Bosnia: dopo anni di silenzio finalmente si parla del diritto all'obiezione di coscienza, riconosciuto da leggi che risalgono alla vecchia Jugoslavia ma che fino a poco tempo fa non era mai stato preso in alcuna considerazione dalle istituzioni. Anche se con difficoltà, qualcosa sta cambiando.
Dario Terzic da Mostar, Radila Zarkovic e Darko Brkan da Sarajevo, Sasa Risovic da Banja Luka.
Sono passati oramai sei anni dalla fine della guerra in Bosnia Erzegovina ed essa è diventata già parte di un passato da dimenticare. La gente è stanca di combattere in ogni senso, ma soprattutto stanca di vedere e sentir parlare di armi. Far parte dell'esercito non va più di moda, ma c'è chi lo deve fare comunque. La leva non è stata ancora abolita e tuttora coesistono due eserciti- l'esercito della Republika Srpska e quello della Federazione - quest'ultimo a sua volta costituito da due componenti, una croata ed una musulmana.
Nella storia dei Balcani le guerre non rappresentano una rarità, è sempre esistita gente pronta ad andare in guerra. Se un uomo non faceva la leva non veniva considerato un uomo vero. Questo vale per tutti i popoli della ex Jugoslavia, anche se ha caratterizzato in particolar modo il popolo serbo. Così, l'obiezione di coscienza è un concetto che confonde la gente. Di che cosa si tratta? Cosa vuol dire? Come farlo, ed infine perché obiettare?
Per capire qualcosa di più sulla questione obiezione di coscienza siamo andati alla sede dell'organizzazione "Zene Zenama" ("Dalle donne per le donne"). Può sembrare strano, ma pur essendo un'organizzazione esclusivamente al femminile nel paese è una delle prime che si è occupata di questo "problema". Abbiamo chiesto il perché di questo a Selma Hadzihalilovic e Radmila Zarkovic. "Zene zenama è un'organizzazione nata nel 1997, radunando donne che lavoravano già per varie organizzazioni umanitarie indirizzate alla risoluzione di problemi che colpivano maggiormente le donne". "Si sono occupate di molte cose" continua Selma "di rientro dei profughi, di violenza sulle donne e realizzazione di un telefono SOS, del commercio di persone, di programmi centrati sulla tolleranza, ma anche di obiezione di coscienza".
Di quest'ultimo problema hanno cominciato ad occuparsene con l'inizio della crisi del Kosovo. In quel periodo molti uomini, sia serbi che albanesi, cercando di scappare dalla guerra si sono rifugiati proprio in Bosnia Erzegovina e si sono rivolti a questa organizzazione. "All'inizio" dice Selma Hadzihalilovic "li abbiamo accolti, assicurando loro vitto e alloggio, ma poi li abbiamo aiutati a partire per paesi terzi attraverso i centri per disertori di Budapest". Ed è così che è nato l'interesse per la questione "obiezione di coscienza", di cui l'organizzazione si occupa sempre più.
Da una legge che non c'è...
Parlando della situazione in Bosnia Erzegovina, è da notare che il sistema legislativo in vigore nel paese ricalca la vecchia legge jugoslava, secondo la quale l'obiezione di coscienza viene riconosciuta come un diritto di ciascun cittadino. Lo stato di guerra aveva sospeso questo diritto, ma nel 1996 venne dichiarata la cosiddetta "amnistia" - della durata di 5 anni - per permettere il rientro di coloro che durante il conflitto non si erano arruolati diventando renitenti alla leva. Così oggi la legge bosniaca - sia quella Federale sia quella della Repubblica Srpksa - parla con chiarezza solo di diritto all'obiezione di coscienza per motivi "religiosi o morali". La questione diviene più complessa se si considerano gli aspetti pratici dell'obiezione, dove persino l'iter di presentazione della domanda è diversa per le due entità.
La prima e unica revisione di legge avvenuta finora in Federazione risale al 1996. Essa prevede la costituzione di una commissione di valutazione delle domande di obiezione di coscienza, formata da 12 membri eletti dal Ministero Federale della Giustizia tra soggetti diversi: uno psicologo, un medico, un assistente sociale, i rappresentanti dei ministeri della Difesa e dell'Istruzione, i rappresentanti delle autorità religiose. Ma la commissione in tutti questi anni non ha mai funzionato. Difatti la prima seduta è avvenuta appena lo scorso dicembre e solo in tale occasione ha cominciato a valutare le decine di domande prevenute da obiettori testimoni di Geova. "Durante la prima riunione, attraverso il Ministro Federale della Giustizia, abbiamo deciso di inviare al Governo ed al Parlamento Federale un appello affinché si avvii quanto prima la procedura di revisione degli articoli della legge che riguardano l'obiezione di coscienza" ha dichiarato il Presidente della commissione - Marko Pejcinovic "affinché ci si adegui alle convenzioni internazionali alle quali la Bosnia Erzegovina deve rispondere" (Oslobodjenje 12.12.2001).
In effetti gli articoli della legge Federale sulla difesa, definiscono i tempi di presentazione della domanda di obiezione - 90 giorni dall'iscrizione nelle liste di leva - le modalità e i termini di valutazione delle domande da parte della commissione e il termine entro li quale l'obiettore deve fare ricorso. Ma rispetto al trattamento degli obiettori durante il servizio, viene solo specificato che "l'obiettore è sottoposto agli stessi doveri del militare di leva, con la differenza che non è obbligato ad indossare un'arma e non può far uso di alcun tipo di violenza verso altri" e che il tipo di lavoro da svolgersi durante il servizio civile viene deciso dal Governo Federale.
In Republika Srpska è ancora più difficile avere un'idea del numero di domande presentate, perché non esiste una commissione di valutazione unica e le domande si presentano agli uffici militari locali di reclutamento dislocati sul territorio. Gli articoli 215, 216 e 217 della legge sulla difesa che riguardano il servizio civile in Republika Srpska, definiscono i termini di presentazione della domanda in 15 giorni dalla chiamata alla leva, ma mancano di specifiche rispetto ai tempi di risposta della commissione e alla possibilità di fare ricorso. Da sottolineare però che, rispetto alla legge in vigore in Federazione, nel testo dell'articolo 216 vi sono indicazioni precise sulle strutture ove il servizio civile va assolto: "...presso strutture di servizio dell'esercito, strutture di assistenza sanitaria, presso organismi di protezione civile, organizzazioni di riabilitazione per invalidi e altre strutture di generale interesse sociale".
All'organizzazione Zene Zenama ci riferiscono che fino ad ora in Republika Srpska sono state presentate una decina di domande, ma che i cittadini non hanno alcuna organizzazione che li assista e quindi le loro richieste sono state sempre bocciate. "Il ministero degli Interni non ci dà nessun sopporto" denunciano le donne di Zene Zenama "e i ragazzi che hanno fatto domanda tanto tempo fa non hanno avuto alcuna risposta. Vivono nella paura di poter essere arrestati da un giorno all'altro dalla polizia. Insomma questo è uno Stato in cui presenti una domanda, non ricevi alcuna risposta, e vivi senza alcuna garanzia con il rischio che da un momento all'altro ti portino di forza in caserma".
Un solo ragazzo, recentemente, è riuscito a trovare un lavoro per assolvere il servizio civile in un istituto per non vedenti. Esso rappresenta il primo vero caso di obiezione di coscienza in Bosnia Erzegovina, ma si tratta di un servizio civile "fai da te" in cui le istituzioni non hanno in alcun modo partecipato.
...ad una legge più giusta
Dal 2001 l'associazione Zene Zenama fa parte di una rete che coinvolge altre organizzazioni locali per la realizzazione della 'Campagna per L'obiezione di coscienza in Bosnia Erzegovina' e con realtà storiche come quella croata ARK -Antiratna kampanja Hrvatske. L'aumento dell'interesse verso l'argomento, sia della società civile che della comunità internazionale, ha reso possibile la recente apertura a Sarajevo di un ufficio centrale di coordinamento della campagna gestito da giovani obiettori.
"Tra i punti della legge che vogliamo cambiare" dicono a Zene Zenama "vi è l'innalzamento da 16 a 18 anni per l'età di chiamata alla leva e l'indicazione chiara sull'invito al reclutamento della possibilità di obiettare, la diminuzione della durata del servizio civile - che ad oggi è di 24 mesi su 12 di leva in Federazione e 12 mesi su 9 di leva in Republika Srpska - ma anche la definizione di tutte le modalità di realizzazione del servizio civile".
"Il governo infatti si è mosso solo recentemente per individuare le organizzazioni e le istituzioni presso le quali far operare gli obiettori - dichiara Darko Brkan dell'ufficio centrale di Sarajevo per la Campagna per l'obiezione - "attraverso un bando pubblico emesso dal Ministro della Difesa Federale - Mijo Anic - in cui si richiede alle organizzazioni di candidarsi". "Il problema non di poco conto" dice Darko "è la questione del mantenimento degli obiettori durante il servizio civile. La legge in vigore non specifica alcunché, ma a detta del ministro le spese di vitto, alloggio, trasporto e rimborso sono a carico dell'organizzazione o istituzione presso le quali l'obiettore svolge il servizio". Ed è un problema a doppio taglio. Da un lato è reale il rischio che si candidi un numero basso di organizzazioni perché sono poche quelle che si possono permettere di pagare questi oneri, dall'altro, aggiunge Darko "rimane il timore che il Ministero della Difesa utilizzi i fondi "risparmiati" per la diminuzione del numero dei soldati da mantenere e che li utilizzi per l'acquisto di armi... anche se il ministro ci ha rassicurato che questo non succederà, non abbiamo alcuna certezza in mano".
Pertanto in Bosnia Erzegovina tutti sono in attesa della riforma del servizio militare, il cui disegno di legge prevede ad esempio in Republika Srpska la riduzione degli anni di servizio di leva, ma non per il servizio civile. Non solo. In Republika Srpska non esiste nemmeno l'attenuante dei cinque anni di amnistia per i renitenti. Anche in questo ambito le divisioni sono triplici. Esistono tre leggi, quella delle due entità e quella del distretto a statuto speciale di Brcko. E così la scelta del luogo in cui assolvere il servizio militare si basa sul criterio di appartenenza nazionale alle entità, mentre nel distretto viene lasciata libertà di scelta al singolo cittadino.
Una delle questioni che si stanno negoziando con il Ministero dell'Istruzione è l'inserimento nei programmi scolastici di dibattiti e lezioni sull'argomento almeno nelle scuole superiori, soprattutto nelle classi frequentate dai ragazzi di imminente reclutamento. In realtà, nei programmi scolastici è stata inserita da qualche tempo una nuova materia - denominata "società civile" - che dovrebbe trattare anche tale argomento.
"E' difficile mettersi in contatto con i responsabili, con il Governo, convincere la gente sull'importanza dell'obiezione di coscienza". E aggiungono le donne di Zene Zenama "gli uomini che non sono pronti a combattere, oppure a fare il servizio militare, sono ancora considerati dei 'molli'. La nostra cultura è tale per cui una signora che siede al governo è arrivata a dire 'Noi non sappiamo ancora se gli uomini omosessuali sono maschi o femmine'...".
Insomma, è arduo lottare contro questo modo di pensare e di essere. Pare siano pochi quelli che recepiscono almeno l'utilità sociale del servizio civile, che porterebbe tanti ragazzi a fare con poca spesa un lavoro necessario alla comunità. Le esperienze della guerra passata incidono molto e la gente è ancora solita dire "...se non siamo armati e se non possiamo difenderci, l'aggressore potrà vincere".
Un sondaggio effettuato dalle donne di Zene Zenama per conto di Amnesty International, indica che solo il 50% della popolazione intervistata ha sentito parlare di obiezione di coscienza, ma molto pochi sanno con precisione che cosa significhi anche solo il termine. Mentre è ancora altissimo il numero di persone che pensa che l'esercito sia assolutamente necessario (Nezavisne Novine, 05.11.2001).
E proprio rispetto alla questione delle spese militari, all'inizio del 2001 il governo federale aveva chiesto un budget di circa 700 milioni di marchi tedeschi, ma gli organi della comunità internazionale deputati al controllo dei lavori istituzionali del paese ne hanno approvati solo 294 milioni. "Se consideriamo le necessità del paese, questi fondi sono troppo pochi" ha dichiarato il generale Miroslav Prce per il quotidiano Dani del 26 gennaio 2001, aggiungendo che "le condizioni di vita dei soldati in Bosnia Erzegovina sono molto difficili. Basta fare un paragone: in Croazia per ogni soldato vengono spesi 30.000 marchi tedeschi, mentre in Bosnia si parla di una cifra che va dai 6 ai 7.000 marchi tedeschi".
Le pressioni della comunità internazionali vanno però in altra direzione. Ad oggi l'esercito federale conta 24.000 soldati ma entro il 2002 il loro numero dovrà ridursi di molto (Dnevni Avaz, 08.11.2001). Anche per questo la Banca Mondiale ha approvato un finanziamento di 26 milioni di euro dedicato a progetti di riqualificazione e reinserimento nel mondo del lavoro per i militari smobilitati. La contrazione del numero di soldati a 15.000 unità rappresenta infatti un'indicazione su cui la comunità internazionale, utilizzando anche campagne di sensibilizzazione per la riduzione delle spese militari, insiste da tempo.
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