Mostar, tuffo nella Neretva

I croati della Bosnia Erzegovina divisi tra Zagabria e Sarajevo. Dalle aspirazioni degli anni '90 alle recenti divisioni. La posizione della diaspora e gli scenari possibili all'indomani del voto del primo ottobre. Un commento

19/10/2006 -  Dario Terzić Mostar

"Questa è Croazia, questa è Croazia!", gridavano i contadini croati nei pressi di Široki Brijeg nell'aprile del 1991, quando fermavano i carri armati della JNA (esercito popolare jugoslavo) diretti verso il Campo di Kupres. La guerra in Croazia stava per cominciare, e secondo i contadini quei carri armati andavano ad ammazzare i loro fratelli.

In quel periodo, in Erzegovina i manifestanti legavano le bandiere croate a quelle dell'islam. Era tutto diretto contro l'aggressore serbo.

E mentre si parlava della dissoluzione della Jugoslavia, in Bosnia Erzegovina (BiH) c'era tanta gente che pensava ad un nuovo paese indipendente. E certamente, secondo la Costituzione jugoslava del 1974, quel paese poteva essere la Bosnia ed Erzegovina. Però nell'Erzegovina occidentale era gia maturata l'idea di un'unione con la Croazia. Si può dire che era un progetto in incubazione da più di 40 anni. La diaspora croata all'estero (Argentina, Canada, Germania), per anni ha sognato di far uscire la Croazia dalla schiavitù serba e di fondare uno stato indipendente croato. Con l'HDZ Unione democratica croata, ndc di Franjo Tuđman, i sogni potevano anche realizzarsi. Nella diaspora, peraltro, c'erano tanti erzegovesi. Alcuni di loro, con la vittoria di Tuđman, hanno ottenuto altissime posizioni nel nuovo governo croato. Come Gojko Šušak ad esempio, ministro della Difesa. Così, i croati dell'Erzegovina occidentale erano sempre più convinti che ce l'avrebbero fatta a entrare in Croazia. Per ironia del destino, al referendum sull'indipendenza della Bosnia Erzegovina (che così sarebbe uscita dalla Jugoslavia) i croati hanno votato insieme ai musulmani per l'indipendenza. I serbi, invece, il referendum l'hanno boicottato. Però, una volta ottenuta una Bosnia indipendente, i croati dell'Erzegovina non l'hanno mai sentita loro, non hanno mai messo altre bandiere oltre a quelle della Croazia. Avevano votato al referendum per andare via dalla Jugoslavia, ma della Bosnia Erzegovina se ne fregavano.

Con l'HDZ e Tuđman, i croati dell'Erzegovina si immaginavano solo nella nuova Croazia. Però, con il tempo, hanno capito che le cose non sarebbero andate così. Una volta riconosciuto, lo stato bosniaco doveva sopravvivere. Gli accordi di Washington del marzo 1994 hanno portato alla fine della guerra tra croati e bosniaci. Tuđman e Izetbegović hanno firmato l'accordo sulla creazione della Federazione croato-bosniaca in Bosnia Erzegovina, e la possibile confederazione con la Croazia. Poi sono arrivati i famosi accordi di Dayton che hanno messo la parola fine alla guerra bosniaca. Con Dayton, si sono stabilite due entità in Bosnia Erzegovina: la Republika Srpska e la Federazione croato-bosniaca.

Durante la guerra, l'Erzegovina occidentale era praticamente fuori dalla guerra. Un paio di granate sono cadute a Široki Brijeg, nell'aprile del 1992, e poi quasi niente. E' vero che gli uomini di questa regione sono andati a combattere a Mostar, Vitez ecc., però gli scontri, qui, non ci sono stati. La vita andava avanti molto più tranquillamente rispetto alle altre regioni della Bosnia Erzegovina. Inoltre, questo era un corridoio per il trasporto di cibo e armi. I croati dell'Erzegovina, sempre bravi, hanno approfittato pure di questo, e si prendevano una parte della merce che passava. Così, la roba che veniva inviata come aiuto umanitario si poteva comprare nei negozi (cioè, una parte dell'aiuto umanitario lo prendevano per loro e poi lo vendevano). Così, la crisi economica qui non si è sentita proprio. Il cibo bastava per tutti. E poi ad esempio a Međugorje, che era abbastanza tranquilla, erano alloggiati quelli della comunità internazionale che pagavano l'affitto, mangiavano nei ristoranti e così via. Così, la gente guadagnava anche in quel modo. E sopratutto, nessuno pagava le tasse. In pratica lo Stato non esisteva. Alcuni degli imprenditori più ricchi ogni tanto davano una somma di denaro per l'HVO (l'esercito croato bosniaco), però la maggior parte la tenevano per loro. Così, in un paio di anni, sono cresciute grandi case, ristoranti lussuosi, centri commerciali. Nello stesso tempo, nella Croazia vera e propria, ad esempio in Slavonija, le cose erano molto diverse. Anche lì c'era la guerra (Vukovar), ma la gente non è riuscita a cavarsela bene come gli erzegovesi. E' per questo che i croati della Croazia si sono molto arrabbiati con i loro fratelli in Erezegovina, perchè questi sono riusciti ad avere tutto.

Subito dopo la guerra, già nel 1996, sotto la pressione della comunità internazionale, in Bosnia Erzegovina dovevano prendere vita le istituzioni dello stato bosniaco e soprattutto della Federazione. In Erzegovina, come moneta ufficiale, si usava la kuna croata. Passare al marco convertibile (km) era un problema. Però, con gli anni, la kuna è sparita. Le targhe automobilistiche, poi, nella parte della cosiddetta Herceg-Bosna, portavano lo scacchiere croato. Si doveva cambiare anche quello, e mettere la nuova targa unica comune a tutta la Bosnia Erzegovina. Per tanti anni, i croati dell'Erzegovina potevano entrare in Croazia con la sola la carta d'identità. Poi, nel 1997, hanno dovuto presentarsi con i documenti della Bosnia Erzegovina. E molti di loro non erano per niente soddisfatti di questo. Però, col tempo, si sono abituati, e hanno accettato questi cambiamenti. L'unica cosa che è rimasta sono le bandiere. Per capirsi, in tutta l'Erzegovina occidentale e in altre parti della ex Herceg-Bosna è quasi impossibile vedere la bandiera della Bosnia Erzegovina, o quella della Federazione. Si vedono solo quelle del popolo croato in BiH (che sono molto simili alla bandiera ufficiale della Croazia).

La convivenza con i bosniaci, per i croati, è diventata un obbligo, una cosa imposta. Ma comunque si vive. E' vero che la Federazione funziona molto solo sulla carta, mentre in pratica molte cose sono divise. La rete elettrica, le poste... Tutti gli enti pubblici sono doppi, uno per la regione a maggioranza croata e l'altro per quella bosniaca. Rimane il problema della Televisione federale, la cui sede si trova a Sarajevo e che è più bosniaca, cioè "musulmana", che croata.

In tutto questo tempo (dal 1990) i croati erzegovesi sono stati guidati dal partito HDZ-BiH (Unione Democratica Croata della Bosnia Erzegovina). La vittoria di Tuđman in Croazia è stata considerata una vittoria anche per loro. Al timone dell'HDZ-BiH, in questi ultimi 15 anni, ci sono stati parecchi cambiamenti. Il leader dell'HDZ-BiH durante la guerra era Mate Boban, molto amico di Tuđman, del ministro Šušak e di Ivić Pašalić, un altro erzegovese, pezzo da novanta nell'HDZ croato a Zagabria. Poi, in modo misterioso, è stato ucciso, otto anni fa. Ne sono arrivati altri, Ante Jelavić, poi Dragan Čović. E tutti hanno avuto problemi con la legge. Jelavić è stato condannato un mese fa a dieci anni di carcere, e adesso è in fuga. Altri problemi minacciano anche Čović. Le accuse, spesso, sono di frode, truffa, fondi provenienti da Zagabria in modo poco chiaro eccetera.

Col tempo, nell'ambito dello stesso partito, sono nati conflitti, finchè una frazione ha deciso di andarsene via. E' nato così, pochi mesi fa, il nuovo HDZ 1990, con leader Božo Ljubić. Con questo scisma sono nate nuove divisioni nell'ambito del popolo croato dell'Erzegovina. Così, alle elezioni di ottobre, una parte di loro ha votato Ivo Miro Jović (del partito di Čović) e l'altra ha votato Ljubić.

Questo potrebbe significare l'inizio di una nuova era per i croati dell'Erzegovina. Per il momento, sembra che Ljubić in coalizione con Jurišić dell'HSP Partito Croato del Diritto, ndc avrà la maggioranza nei parlamenti dei cantoni che coprono la regione "pura croata" della Bosnia Erzegovina.

I croati erzegovesi sono rimasti delusissimi del fatto che nella presidenza tripartita li rappresenterà Ivo Komšić, dell'SDP (socialdemocratici). Si sono lamentati e lamentati. E continuano sottolineando che Komšić ha la legalità, ma non la legittimità croata.

Ma cosa dicono i fratelli di Zagabria? Il primo ministro della Croazia, Ivo Sanader, è chiarissimo: noi non ci immischieremo negli affari di un altro paese. Nel frattempo, anche la diaspora erzegovese in Germania dichiara che è giunta l'ora di dedicarsi alla Bosnia Erzegovina, perchè "siamo stati traditi da Zagabria e dobbiamo capire che la nostra capitale è Sarajevo".

Piano piano anche gli altri croati della Bosnia Erzegovina dovranno accettare questa triste verità. Zagabria è lontana e la loro patria, nonostante tutto, è proprio la Bosnia Erzegovina.