Un'alternativa politica per l'entità serba di Bosnia e per il Paese. E' questa la battaglia di Zdravko Krsmanović, presidente del Nuovo partito socialista (NSP) e attuale sindaco della città di Foča, nel sud-est della Republika Srpska
La cittadina di Foča ha evocato per anni le immagini più buie del recente passato della Bosnia Erzegovina, la guerra, la pulizia etnica, i campi di prigionia. Proprio da qui, oggi, proviene una netta proposta politica antinazionalista e filo europea, una proposta di cambiamento per l'intero Paese. Con il sostegno dei suoi cittadini, il sindaco della città, Zdravko Krsmanović, è entrato nella competizione elettorale nazionale insieme al proprio partito (Nuovo Partito Socialista, NSP) alleandosi con Naša Stranka, il partito del premio Oscar Danis Tanović.
Nato a Foča nel 1957, Krsmanović è ingegnere edile e dottore in scienze tecniche. "Non è un reato amare il proprio Paese - ha dichiarato – ed è arrivato il momento di sradicare l’odio dalla Bosnia Erzegovina".
Signor Krsmanović, in che cosa si differenzia il Nuovo Partito Socialista dalle altre forze politiche in lizza alle prossime elezioni?
L’NSP è un partito antinazionalista e pro-europeo, che pone al centro della sua proposta politica le questioni della giustizia, dello sviluppo del Paese e del decentramento dei poteri a vantaggio delle comunità locali. È l’unico partito che mette al primo posto l’antinazionalismo e l’ingresso in Europa, oltre al decentramento inteso come reale opportunità di democratizzazione per la Bosnia Erzegovina.
Lei è entrato nella competizione elettorale senza candidarsi alla presidenza della Republika Srpska. Perché?
Non mi sono candidato alla presidenza perché non volevo con i miei voti entrare nel confronto tra Ognjen Tadić, candidato dell’opposizione “Insieme per la Srpska”, e Milorad Dodik, presidente dell’Unione dei Socialdemocratici Indipendenti (SNSD). In ogni caso credo che il ruolo di presidente della Republika Srpska sia più un ruolo formale, senza reali competenze sul programma. Il ruolo chiave a cui guardiamo per portare a compimento i nostri obiettivi, come NSP, è quello di capo del governo della Republika Srpska o di presidente del Consiglio dei ministri [della Bosnia Erzegovina.] Crediamo che solo tramite il potere esecutivo possiamo mantenere le promesse fatte ai cittadini. Ecco perché non puntiamo alla presidenza dell’entità serba di Bosnia. Mi ha sorpreso, nel sondaggio condotto ad aprile in cui si chiedeva ai cittadini chi vedevano come presidente della Republika Srpska, di essere stato indicato al terzo posto dopo Dodik e Tadić. Il Nuovo Partito Socialista è stato fondato solo a dicembre dello scorso anno, e io sono descritto dalla propaganda del partito di maggioranza come personalità controversa e accusato di voler sopprimere la Republika Srpska.
Secondo lei, perché l’attuale premier della Republika Srpska si è candidato alla presidenza?
È evidente che la popolarità dell’SNSD è in calo, e il presidente vuole risollevare il partito ottenendo l’unica posizione di rilievo per la quale si può candidare. D’altro canto l'attuale premier punta all’immunità, che lo metterebbe al riparo dalle conseguenze penali di tutti gli abusi commessi nel corso del suo mandato.
Oggi, in Republika Srpska, i sondaggi vedono l’attuale partito al governo, l’SNSD di Milorad Dodik, al primo posto. L’opposizione ha poche chances?
Secondo gli ultimi sondaggi, in realtà, in questo momento l’SNSD e i partiti alleati non hanno il sostegno della maggioranza degli elettori e rischiano di far parte del passato. In realtà oltre il 40% degli interpellati non vuole pronunciarsi per timore di subirne conseguenze, poiché in Republika Srpska vige un regime e non una democrazia. Ma l'ultima parola spetta ai cittadini, e sicuramente molti rimarranno sorpresi dai risultati delle elezioni di ottobre.
Quali sono i motivi che potrebbero spingere l'elettorato a votare nuovamente per il partito attualmente al governo? I cittadini vivono meglio adesso rispetto a quattro anni fa?
I cittadini vivono peggio rispetto a quattro anni fa. La cosa ancora peggiore, però, è che la nostra entità si trova ora in un maggior isolamento rispetto al periodo quando era al governo il Partito Democratico Serbo (SDS). Dodik aveva promesso di aprire la Republika Srpska al mondo. Non solo non l’ha fatto, ma l’ha trascinata in un limbo politico ed economico e oggi l’entità si trova in pieno tracollo finanziario. La situazione non sarebbe tragica se nel frattempo non avesse venduto anche la migliore compagnia, la Telekom RS, ottenendo ingenti introiti che però non sono stati reinvestiti. Ma non basta: ha contratto debiti con il Fondo Monetario Internazionale per problemi di bilancio. Ciò che ha fatto Milorad Dodik alla Republika Srpska e ai suoi cittadini è sicuramente la peggior cosa mai successa nella storia dei serbi in questa regione.
Qual è la posizione del Nuovo partito socialista sulla questione delle modifiche costituzionali in Bosnia Erzegovina?
Riteniamo che siano due le strade da intraprendere. La prima è la creazione di un Paese che ci permetta di essere membri a tutti gli effetti dell’Ue: tutto l'iter dei negoziati con la comunità internazionale, la Commissione europea e l’Unione europea, deve essere rispettato e portato a termine affinché la Bosnia Erzegovina entri il prima possibile nell’Unione.
La seconda priorità è il decentramento dei poteri, con il passaggio delle competenze ai comuni, in conformità con la Carta europea sulle autonomie locali. Per un Paese organizzato su base nazionale, così com'è la Bosnia Erzegovina oggi, il decentramento è la soluzione migliore, attribuire quante più prerogative ai comuni, che nei propri territori potrebbero dare risposta al 90% delle necessità dei cittadini e lavorare nell’interesse di tutti.
Se il processo d’integrazione della Bosnia Erzegovina nell’Unione europea richiedesse il trasferimento dei poteri dalle entità allo Stato, quale sarebbe la sua posizione?
Le condizioni per l’ingresso della Bosnia Erzegovina in Unione Europea devono essere totalmente rispettate. La priorità dei cittadini di questo Paese è la pace. La pace, solo la pace e l’ingresso in Europa. Nient’altro.
Quale Paese arriverà prima in Unione Europea, la Bosnia Erzegovina o la Serbia?
La regione balcanica è unica. Io credo nella pace, nella cooperazione territoriale e nell’ingresso di tutti i Paesi, insieme, nella Ue. Solo insieme, in un processo comune di riforma, potranno essere attuate tutte le condizioni e accettati i valori europei. Dalla Macedonia alla Bosnia Erzegovina, alla Croazia, tutti i Paesi devono poter entrare nello stesso momento nell’Unione, senza eccezioni. Questa è una condizione e una garanzia di stabilità, pace duratura e prosperità per i Balcani, alla quale nessun Paese di questa regione può rinunciare.
Cosa vorrebbe dire agli elettori della Bosnia Erzegovina, e in particolare a quelli che hanno deciso di non andare a votare?
Di andare alle urne. I partiti al governo puntano ad avere la minor affluenza possibile per attuare le loro manovre, rubare voti, intervenire con i loro apparati. Invito tutti ad andare a votare, questa è la più grande opportunità per il Paese di regolare i conti con criminali, ladri e malavitosi in modo democratico. Non si deve rinunciare a quest'opportunità. Mi aspetto un'affluenza superiore al 70%. E alla fine, ne sono sicuro, i cittadini si esprimeranno a favore del cambiamento.