Una recente ricerca condotta da BIRN e Share Foundation ha messo in luce una serie di casi di violazione dei diritti digitali in Serbia, Bosnia Erzegovina, Ungheria, Croazia, Romania e Macedonia del Nord
(Originariamente pubblicato da Mediacentar Sarajevo, il 4 giugno 2020)
Nell’ambito di un monitoraggio effettuato dal Balkan Investigative Reporting Network (BIRN) e dalla Fondazione SHARE durante la pandemia di coronavirus (dal 26 gennaio al 26 maggio 2020) sono stati registrati 163 casi di violazione dei diritti digitali in Bosnia Erzegovina, Ungheria, Croazia, Serbia, Romania e Macedonia del Nord. Come riporta il portale Detektor , in più della metà dei casi registrati si è trattato di propaganda, disinformazione, diffusione di notizie false e di informazioni non verificate. Quasi l’80% delle vittime è rappresentato da semplici cittadini.
Dei 163 casi di violazioni registrati, in 68 casi si è trattato di manipolazioni digitali, mentre 25 casi hanno riguardato la diffusione di notizie false e informazioni non verificate, allo scopo di danneggiare la reputazione della vittima.
Per quanto riguarda i casi registrati in Bosnia Erzegovina, su una pagina Facebook sono stati pubblicati alcuni post che invitavano a distruggere le antenne 5G a Tuzla, mentre sul portale Buka sono state pubblicate informazioni false sui gruppi sanguigni che sarebbero più esposti al rischio di Covid 19.
In quasi il 25% dei casi, sono i funzionari statali, oppure lo stato, ad essere ritenuti responsabili delle violazioni dei diritti e delle libertà digitali.
Nel periodo preso in considerazione, molti governi hanno adottato regole e misure straordinarie per contrastare la diffusione del coronavirus, la cui implementazione si è rivelata inadeguata rispetto agli obiettivi prefissati. Così ad esempio, i governi di Serbia, Ungheria e Romania hanno approvato alcuni provvedimenti che hanno limitato la libertà dei media.
Tra le misure applicate per contrastare la circolazione di notizie false e la diffusione del panico sui social network, le autorità hanno più spesso optato per l’arresto o per una sanzione amministrativa pecuniaria. In Serbia si sono verificati numerosi casi di arresto e fermo, tra cui il caso della giornalista Ana Lalić, che è stata sottoposta al fermo di 48 ore per aver denunciato, in un suo articolo, la mancanza di dispositivi di protezione nel Centro clinico della Vojvodina a Novi Sad.
Per quanto riguarda la Bosnia Erzegovina, a Sarajevo una persona è stata arrestata per aver minacciato la polizia nei commenti scritti sul portale Klix, mentre una persona di Bijeljina è stata arrestata per aver pubblicato sul suo profilo Facebook alcuni messaggi contenenti minacce rivolte alla polizia. Alcune persone sono state sanzionate con una pena pecuniaria per aver pubblicato notizie false e per aver diffuso il panico sui social network, tra cui una persona di Bosanska Gradiška alla quale è stata inflitta una multa di 1000 euro.
Durante la pandemia di coronavirus sono stati registrati anche 18 casi di violazione del diritto alla protezione dei dati personali. Uno di questi casi si è verificato in Republika Srpska dove il governo ha lanciato un sito web dedicato al coronavirus su cui è stata pubblicata una lista delle persone che avevano violato l’obbligo di auto-isolamento.
Anche i cyber criminali hanno approfittato della pandemia di coronavirus. Sono stati infatti registrati 11 casi di frode informatica, di cui 3 casi di distruzione e furto di dati e di programmi.
In questo periodo di emergenza, alcune categorie di persone sono state particolarmente esposte a minacce, discriminazioni e messaggi d’odio, tra cui giornalisti, operatori medici, cittadini in quarantena, donne, migranti, cinesi, rom ed ebrei.
I dati aggiornati sui casi di violazione dei diritti e delle libertà digitali sono disponibili online, nelle lingue locali, per Bosnia Erzegovina , Croazia , Ungheria , Macedonia del Nord , Romania e Serbia . È disponibile anche un database regionale .
Le informazioni sui casi di violazione dei diritti digitali registrati durante la pandemia di coronavirus sono disponibili anche sul portale BIRN Investigative Resource Desk (BIRD). La versione integrale del rapporto, in lingua inglese, è disponibile a questo indirizzo .