Il ricordo della resistenza partigiana durante la Seconda guerra mondiale in Bosnia Erzegovina viene oggi utilizzato in chiave nazionalistica. Il commento di Srđan Puhalo alle recenti manifestazioni sul monte Kozara
Questo articolo è stato pubblicato originariamente sul portale informativo Frontal . Introduzione e traduzione sono a cura di Simone Malavolti
Durante la Seconda guerra mondiale, sul monte Kozara, presso la cittadina bosniaca di Prijedor, si svolse una delle battaglie partigiane contro l'invasore tedesco e i collaboratori ustascia considerate dalla storiografia jugoslava tra le più importanti. La battaglia coinvolse oltre ai battaglioni partigiani quasi l'intera popolazione civile della zona, che fu in parte deportata nel vicino campo di concentramento di Jasenovac. Il monte Kozara, dopo essere stato monumentalizzato e musealizzato durante l'epoca jugoslava, si trova oggi nel Comune di Prijedor all'interno dell'entità della Republika Srpska della Bosnia Erzegovina, e risulta essere da anni al centro di una rilettura storica in chiave fortemente nazionalistica dove ai partigiani e ai civili si è voluto sostituire la “popolazione serba del luogo”. Fino a pochi anni fa, i pannelli del museo jugoslavo in rovina sulla lotta partigiana erano stati sostituiti con una mostra sul Genocidio del popolo serbo nel XX secolo. Attualmente la mostra è stata rimossa, ma rimane una strumentalizzazione del passato che non fa i conti con il passato degli anni '90 quando, sul medesimo territorio del Comune di Prijedor, si scatenò una delle peggiori pulizie etniche della guerra in Bosnia Erzegovina con l'apertura di tre campi di concentramento, e che provocò la morte di oltre 3.000 vittime civili.
Il documentario di OBC "Il cerchio del ricordo" con
l'intervista a Dusan Dzamonja, autore del Memoriale
dedicato all'epopea partigiana del Kozara
Qualche giorno fa, il 4 luglio, sul monte Kozara è stato celebrato il 72esimo anniversario della Battaglia del Kozara. Si è trattato di un'occasione per i rappresentanti del potere della Republika Srpska, senza la presenza di Vučić, del Patriarca Irinej, di Kusturica e di Bećković, di reinterpretare la Storia come pare a loro. Ecco cosa hanno detto...
Marko Pavić, sindaco di Prijedor, ha detto: “Questo è un popolo antifascista che ha mostrato di essere per la libertà allora come adesso e che da sempre vuole porgere la mano della riconciliazione, un popolo che ricorda e desidera costruire il proprio futuro in libertà. Proprio come l'insegnamento del Kozara ci ricorda da lontano”.
Mi chiedo, Marko Pavić, se con questo nostro antifascismo e questo nostro essere per la libertà che fieramente rimarchi, potresti spiegarmi gli oltre 3.000 civili uccisi, tra bosgnacchi e croati, tuoi concittadini, durante l'ultima guerra? Di quale mano tesa per la riconciliazione parli quando le mani delle vittime ancora oggi sbucano dalle fosse comuni di cui taci e da cui abilmente rifuggi? Quale futuro ci prometti, se non abbiamo neanche il coraggio di confrontarci col passato?
Il Presidente della Republika Srpska, Milorad Dodik, ha detto: “Bosnia Erzegovina è attualmente sinonimo di mancanza di libertà, una terra in cui siamo costretti [a stare] e che non ha fatto nulla per farci sentire bene”.
Mi chiedo, Presidente, se è normale sentirsi bene quando sappiamo che nell'ultima guerra patriottica e di difesa abbiamo ucciso oltre 30.000 civili bosgnacchi e croati? Possiamo sentirci liberi in una Republika Srpska del genere, se temiamo le vendette degli altri perché non vogliamo ammettere che sappiamo tutti cosa è successo, pentirci e chiedere perdono? Possiamo essere liberi in uno Stato in cui criminali di guerra sono eroi, mentre chi ha opinioni diverse è un traditore e al soldo dello straniero?
Il Ministro Petar Đokić ha dichiarato: “Questa nostra lotta per la libertà dura da secoli e siamo sempre stati quella forza che è rimasta dalla parte della giustizia ed è uscita da tutte le guerre come vincitrice, con i carri armati che hanno aperto la vista alle nuove e future generazioni”.
Mi chiedo, Ministro Đokić se vorrai mai dirci qualcosa di sensato e provato sui fatti o se continuerai a parlare a vuoto fino alla fine della tua vita politica?
Mi chiedo...
*Srđan Puhalo si occupa di psicologia sociale e politica. È nato nella Repubblica Federale Socialista di Jugoslavia e spera di morire in Unione Europea