“Lo spettacolo politico di Dodik assomiglia sempre di più alla roulette russa: un gioco con armi politiche, potenzialmente fatale, la cui prima vittima potrebbe essere proprio Dodik”. L’editoriale di Branko Perić del portale Buka
(Originariamente pubblicato sul portale Buka , il 10 gennaio 2022)
Le celebrazioni per il trentesimo anniversario della nascita della Republika Srpska lo scorso 9 gennaio si sono tenute all’insegna delle sanzioni adottate dagli Stati Uniti contro Milorad Dodik, percepito come la personificazione del sistema politico della Republika Srpska. Non di certo, quindi, il momento migliore per festeggiare e fare grandi proclami! Le nubi tenebrose, giunte da ovest, che incombono sulla Republika Srpska, annunciano l’arrivo di un temporale.
Invece di rafforzarsi dal punto di vista economico, demografico e politico, nei suoi trent’anni di vita la Republika Srpska si è trasformata in una zona crepuscolare. Sommersa da corruzione e criminalità, economicamente impoverita, devastata e derubata, è diventata un luogo dal quale le persone continuano ad andarsene. Politicamente disprezzata, la Republika Srpska ha attirato su di sé gli strali di mezzo mondo ed è diventata una palla al piede e un fardello per i suoi amici e protettori, ossia Russia e Cina.
Ci sono diversi motivi per cui chi ha festeggiato lo scorso 9 gennaio dovrebbe preoccuparsi. L’intenzione di Dodik di proclamare l’indipendenza politica [della Republika Srpska] suscita critiche da parte delle potenze mondiali. È chiaro, a chiunque si intenda minimamente di politica, che il progetto politico di Dodik richiede una risoluta offensiva diplomatica e un chiaro e forte sostegno internazionale. Con chi e come parlare? Quale aiuto e sostegno possono offrire la Russia e la Cina al progetto di Dodik, considerando che anch’esse devono fare i conti con gravi problemi politici interni? Milorad Dodik riuscirà a cavarsela da solo in questa partita con i potenti attori internazionali? Difficilmente, a giudicare come se l’è cavata finora!
Nella storia diplomatica della Serbia si ricorda ancora un consiglio che il principe Miloš Obrenović diede ad un suo emissario, Petar Ičko, prima che quest’ultimo partisse per Costantinopoli. “Petar, stammi bene a sentire. Quando arrivi lì, davanti al sultano, devi fare lo spavaldo per far capire ai turchi che la Serbia non è un paese da due soldi. Non possono fare come gli pare. Ma Petar, stai ben attento. Se il sultano dovesse reagire al tuo kurčenje [termine serbo-croato difficilmente traducibile per via di un portato semantico molto particolare; nel gergo significa ostentare un’audacia eccessiva, non priva di arroganza] assumendo anch’egli un atteggiamento simile, allora devi subito smettere di comportarti così, perché la Serbia, dopotutto, è un piccolo paese. Inoltre, sappi che il sultano ha un debole per il denaro e per il sedere degli uomini, e noi non abbiamo soldi da darti”.
Non tutti i governanti serbi possedevano la saggezza e le capacità diplomatiche di cui era dotato Miloš Obrenović. Preferivano utilizzare mazze chiodate e sciabole e morire sul campo di battaglia, sacrificandosi per il regno dei cieli. Così si guadagnarono una fama epica, senza però portare alcun beneficio al popolo, solo tragedia. A dire il vero, alcuni seppero instaurare amicizie ed espandere i confini dell’impero attraverso i negoziati e i matrimoni, ma di loro non vi è traccia nei poemi epici.
Questo breve excursus nella storia della diplomazia serba non ci può però aiutare a capire dove ci sta portando la politica di Milorad Dodik. Non vi è dubbio che nel 2021 Dodik è stato il leader politico meno apprezzato in Europa. Ha interrotto qualsiasi dialogo con le potenze occidentali e, con ogni probabilità, investirà tutte le sue capacità nel proseguire sulla stessa strada anche nel 2022. Viene quindi da chiedersi: con chi Dodik negozierà e chi lo appoggerà?
Milorad Dodik non si è mai sforzato, nemmeno per un attimo, di dimostrare di possedere anche una sola briciola di saggezza e di capacità diplomatiche. La sua politica è sempre stata caratterizzata da un atteggiamento rozzo e arrogante, nonché dalla propensione a lasciarsi andare agli insulti più volgari che si possano immaginare. Nella storia politica non vi è quasi nessun altro esempio di un primitivismo così sfrenato e di un’arroganza come quella ostentata da Dodik. Basti ricordare gli insulti rivolti agli ex alti rappresentanti per la BiH Paddy Ashdown e Valentin Inzko. Dodik ha sputato insulti su tutti quanti, dai capi di stato ai giornalisti, scagliandosi quotidianamente contro i suoi avversari politici, definendoli, con evidente disprezzo, “traditori del popolo, mercenari al soldo degli stranieri, criminali e bugiardi”. Il suo “popolo” è composto esclusivamente dai membri del suo partito. Su tutti gli altri sputa fango, attacca e offende.
Il modo in cui Dodik parla di altre persone non è una questione di stile politico, non ha nulla a che vedere con la spontaneità né con un linguaggio metaforico, non si tratta di una strategia di marketing potenzialmente vantaggiosa dal punto di vista politico, né tanto meno di una reazione avventata, bensì di una caratteristica intrinseca dell’indole di Dodik. In parole povere, Dodik è incapace di interagire con altri individui! L’ipertrofia dell’io (Jung!) non gli permette di instaurare un rapporto con l’interlocutore basato sul rispetto e sulla collaborazione. Dodik utilizza lo stesso linguaggio sia quando si rivolge ai farabutti sia quando parla con i suoi colleghi politici e con i funzionari internazionali.
Quando Dodik dice all’alto funzionario del Dipartimento di stato americano Gabriel Escobar “non me ne frega nulla delle tue sanzioni!”, siamo di fronte ad un gesto volgare, assolutamente spregevole. È difficile comprendere perché un funzionario statale abbia bisogno di usare tale linguaggio nella comunicazione istituzionale. Questa non è la strada da perseguire se si vuole conquistare un posto nella storia culturale. Escobar e altri interlocutori di Dodik forse lasceranno testimonianza del comportamento di quest’ultimo nei loro carteggi diplomatici e nelle loro memorie che poi un giorno qualcuno analizzerà, traendone un’immagine tutt’altro che positiva di Dodik.
Dodik sembra dimenticare che, come un funzionario statale che rappresenta un popolo, deve tenere un comportamento rispettoso nella comunicazione con i rappresentanti di stati esteri. Il popolo vuole essere rappresentato dalle persone più competenti e intelligenti e non dai maleducati e buffoni che non fanno che umiliare e offendere i loro interlocutori.
Si può pensare male di un interlocutore che ricopre un’alta carica istituzionale, ma non si può parlare male di questa persona in pubblico. Deridere e farsi beffe degli interlocutori istituzionali non è altro che uno spregevole spettegolare politico finalizzato a far divertire la folla. Le persone educate provano vergogna di fronte a tale comportamento. Nessun individuo ragionevole vorrebbe essere rappresentato da un politico che si comporta in questo modo.
Con il suo linguaggio volgare e il suo stile politico rozzo Dodik offende e umilia il popolo serbo. Oltre ad alimentare lo stereotipo che vede i serbi come un popolo di matti, politicamente immaturo e primitivo, Dodik, con la sua arroganza e ottusità, sta dando un cattivo esempio ai giovani, esempio che altri politici arroganti potrebbero seguire. Alla vigilia delle celebrazioni del 9 gennaio in alcune città della Republika Srpska si è assistito a vergognosi raduni clerofascisti. È questa la strada per costruire un futuro per la Republika Srpska? Perché Dodik si sta sforzando di alimentare certi stereotipi, arrecando così danni incalcolabili al popolo serbo?
Dodik ha trovato interlocutori con inclinazioni simili alle sue tra gli esponenti dei partiti dell’estrema destra (Monti, Krauss, Strache, Orbán), collegando elementi politicamente incompatibili tra loro, ossia i partiti europei socialdemocratici e le forze politiche di orientamento populista e conservatore. Unendosi a chi stava ai margini dello spazio politico europeo, Dodik ha causato danni a se stesso, inficiando la propria reputazione a livello internazionale.
Con il suo gioco politico, incentrato sul boicottaggio delle istituzioni centrali della BiH e sul ripristino delle competenze precedentemente trasferite al livello statale, Dodik ha innescato un circolo vizioso, portando all’adozione del secondo pacchetto delle sanzioni internazionali che sicuramente contribuiranno ad un ulteriore deterioramento della situazione politica ed economica nella Republika Srpska. Uno scenario davvero preoccupante, considerando l’attuale situazione politica internazionale.
Il modo in cui Dodik sta prendendo in giro i funzionari internazionali è una cosa mai vista in questo mondo. I programmi e i leader politici possono essere contestati usando un linguaggio rispettoso e non ricorrendo alla derisione e agli insulti. Dodik ha semplicemente bisogno di imporsi ed esplicita tale bisogno mettendo in atto atteggiamenti primitivi, senza preoccuparsi affatto delle conseguenze politiche e istituzionali che il suo comportamento potrebbe comportare. Mi chiedo spesso cosa pensino del funambolismo politico di Dodik quelli che stanno cercando di inserire gli interessi politici della Republika Srpska nel quadro della propria politica estera. Come ad esempio Putin e Lavrov!
Lo spettacolo politico di Dodik assomiglia sempre di più alla roulette russa: un gioco con armi politiche, potenzialmente fatale, la cui prima vittima potrebbe essere proprio Dodik e in tal caso – se gli può essere di consolazione – Dodik otterrebbe l’aureola di una vittima del nuovo ordine mondiale e verrebbe incluso tra gli eroi serbi cantati nei poemi che aspettano di essere canonizzati. Mica poco!
Se il principe Miloš Obrenović potesse dare un consiglio a Dodik gli direbbe: “Milorad, basta con questo atteggiamento arrogante. Devi smettere subito. Non è il momento giusto per tale comportamento. Chi ti appoggerà? Siete piccoli, Milorad, del tutto insignificanti. E non creare problemi alla Serbia e ai fratelli russi. La Serbia ha già troppi problemi. Anche i russi hanno molti problemi. A preoccupare loro sono altri paesi, come l’Ucraina. il Kazakistan, la Siria... Chi si preoccuperà della tua Republika Srpska? Stai calmo, Milorad. Per ogni cosa c’è il suo momento, c’è un tempo per seminare e un tempo per raccogliere. Devi rafforzare le istituzioni. E parla con il popolo, al popolo piace essere coinvolto. Non rubare al popolo, proteggilo. Se tu vuoi vivere bene, anche il popolo deve vivere bene. La forza risiede nel popolo e nelle istituzioni. E devi mandare le persone sagge a rappresentare lo stato nel mondo. Non mandare gli ignoranti e i ladri, ti si ritorcerà contro. Non puoi ignorare il mondo, Milorad. Devi sempre intrattenere buoni rapporti con i bosgnacchi e con i croati, anche inginocchiandosi se necessario. Loro sono più importanti dell’America. I buoni vicini sono i tuoi migliori alleati. Devi cercare di trasformare i nemici in veri amici. Non trasformare gli amici in nemici. Non spendere i soldi in giro per il mondo, dà al tuo vicino ciò che ti avanza. Tutto ciò che dai ti ritorna indietro. E devi rispettare le leggi. Non permettere che le leggi vengano violate. Se il popolo rispetta le leggi, rispetterà anche te. Se tu non rispetti le leggi, il popolo non ti rispetterà. Così condannerai te stesso. E sembra che tu abbia già calpestato le leggi, povero Milorad”.