Bollette di luce e gas a Sarajevo (Foto Michele Biava)

Bollette di luce e gas a Sarajevo (Foto Michele Biava)

La crisi economica internazionale, e la stagnazione politica interna, stanno colpendo duramente la Bosnia Erzegovina. I poveri nel Paese sarebbero ormai un milione. Manifestazioni di protesta contro i rincari di luce e gas

06/12/2011 -  Michele Biava Sarajevo

Il 9 novembre il governo del Cantone di Sarajevo ha approvato il rincaro dei prezzi di acqua e riscaldamento, rispettivamente del 25 e del 33%, scatenando il malcontento della cittadinanza. Il giorno successivo, mentre alcune centinaia di pensionati infuriati manifestavano sotto il parlamento cantonale, la decisione è stata revocata.

All’origine dell’impopolare misura non c'era un maldestro tentativo di pareggiare i conti dell’ente di gestione dell’acqua, da anni in rosso, ma una condizione posta dalla Banca Mondiale e dalla Banca Europea per la Ricostruzione e lo Sviluppo. Il Cantone di Sarajevo ha infatti ricevuto un credito dalla prima e ne sta trattando un altro con la seconda, per finanziare il rifacimento della rete idrica, come ha ricordato lo stesso giorno in conferenza stampa Abid Jusić, ministro della Pianificazione Territoriale e Protezione Ambientale del Cantone.

Una delle condizioni poste dalle banche, però, è il rincaro del prezzo all’utente di almeno il 20%. Il credito serve per intervenire su un acquedotto che, tra perdite e collegamenti abusivi, raggiunge quote di dispersione del 70% (come ha fatto notare Fahrudin Pilavdžić, direttore dell’ente cantonale per l’acqua e le fognature). Il problema è che non è possibile aumentare di un quarto il costo di un bene primario come l’acqua, mantenuto costante per 14 anni, perché migliaia di utenti non sarebbero in grado di far fronte alla spesa.

Nermin Pećanac, ex premier del Cantone, ha bollato come “ridicole” le promesse fatte dall'attuale premier, Fikret Musić, di intraprendere misure correttive per non gravare sugli “8.988” cittadini in stato di indigenza. Gli indigenti, nel Cantone di Sarajevo, sarebbero infatti molti di più. Solamente i pensionati, che vivono percependo pensioni fino a 400 marchi al mese, sono più di 80.000. Intervistato da Nedžad Jamaković, sul popolare portale informativo Sarajevo-x , l'ex premier ha sostenuto che “[gli attuali leader] si comportano come se non sapessero che un milione di cittadini della Bosnia Erzegovina (BiH) vive sulla soglia di povertà, che il 60% dei pensionati vive in condizioni di estrema povertà [...] e che i programmi di assistenza sociale sono inconsistenti."

Per quanto riguarda il gas, il problema principale sarebbe rappresentato da un sistema di gestione della rete alla cui catena l'élite politica ha aggiunto troppe maglie inutili, ognuna delle quali incide sul prezzo al consumo.

Oltre un milione di poveri

Gli ultimi dati sul numero di cittadini della BiH in stato di indigenza erano stati resi noti il mese scorso. Aleksandra Pandurević, presidentessa della Commissione unitaria per i diritti umani del Parlamento bosniaco, nell’aprire la conferenza organizzata in occasione della giornata mondiale per la lotta alla povertà ha dichiarato: “Nel 2000 in BiH si registrava il 15% di poveri, nel 2008 il 18,2%. Oggi il 25% della popolazione vive sotto la soglia di povertà, mentre il 48% vive al limite di questa soglia [...]”

Un gesto sempre più comune: un sacchetto col pane del giorno prima appeso fuori del cestino dei rifiuti (Foto Michele Biava)

Un gesto sempre più comune: un sacchetto col pane del giorno prima appeso fuori del cestino dei rifiuti (Foto Michele Biava)

A sottolineare il fatto che il problema non si limita alle categorie normalmente considerate a rischio, Pandurević ha aggiunto che “il lavoro non significa sicurezza socio-economica. Dei 690.000 occupati, il 45% vive sotto la soglia di povertà, e un terzo dei lavoratori non si vede versati i contributi per la pensione e/o l’assicurazione sanitaria. Sulle spalle di un’economia malata, che sta soffocando sotto la pressione fiscale, e di lavoratori senza diritti, ci sono anche 550.000 pensionati e 530.000 disoccupati [...]”.

Sulejman Redžić, presidente del Circolo 99, associazione di intellettuali indipendenti, intervenendo sul tema "Globalizzazione e povertà; riflessioni sulla BiH", durante la sessione settimanale del 23 ottobre ha osservato che, secondo le statistiche, circa un terzo della popolazione della BiH è da considerarsi “affamato”, un altro terzo sulla soglia di povertà e dunque solo un terzo circa della popolazione godrebbe della ricchezza complessiva. Nel suo intervento ha provato a indicare una via d'uscita da questa situazione: “La Bosnia Erzegovina è un Paese in intensa transizione, subisce in modo particolare i riflessi dei processi di globalizzazione in tutti i settori. Le risorse naturali possono essere utilizzate in modo da ridurre la povertà, in particolare nelle zone rurali. D’altra parte, questa è una grande occasione per aprire nuovi posti di lavoro, in particolare per la forza lavoro semiqualificata o non qualificata [...]”

Valorizzazione o privatizzazione?

La privatizzazione del patrimonio statale però, considerata la via maestra per produrre valore, non ha prodotto sinora i risultati sperati. Transparency International si è occupata del processo di privatizzazione nel Paese, pubblicando nel giugno 2009 un documento di 133 pagine dal titolo: “Privatizzazione del capitale statale in Bosnia Erzegovina”. Nelle conclusioni si legge che “al 31 ottobre 2007, all’incirca i due terzi del capitale statale in Republika Srpska [RS, una delle due entità della Bosnia Erzegovina] è stato privatizzato, in Federazione [l'altra entità] circa il 52%. Una valutazione generale sul processo di privatizzazione in BiH per il momento mostra come la privatizzazione non abbia soddisfatto le aspettative per i seguenti motivi: lunghezza del processo, mancanza di criteri e normative chiare e trasparenti, trattamento diversificato dei potenziali investitori, [...] conflitto di interessi di rappresentanti istituzionali inclusi nel processo di privatizzazione. Come conseguenza di tutto questo la Bosnia Erzegovina ha la più bassa percentuale di investimenti esteri diretti in confronto agli altri Paesi in transizione, grandi speculazioni sono ricollegabili al cambiamento di proprietà della maggior parte delle aziende, mentre singoli casi di privatizzazione di aziende di interesse strategico attendono il loro epilogo in tribunale.”

Il crac dell'Alta

Il centro commerciale Alta (Foto Michele Biava)

Il centro commerciale Alta (Foto Michele Biava)

Uno degli uomini d’affari che, nonostante un quadro così fosco, ha investito in Bosnia, è il milionario americano Tie Sosnowsky, fondatore della compagnia Triland Development . Il 17 dicembre dello scorso inverno, alla presenza dell’Ambasciatore USA e di Željko Komšić, membro della presidenza tripartita bosniaca, inaugurava a Sarajevo il centro commerciale Alta, di fronte al parlamento nazionale. L'intenzione era quella di realizzare il paradiso degli stranieri ricchi residenti nella capitale. Quattro piani di centro commerciale in cui si poteva trovare tutto, dal parmigiano reggiano all’intimo griffato. Il progetto, però, è fallito dopo meno di un anno di attività. Alta vendeva poco e consumava troppo. Secondo le informazioni riportate dalla stampa locale, l’americano non ha pagato le bollette (126.000 marchi solo di corrente elettrica) e alla fine è scappato dal Paese. La banca Alpe Adria, presso cui la Triland Development aveva ottenuto un credito ipotecando l’investimento, avrebbe rilevato l’intero edificio. Le ragioni del crac dell’Alta sono semplici. Il potere d’acquisto in BiH è del 70% inferiore alla media europea, e la maggior parte delle persone che affollano i centri commerciali è lì solo per un caffè, eventualmente in attesa dei saldi. Si fa la spesa grande quando viene scontato anche il cibo, e si comprano i vestiti in posti come Azel France, una catena che vende capi economici invenduti nei Paesi ricchi. In posti come Alta, molti bosniaci non pensano nemmeno di mettere piede, facendo fatica a pagare affitto e bollette. Nelle grandi città, del resto, sempre più persone si rivolgono alle cucine popolari per un pasto caldo.