Un profugo bosniaco - OSCE

A dieci anni dagli Accordi di Dayton sono numerose le iniziative per fare il punto sulla situazione bosniaca attuale, per suggerire possibili percorsi per uscire dal'impasse in cui il Paese sembra entrato. Tra di esse l'iniziativa promossa dalla Caritas Bosnia-Erzegovina, in collaborazione con Caritas Europa: dedicata alla povertà.

16/09/2005 -  Anonymous User

A cura della Caritas Italiana

Sono trascorsi oramai dieci anni dalla fine della guerra nella ex Jugoslavia: era il novembre del 1995, infatti, quando i rappresentanti di Serbia, Croazia e Bosnia-Erzegovina (con la decisiva mediazione del presidente americano Clinton) firmavano presso la base militare di Dayton, cittadina americana nello stato dell'Ohio, un importante accordo che poneva fine al conflitto e dava origine al nuovo Stato della Bosnia-Erzegovina.

Con quell'accordo vennero stabiliti molti punti-chiave per il futuro del nuovo Paese: in particolare, venne definita la struttura dello stato che veniva a formarsi e venne stilata una Costituzione che regolasse i rapporti tra le nuove istituzioni. La Bosnia-Erzegovina risultò così suddivisa in due Entità di pressoché uguali dimensioni (la Federazione croato-musulmana ad ovest e la Repubblica Srpska ad est) le quali godevano di ampia autonomia rispetto ad un governo centrale che, al contrario, risultava depositario di pochi e deboli poteri. La supervisione del Paese venne affidata alla comunità internazionale, tramite un Alto Rappresentante dotato di ampi poteri decisionali in caso di controversie tra le Entita' e lo Stato centrale, e tramite le forze militari sovranazionali a tutela della sicurezza.

Come da più parti riconosciuto, se da un lato questo Accordo di Pace ebbe il grande merito di porre fine alle violenze nella regione, dall'altro creò una struttura statale complessa, lenta, troppo divisa e burocratizzata. Non vennero cioè poste le basi necessarie a creare un terreno fertile ai processi di sviluppo sociale e di crescita economica del Paese. Inoltre, la divisione in due macro-Entità contribuì a cristallizzare una sorta di separazione della Bosnia-Erzegovina lungo linee etniche, nonostante i numerosi sforzi compiuti per riportare il paese alla sua caratteristica multietnicità tramite il rientro nelle loro abitazioni i profughi e gli sfollati.

A dieci anni da questi Accordi, sono numerose le Organizzazioni internazionali che provano a fare il punto della situazione bosniaca attuale, suggerendo in varie forme le possibili soluzioni per uscire dal'impasse in cui il Paese sembra entrato. Tra di esse, spicca l'iniziativa promossa dalla Caritas Bosnia-Erzegovina, in collaborazione con Caritas Europa. Il giorno 11 ottobre, infatti, verrà organizzata a Sarajevo un'importante Conferenza - Tavola Rotonda su "La povertà in Bosnia Erzegovina a dieci anni dagli Accordi di Dayton".

Finalità principale di quest'iniziativa sarà quella di portare l'attenzione delle istituzioni politiche bosniache, della comunità internazionale e dei media di tutto il mondo su un aspetto poco dibattuto della vita sociale di questo Paese. Non verranno dunque affrontate le grandi tematiche inerenti gli aspetti geopolitici, istituzionali o militari della questione, ma si cercherà di analizzare la Bosnia-Erzegovina dal basso, partendo proprio dai bisogni fondamentali di chi ancora vive situazioni di povertà economica e di marginalità sociale, e non riesce spesso a dar voce alle proprie esigenze. In Bosnia-Erzegovina, ancor oggi, molti indicatori rivelano situazioni allarmanti: la disoccupazione si aggirerebbe attorno al 40%, l'analfabetismo attorno al 15%, circa un bosniaco su cinque è costretto a sopravvivere con meno di un euro al giorno.

Forte della propria esperienza in questo settore, accumulata nei dieci anni di servizio all'interno del Paese, la Caritas Bosnia-Erzegovina ha ritenuto dunque essenziale porre al centro delle propia azione questa problematica e, conscia del fatto che tali problemi riguardano indistintamente tutte le comunità etniche e religiose del Paese, ha pensato di discutere di povertà assieme alle organizzazioni caritatevoli delle altre componenti religiose. La Conferenza, infatti, dopo un'attenta analisi degli Accordi di Pace di Dayton condotta da uno dei principali esperti in materia, si svilupperà sottoforma di Tavola Rotonda alla quale prenderanno parte rappresentanti del mondo cattolico, di quello musulmano, della componente ortodossa e di quella ebraica: Essi si confronteranno apertamente sulle loro visioni in materia di povertà economica e sviluppo sociale.

Come espresso più volte dalla Caritas Bosnia-Erzegovina stessa, il dialogo tra le fedi e tra le etnie in queste aree è essenziale, poichè non può essere pensabile di trovare soluzioni alle grandi questioni del Paese senza unire tutte le forze operanti al suo interno. Va dunque superata la diffidenza reciproca (venutasi ad esasperare con le vicende belliche del 1992-1995) che contrassegna tali gruppi nazionali e religiosi, per trovare nuove, costruttive forme di collaborazione e di convivenza multietnica. Con l'elevata mescolanza di popoli, culture, fedi e tradizioni che da secoli caratterizza queste regioni, la chiave per costruire il futuro della Bosnia deve passare proprio da queste nuove forme di dialogo.

Oltre al dialogo interreligioso, comunque, un'altra importante finalità della Conferenza vuole essere quella di stimolare il dibattito tra la società civile e le istituzioni politiche (presenti anch'esse alla Conferenza). A tal fine la Tavola Rotonda si concluderà con l'elaborazione di un Documento comune, firmato dai rappresentanti delle quattro organizzazioni religiose, che conterrà un'analisi condivisa della situazione attuale e alcune vie percorribili per superare i problemi di poverta' nel Paese; tale Documento verrà quindi consegnato ai rappresentanti delle istituzioni governative e politiche bosniache.

Inoltre, si cercherà di far pervenire l'elaborato finale della Conferenza di Sarajevo anche alle altre iniziative analoghe che si stanno organizzando in occasione del decennale degli Accordi di Pace di Dayton, affinchè sia presente in ogni dibattito sul futuro di quest'area anche il punto di vista di chi vive situazioni di povertà economica e di emarginazione sociale, e non si dimentichi che il futuro della Bosnia-Erzegovina va fatto partire soprattutto da loro.