Svetlana Broz (foto Medija Centar Belgrado)

Svetlana Broz (foto Medija Centar Belgrado )

E' un grido di allarme quello lanciato da Svetlana Broz, direttrice dell'associazione Gariwo di Sarajevo. I territori dei Balcani occidentali vengono lasciati in mano a politici criminali, con una comunità internazionale troppo attendista. Una flebile speranza resta nei giovani, se ancora non se ne sono andati all'estero

29/10/2021 -  Nastasja Radović

(Originariamente pubblicato da Monitor , il 22 ottobre 2021)

Durante una recente riunione dei ministri degli Esteri degli stati membri dell’Unione europea Josep Borrell, Alto rappresentante dell’UE per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, ha presentato una relazione in cui ha espresso forte preoccupazione per la situazione nei Balcani occidentali. Lei conosce bene i paesi dei Balcani occidentali, oggi come li vede?

Li vedo, ormai da più di tre decenni, come una polveriera, ed è una percezione che non deve affatto stupire. Immaginiamo come sarebbe oggi la Germania se dopo la Seconda guerra mondiale gli Alleati avessero permesso al Partito nazionalsocialista tedesco e ai collaboratori di Hitler di rimanere al potere. Questo partito fu bandito dalla legge – tale divieto è tuttora in vigore – e dei ventiquattro criminali di guerra processati a Norimberga ventitré furono condannati a morte in un processo durato tre anni e mezzo.

Nei Balcani accadde l’esatto contrario: tutti i partiti nazionali (leggi nazional-socialisti, ndr) che avevano orchestrato e portato avanti le guerre degli anni Novanta sono rimasti al potere anche dopo le guerre e governano ancora, e i processi per crimini di guerra presso il Tribunale penale internazionale per l’ex Jugoslavia si sono protratti per quasi tre decenni. Tutto nel nome del rispetto dei diritti umani degli imputati che uccisero più di 100mila persone e costrinsero 2,5 milioni di cittadini bosniaco-erzegovesi ad abbandonare le loro case. La maggior parte degli ideatori di questi crimini è ancora al potere nei paesi dei Balcani occidentali, sono diventati membri della più potente organizzazione criminale in Europa, vengono eletti da cittadini impauriti, con la benedizione dell’UE.

Ritiene che le condizioni di vita dei semplici cittadini dei paesi dei Balcani occidentali possano migliorare senza condizionamenti e pressioni da parte delle organizzazioni internazionali, dell’UE e degli Stati Uniti?

I cittadini inermi non possono tenere a bada coloro che hanno tutto il potere, soldi e assassini addestrati a combattere le guerre come quelle degli anni Novanta, guerre che i politici al potere sembrano voler riaccendere. Basterebbe che le istituzioni internazionali - che sono presenti nei Balcani ormai da più di trent'anni e per tutto questo tempo hanno continuato a seguire e registrare con accuratezza tutte le attività criminali - mettessero insieme e rivelassero tutte le prove di cui dispongono e che si impegnassero a creare le condizioni affinché i procuratori e i giudici possano esercitare le loro funzioni in modo imparziale. Così facendo contribuirebbero a creare una magistratura indipendente. Ma siccome negli ultimi tre decenni le istituzioni internazionali non hanno mai ritenuto opportuno farlo, sembra che a loro giovi la perenne instabilità dei Balcani occidentali. Resta da vedere per quanto tempo ancora gioverà loro tale situazione.

Ricordo una conversazione intrattenuta molto tempo fa con il segretario generale dell’Osce che, rispondendo al mio appello affinché l’Osce aiutasse i paesi dei Balcani occidentali a sconfiggere la criminalità organizzata, affermò che ogni paese doveva affrontare quella sfida da solo. Da allora nulla è cambiato. I criminali governano, mentre i cittadini derubati tacciono temendo che la situazione possa ancora peggiorare.

Sembra che la Bosnia Erzegovina venga ancora percepita come una terra “di nessuno e di tutti”, perenne bersaglio di pretese territoriali…

Oggi l’idea della Grande Serbia e della Grande Croazia, basate su pretese territoriali nei confronti della Bosnia Erzegovina, sono più vive che mai. I politicanti senza scrupoli sono sempre disposti a sacrificare innumerevoli vite umane per realizzare quelle idee. In questi giorni in Republika Srpska le armi vengono distribuite ai cittadini, come accadeva anche nel 1991.

L’Europa e il resto del mondo guardavano silenti la sanguinosa dissoluzione della Jugoslavia, solo pochi osarono alzare la voce, come Alexander Langer, scrittore e membro del Parlamento europeo che si suicidò in segno di protesta contro il silenzio disinvolto dell’Europa e delle sue istituzioni. Se dovesse scoppiare un nuovo conflitto, l’Europa rimarrà di nuovo in silenzio?

La Costituzione e il sistema elettorale della Bosnia Erzegovina sono stati ampiamente criticati in quanto considerati discriminatori, come stabilito anche dalla Corte europea dei diritti dell’uomo. Volendo volgere lo sguardo al di là della normativa, come vivono oggi i cittadini della Bosnia Erzegovina? È stato fatto qualche passo avanti nell’avvicinamento e nella riconciliazione tra i vari gruppi etno-nazionali?

La Costituzione della Bosnia Erzegovina, contenuta nell’Accordo di Dayton, pone le basi di uno stato imperniato sul concetto di etnia, e questo giova ai fascisti che governano creando divisioni e ricorrendo a intimidazioni, minacce e pratiche corruttive, al contempo temendo la possibilità che venga creato uno stato democratico che li manderebbe là dove dovrebbero stare – dritto in prigione. In tutti i Balcani si assiste al riaffiorare del fascismo che sempre comporta l’esibizione dei simboli dell’ideologia del sangue e suolo, e questo implica la negazione dell’altro e del diverso; un fascismo che chiede ai suoi seguaci di dimostrare lealtà esprimendo ostilità e odio verso gli altri. Quelli che pensano con la propria testa rifiutano tale ideologia, sposando persone di nazionalità diversa o abbandonando la Bosnia Erzegovina in cerca di una vita nel mondo civilizzato. Quelli che restano in Bosnia Erzegovina vivono spaccati tra la paura dell’altro (una paura che può condurre anche all’odio) e il rispetto e l'amore verso l’altro.

Questa situazione è conseguenza del fatto che, a trent’anni di distanza, nella regione post jugoslava non è ancora stato avviato un processo di confronto con il passato a livello istituzionale che presupponga la disponibilità [di ogni paese della regione] ad assumersi la propria responsabilità di quanto accaduto nel recente passato e di chiedere perdono alle vittime. Una situazione che giova ai politicanti di stampo fascista che si mantengono al potere solo grazie all’odio alimentato da paura, provocando continuamente incidenti per nascondere furti e omicidi, ma anche la propria incapacità di guidare i loro paesi verso il progresso e la cooperazione.

La situazione politica in Bosnia Erzegovina è sempre più tesa. I funzionari della Republika Srpska, in primis Milorad Dodik, continuano a boicottare i lavori delle istituzioni centrali a causa della decisione dell’ex Alto rappresentante per la Bosnia Erzegovina Valentin Inzko di introdurre emendamenti legislativi che vietano la negazione dei crimini di guerra. Pensa che il nuovo Alto rappresentante Christian Schmidt intenda utilizzare le sue prerogative per porre fine all’attuale situazione di stallo?

Mi vergogno di essere cittadina di un paese che tace di fronte al comportamento di un uomo che ha evidentemente perso ogni controllo e continua a invocare l’abrogazione della legge che vieta la negazione del genocidio. [Dodik] ha negato pubblicamente decine di volte il genocidio [di Srebrenica], nonostante il Tribunale dell’Aja abbia emesso diverse sentenze, che rimarranno come testimonianza per i posteri, stabilendo che quanto accaduto a Srebrenica fu genocidio. Alcuni politici dissennati vanno fieri di ciò di cui una persona intelligente si vergogna.

Sono ormai quasi tre decenni che Dodik ricopre la carica di membro della Presidenza tripartita della Bosnia Erzegovina, al contempo negando la Bosnia Erzegovina come stato sovrano e cercando di portare alla sua dissoluzione. E finora nessuno lo ha mai sanzionato. Se Christian Schmidt non dovesse utilizzare i suoi poteri per impedire la dissoluzione del paese e l'ulteriore umiliazione dei cittadini, anch’egli rimarrà relegato nel lato oscuro della storia della Bosnia Erzegovina.

Oltre ai centomila morti, ai centomila feriti, ai 2,5 milioni di sfollati, un milione di persone distrutte sparse per il mondo, con gli occhi che non emanano più alcuna luce, oppresse dalla tristezza e dalla nostalgia di casa che dovettero abbandonare, la guerra in Bosnia Erzegovina ha portato solo all’arricchimento di una cricca di banditi che si presentano come politici e come leader spirituali dei loro popoli. Lo stato membro delle Nazioni Unite che un tempo si chiamava Repubblica di Bosnia Erzegovina aveva subito un’aggressione prima da parte del regime di Belgrado e poi da parte del regime di Zagabria, per poi perdere, con gli Accordi di Dayton, l’epiteto di “repubblica” e il 49% del suo territorio divenne la Republika Srpska! Mi chiedo se [la creazione della Republika Srpska] sia stata una ricompensa per il genocidio. Perché alcuni si battono con tanta ostinazione per preservare quella creazione e il suo nome?

Pensa che la recente vittoria di nuove forze politiche a Zagabria e Sarajevo sia l’indizio di un cambiamento più ampio che possa portare al potere dei partiti politici lontani da un’ideologia etno-nazionale?

A Zagabria la precedente amministrazione comunale ha fatto talmente arrabbiare i cittadini che questi ultimi hanno scelto un’opzione politica che non si è mai macchiata di crimini. Anche a Sarajevo gli elettori hanno punito i politici che hanno governato per troppo tempo senza raggiungere grandi risultati, e che erano coinvolti in diversi scandali di corruzione. Tuttavia, la maggior parte dei leader di questi nuove forze di opposizione provengono dalle fila dei principali partiti etno-nazionali, quindi staremo a vedere come si comporteranno.

C’è chi ritiene che la situazione nei Balcani non sia mai stata peggiore, fin dalle guerre degli anni Novanta. Secondo lei, chi trae vantaggio dell’attuale situazione nella regione?

Le strutture criminali e politiche clerofasciste furono le uniche a trarre vantaggio dalla dissoluzione della Jugoslavia, e allo stesso modo traggono vantaggio anche dall’attuale situazione.

A distanza di trent’anni dalle guerre di dissoluzione della Jugoslavia, pensa che le nuove generazioni possano compiere una svolta positiva, considerando le circostanze in cui sono cresciute?

È difficile aspettarsi che i giovani cresciuti in un ambiente amorale e nazionalista riescano a compiere una svolta. Quei pochi che hanno avuto la fortuna di crescere in una famiglia non conservatrice sono già andati all’estero. Sarebbe bello, anche se non è realistico aspettarselo, se questi giovani ritornassero dall’estero e facessero quella svolta positiva di cui hanno bisogno tutti i paesi dei Balcani occidentali. Essendo un incorreggibile ottimista, io continuo a invitarli a ritornare e li aspetto.