Il centro di ricerca ESI, ha da poco pubblicato un paper sulle riforme costituzionali in Bosnia Erzegovina. Si invita l'Alto Rappresentante a non imporle dall'alto ma lasciare che siano le autorità bosniache ad arrivare ad un accordo.
A cura di Davide Sighele
In alcuni articoli pubblicati in passato abbiamo già affrontato la questione delle riforme costituzionali in Republika Srpska ed in Federazione. Lo abbiamo fatto tra l'altro con un'intervista a Joseph Marko, giudice nella Corte costituzionale bosniaca e quindi tra gli autori delle sentenze che hanno dichiarato incostituzionali varie previsioni delle Carte delle due Entità. Il centro di ricerca European Stability Initiative, ha da poco pubblicato un discussion paper proprio sull'argomento. Riteniamo utile presentare brevemente la posizione assunta dagli autori.
Sugli emendamenti alle carte costituzionali delle due Entità la Bosnia Erzegovina sta senza dubbio attraversando un'impasse. Non è stata infatti sufficiente la creazione di due Commissioni con il compito di valutare del merito e nella forma come procedere per attuarle dopo che si sono rese necessarie in seguito ad alcune sentenze della Corte Costituzionale Bosniaca.
I rispettivi parlamenti nulla hanno ancora fatto a questo proposito ed il dibattito nel paese è acceso ed in alcuni momenti anche radicale; certo emerge poca predisposizione in seno ai partiti politici al raggiungimento di un compromesso.
In questa situazione i ricercatori dell' ESI si chiedono se non sia opportuno che, come già invitato a fare da parte di alcuni rappresentanti bosniaco-musulmani, sia lo stesso Alto Rappresentante ad intervenire, come altre volte in passato, per imporre con l'autorità che gli è riconosciuta dagli Accordi di Dayton le riforme necessarie.
Gli autori si schierano contro quest'eventualità e nel paper espongono chiaramente le loro argomentazioni. Innanzitutto a loro avviso l'aurea di urgenza che ha aleggiato in queste settimane attorno alle riforme costituzionali sarebbe da sfatare. Un loro ritardo ad esempio non bloccherebbe l'entrata del paese nel Consiglio d'Europa; l'adeguamento delle carte costituzionali ai principi sui quali il Consiglio si basa deve infatti avvenire entro un anno dall'adesione del paese al Consiglio stesso, prevista per la Bosnia Erzegovina per il maggio del 2002. Né, a detta dell'ESI, reggerebbe l'argomentazione che le riforme vadano attuate prima delle elezioni previste nell'ottobre prossimo dato che vuoti legislativi non hanno impedito che anche le elezioni precedenti si svolgessero in modo regolare.
Il processo che porterà alla modifica delle carte costituzionali delle due Entità, e quindi anche ad una possibile radicale trasformazione delle istituzioni stesse che governano attualmente la Bosnia Erzegovina, viene visto come essenzialmente politico, con i tempi lunghi che implica. Sarebbe quindi un errore e foriero di de-responsabilizzazione bloccarlo sul nascere con una decisione imposta dall'alto.
Lo stesso Wolfgang Petrisch, in un articolo pubblicato da Oslobodjenje lo scorso 11 febbraio, dichiara che "...questo è un processo che non può prescindere da tempi anche lunghi, sostanzialmente diverso da un semplice negoziato. Deve essere modificato il modo di pensare. E' servito tempo affinché il nazionalismo estremo evaporasse; si è dovuto sostituirlo con l'iniziativa civica, con un approccio politico nel quale il compromesso ed il consensus non vengono interpretati come segnali di debolezza. In altre parole: la politica in Bosnia doveva maturare e normalizzarsi".
Ed i ricercatori dell'ESI, ad ulteriore conferma della tesi da loro sostenuta, sono anche andati ad analizzare le sentenze della Corte Costituzionale bosniaca nelle quali, a loro avviso, non viene mai posto un termine ultimo entro il quale le modifiche costituzionali devono essere attuate.
Nel paper vengono inoltre poste alcune domande aperte, volte ad aprire una discussione sul merito stesso delle riforme: sarebbero effettivamente difesi in modo migliore gli interessi della popolazione della BiH se passassero riforme basate sul concetto di proporzionalità etnica alla base della rappresentanza? Migliorerà la qualità di vita estendendo i veti incrociati? Il cambiamento della composizione etnica all'interno delle autorità governative in Republika Srpska porterà effettivamente a garantire maggiormente la minoranza bosniaca e quella croata?
Piuttosto che soffermarsi sul "tema del mese" delle modifiche costituzionali che secondo i ricercatori è senza dubbio simbolico e carico da punto di vista emotivo ma il cui legame con il benessere del cittadino medio è tutto da dimostrare, occorre modificare il punto di vista sulla questione.
A partire da un'inchiesta promossa dal National Democratic Institute e pubblicata nel febbraio 2002. Da questa emergerebbe che il 60% dei cittadini bosniaci intervistati ritiene la disoccupazione il principale problema che il paese deve affrontare, seguono la corruzione a livello governativo, l'emorragia di forza lavoro giovane verso l'estero, l'inadeguatezza dei servizi sociali e solo al quinto posto gli "interessi nazionali".
Bisogna inoltre considerare che in Bosnia Erzegovina negli ultimi anni il ritorno delle minoranze nei luoghi di origine è aumentato notevolmente e che quindi ci si ritrova di fronte ad una situazione bosniaca radicalmente mutata dove i risultati ottenuti dalla pulizia etnica pian piano si stanno sgretolando.
Secondo l'ESI occorre continuare sulla strada della promozione di quest'integrazione etnica e della modificazione della realtà sociale uscita dal conflitto piuttosto che procedere forzatamente, attraverso un'imposizione dall'alto, alla modifica delle carte costituzionali delle Entità.
Se l'Alto Rappresentante scegliesse quest'opzione, secondo l'ESI si rischierebbe che la comunità internazionale si trovi obbligata ad impegnarsi nei prossimi anni per attuare una radicale riforma delle istituzioni politiche della Bosnia Erzegovina, confrontandosi anche con una dura opposizione delle autorità locali, distogliendo in questo modo capitale finanziario ed umano da altre questioni sicuramente più importanti. "Un'imposizione dell'Alto Rappresentante non riuscirà a cambiare la vita politica bosniaca. E' molto più importante sostenere e sviluppare la capacità della Bosnia di cambiarsi nel tempo", concludono gli autori.
Vedi anche:
Braccio di ferro tra Corte Costituzionale e le due Entità in Bosnia
La Bosnia tra nazionalismi locali ed errori internazionali