Dopo la secessione della Slovenia, 165.000 risparmiatori bosniaci hanno perso i propri soldi depositati presso il Banco di Ljubljana. Nella indifferenza dei politici di Sarajevo, una Associazione reclama la restituzione dei circa 127 milioni di euro. Pubblichiamo la recente inchiesta del settimanale bosniaco Dani tradotta e sintetizzata da Jasenka Kratovic per Notizie Est, 30 aprile 2004.
di Snjezana Mulic-Busatlija - ("Dani" Sarajevo, 23 aprile 2004)
Tradotto da Jasenka Kratovic
La Ljubljanska Banka ha cominciato a rubare ai clienti bosniaci nel lontano 1984. Durante i sei anni successivi dalla sua filiale di Sarajevo sono stati trasferiti 199,5 milioni di marchi convertibili nella Banca Popolare Slovena. Nel 1990 la Ljubljanska banka ha vietato ai cittadini bosniaci di prelevare i loro risparmi depositati in valuta estera, e allo stesso periodo ha permesso ai cittadini sloveni di prelevare una somma di 1,28 miliardi di US dollari! I cittadini bosniaci durante il 1990 hanno potuto prelevare soltanto una quantità limitata dei propri soldi esclusivamente nella valuta locale.
In realtà la Slovenia, che all'inizio del maggio di quest'anno dovrebbe diventare membro dell'Unione Europea, ha privato la Bosnia Erzegovina e i suoi cittadini di un importo ben più alto dei 249 milioni di marchi. Durante le successione delle proprietà dell'ex Jugoslavia, la Slovenia si è appropriata di tutti i risparmi in valuta estera delle altre repubbliche jugoslave, Bosnia inclusa, procurandosi in questo modo una "fetta" della successione maggiore di quella che realmente le sarebbe spettata.
Le autorità bosniache hanno avuto fin dall'inizio un atteggiamento piuttosto indifferente verso questo problema. Secondo le informazioni di "Dani", ad alcuni politici bosniaci che avevano risparmi in valuta estera presso il Banco di Lubiana i soldi sono stati restituiti e in cambio gli è stato chiesto di non fare pressioni serie sulle autorità slovene per quanto riguarda il saldamento dei debiti nei confronti degli altri clienti bosniaci.
A differenza delle autorità bosniache, la Croazia ha adottato dei provvedimenti seri contro il Banco di Lubiana, vietandogli di operare sul suo territorio nazionale. In più, sono stati sequestrati e venduti anche alcuni immobili di sua proprietà e in questo modo un certo numero di clienti croati sono riusciti a recuperare il denaro rubato. Nel frattempo in Bosnia Erzegovina questa banca ha continuato a operare e ad aprire nuove filiali senza alcun disturbo.
Considerata la mancata reazione dei politici, i cittadini bosniaci non hanno avuta altra scelta se non quella di organizzarsi da soli e nel 1992 hanno fondato la Società per la protezione dei risparmiatori bosniaci. Solo che la Società ha cominciato ad assomigliare allo stesso stato e presto si è divisa tra i risparmiatori della Federazione e i risparmiatori della Republika Srpska, e dopo un po' di tempo ha anche smesso di operare ufficialmente.
Nel frattempo in Bosnia Erzegovina è cresciuto il timore che alla Slovenia, una volta diventata parte dell'Unione europea, verranno perdonati anche i debiti verso i cittadini bosniaci. Di conseguenza nel mese di marzo è stato fondato a Sarajevo il Comitato di iniziativa dei risparmiatori, guidato da Amila Omersoftic, intenzionato a sporgere denuncia presso il Tribunale per i diritti umani di Strasburgo contro la Slovenia e la Ljubljanska Banka.
La signora Omesoftic ha deciso di adottare un approccio diretto e aggressivo verso il problema, dopo aver raccolto dati e avere informato i media dei fatti. "E' possibile far entrare la Slovenia nell'Unione europea con un simile bottino?", è la domanda che la Omersoftic, insieme alle informazioni raccolte, ha inoltrato a tutte le rappresentanze diplomatiche e alle organizzazioni internazionali presenti in Bosnia. La Omersoftic è rimasta particolarmente perplessa dopo aver sentito la dichiarazione del ministro degli esteri sloveno Dimitrij Rupel, il quale ha sottolineato pubblicamente che "tutti i risparmiatori del Banco di Lubiana che hanno residenza permanente al di fuori della Slovenia rimarranno a mani vuote".
Il Comitato promette un attacco frontale sia contro il governo sloveno sia contro quello bosniaco chiedendo di congelare i rapporti diplomatici con la Slovenia finché le richieste dei risparmiatori bosniaci non verranno soddisfatte: "Chiederemo sanzioni contro la Slovenia e i suoi cittadini, vogliamo che vengano imposti i visti di ingresso per loro e che si metta l'embargo all'importazione di merci dalla Slovenia. Insisteremo affinché l'Unione europea ci dia una risposta chiara sulla definitività o meno della dichiarazione di Rupel e sul fatto che, nonostante tutto, la Slovenia possa entrare a far parte del "regno" europeo".
Tadej Labernik, ambasciatore sloveno in Bosnia Erzegovina, riferendosi alla questione ha dichiarato a "Dani" che "la Slovenia ritiene che la questione dei vecchi risparmi in valuta estera debba essere risolta in modo costruttivo, tramite accordi sulla successione dell'ex Jugoslavia, nell'ambito dei quali la Slovenia sarà solo uno degli eredi dell'ex federazione. Labernik sostiene che la questione dei vecchi risparmi é di carattere multilaterale, considerato il fatto che il garante delle banche era la vecchia federazione, anche se non esclude la possibilità di affrontare il problema in modo bilaterale, risolvendolo tramite il conseguimento di un compromesso.
Le fonti di "Dani" presso il governo sloveno, che hanno voluto rimanere anonime, hanno cercato di gettare un po' di luce sulla mancata reazione energica da parte delle autorità bosniache per proteggere i propri cittadini danneggiati: "Informatevi e cercate le liste dei clienti bosniaci del Banco di Lubiana. Tra i clienti provate ad individuare i politici potenti, gli industriali e gli altri personaggi influenti e poi cercate di capire se il Banco di Lubiana deve ancora soldi a loro. Una volta trovata la risposta vi sarà chiaro perché le autorità bosniache non fanno nulla per sostenere gli interessi dei propri cittadini".
"E' evidente, che la fonte alludeva alla possibilità che i sloveni abbiano restituito risparmi ai clienti "importanti", bloccando in questo modo le azioni delle autorità bosniache".
"Dani" sostiene che si tratti di un'opzione piuttosto probabile, dato il fatto che, nonostante tutti i tentativi messi in atto, è parso impossibile arrivare alla lista completa dei clienti della Ljubljanska Banka, che gli sloveni custodiscono molto attentamente.
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