maggior parte dello staff appartenente alla missione UN lascerà il Paese entro al fine dell'anno. Resteranno 120 poliziotti IPTF che entreranno a far parte della missione EUPM per garantire una continuità nel passaggio di consegne. A capo della Missione vi sarà Sven Frederiksen, già ora membro della missione UN mentre Paddy Ashdown sommerà alla carica di Alto Rappresentante per gli Accordi di Pace di Dayton anche quello di Rappresentante speciale dell'UE.
La differenza più ovvia tra le due missioni è da rintracciare nel budget. L'EUPM pianifica di spendere 14 milioni di euro quali costi di avviamento per poi affrontare un costo di gestione annuale attorno ai 38 milioni di euro. Poco rispetto ai 145 milioni di dollari a disposizione della missione delle Nazioni Unite.
Questo influirà sulla presenza nel Paese. L'IPTF gestiva circa 1600 agenti disseminati in più di 200 località, per monitorare, formare e sostenere la polizia locale. La presenza UE sarà molto più limitata e non supererà le 500 unità posizionate in 24 località.
E vi sono timori che ad esempio la lotta contro il trafficking iniziata dall'IPTF grazie ad un'unità speciale costituita appositamente (STOP - Special Trafficking Operations Programme) non troverà continuità nella missione che verrà instaurata agli inizi di gennaio.
In un'intervista concessa ad IWPR, il coordinatore di STOP, John O'Reilly, ha affermato che i trafficanti di esseri umani hanno aumentato sensibilmente le loro attività negli scorsi mesi proprio in prospettiva del passaggio di consegne UN-UE.
O'Reilly teme che la polizia locale, meno controllata, diminuisca l'attenzione e le energie spese nella lotta al trafficking. Nonostante l'esistenza di ottimi poliziotti bosniaci impegnati su questo fronte, ha affermato, "c'è molta corruzione e molti personaggi che occupano poltrone importante ostacolano il loro lavoro".
Alcuni poliziotti locali - tra i quali anche alcuni che facevano parte della stessa forza STOP - sono stati arrestati negli scorsi anni perché avevano partecipato ad attività criminali legate al trafficking. "Bloccare i trafficanti, che utilizzano strade e vie complicate, attraverso campi minati, foreste e torrenti, sarebbe impossibile senza tutte le informazioni raccolte dall'IPTF in questi anni di attività".
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Ed un'altra questione che preoccupa O'Reilly è che i 50 poliziotti IPTF che facevano parte della forza STOP verranno con tutta probabilità sostituiti da soli tre colleghi della missione UE. Una fonte occidentale, contattata da IWPR e molto vicina alla questione del passaggio di consegne UN-UE ha affermato che più della metà dei nuovi monitor non hanno alcuna esperienza pregressa nei Balcani ed ha confermato le preoccupazioni di O'Reilly affermando che vi è il rischio che molto del "know how" dell'IPTF venga disperso.
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Juston Davies, portavoce della missione EUPM, ha comunque assicurato IWPR che la missione "è senza dubbio preparata ad essere del tutto operativa dal 1 gennaio 2003".
La chiusura della missione UN viene accompagnata dai tentativi, fatti da analisti internazionali e non e dai rappresentanti dei media, di individuare i successi ed i fallimenti della missione, esercizio utile non solo per il futuro della regione ma anche per missioni simili che potrebbero iniziare in altre parti del mondo.
Mark Wheeler, a capo dell' International Crisis Group, ICG - istituto tra i più importanti "opinion makers" in Bosnia Erzegovina - ritiene che, a conti fatti, la missione IPTF è stata "generalmente di successo".
"Tutti qui in Bosnia hanno iniziato con mandati poco chiari, e tra questi l'IPTF" ha affermato Wheeler "Sono serviti parecchi anni affinché capissero cosa erano qui a fare, perché all'inizio gli Accordi di pace di Dayton erano un vero e proprio caos. Se si tiene questo in considerazione, ciò che sono riusciti a fare non è tanto male".
Uno dei successi è senza dubbio la ristrutturazione delle polizie locali. Questo renderà sicuramente più agevole il compito della missione UE. Non solo si è riusciti a diminuire le forze effettive della polizia da 44.000 unità nel 1996 a circa 16.000 sei anni dopo, ma anche molti poliziotti e moltissimi cadetti hanno seguito corsi di formazione che hanno ridefinito la loro professionalità.
Uno dei successi dell'UNMIBIH anche l'appoggio dato alla riforma della polizia di confine (SBS - Bosnian State Border Service), che ha assunto il pieno controllo dei confini del Paese nel settembre del 2002. In seguito a questo il numero di migranti illegali in entrata nel paese si ritiene sia diminuito dai 25.000 del 2000 alle poche centinaia del 2002.
Una delle maggiori onte subite invece dalla missione UN è stata l'accusa mossa ad alcuni suoi membri di aver partecipato ad attività illegali connesse al trafficking. Informazioni a proposito iniziarono ad affiorare nella primavera del 2001 ed hanno toccato il culmine con la pubblicazione di un dossier curato da Human Rights Watch lo scorso novembre nel quale si affermava che "18 monitor IPTF erano coinvolti in attività criminali o come clienti di donne che avevano subito il trafficking o quali trafficanti delle stesse donne e controllori dei loro passaporti". La portavoce UN Kirsten Haupt ha dichiarato ad IWPR che almeno 18 ufficiali IPTF sono stati in passato coinvolti "in incidenti legati ad una condotta sessuale non conforme alle regole" ma ha negato che ufficiali IPTF siano stati direttamente coinvolti nel trafficking.
Julie Poucher Harbin - IWPR