Il centro di Tuzla (foto di Mato Papic /Shutterstock)

Il centro di Tuzla (foto di Mato Papic /Shutterstock)

Un appassionato ritratto di una delle città della Bosnia Erzegovina dove il passato di convivenza non è mai stato dimenticato. Riceviamo e volentieri pubblichiamo

12/12/2018 -  Edvard Cucek

La città di Tuzla resiste ancora e continua a rappresentare l'unico posto dove, a mio avviso, vive ancora la Bosnia multiculturale, tollerante e dal volto umano.

Tuzla, nord-est del paese, è stata tra le poche città bosniache, l’unica tra le grandi città, dove nelle prime elezioni democratiche dopo il referendum per l’indipendenza dalla Jugoslavia non vinse nessuno dei tre partiti di forte orientamento nazionalista. A Tuzla vinsero i “Riformisti”, socialisti riformati guidati dall’allora premier della Jugoslavia Ante Marković.

Solo a Tuzla questo partito ha avuto la forza di sconfiggere i richiami del populismo, le promesse di quei nazionalisti che proponevano le armi e i “diritti al suolo” invece che lavoro e pace. All’epoca i "Riformisti" locali erano guidati da Selim Bešlagić, diventato poi sindaco della città per due mandati consecutivi. Grazie a quest’uomo Tuzla è rimasta un’eccezione di tolleranza, almeno per quanto consentito dalle circostanze e dai vicini fronti di conflitto, per i lunghi 4 anni della sanguinosa guerra bosniaca.

La Tuzla multietnica ha affrontato anche l’impatto del genocidio di Srebrenica, accogliendo più di 67.000 profughi dalla Bosnia orientale. I risultati e le differenze tra i censimenti del 1991 e quello del 2013 dimostrano che il cambiamento della composizione di popolazione urbana e delle zone limitrofe a Tuzla è molto minore rispetto a tutte le altre città bosniache, nonostante l’enorme flusso di profughi provenienti dalle zone devastate lungo il fiume Drina. La città vanta ancora oggi una sostanziosa presenza di minoranze etniche e linguistiche tra le quali quella italiana, in mezzo a cui spicca quella di origine trentina e primierotta. Secondo i risultati del censimento del 2013, gli “altri” (ovvero i cittadini non appartenenti ai 3 popoli costitutivi) a Tuzla sono addirittura 9143. Assieme ai “non dichiarati”, rappresentano il 10% sulla popolazione totale.

La città sorta su giacimenti di sale è riuscita a sopravvivere alla guerra, ma ha dovuto affrontare subito una seconda sfida, quella della sussistenza economica. Selim Bešlagić è stato confermato primo cittadino anche dopo la guerra e ha ricoperto questo incarico fino al 2001. Già nei primi anni 2000 però questa municipalità, prima del conflitto molto industrializzata, sembrava inesorabilmente sprofondare nell’abisso creatosi dopo la distruzione del tessuto industriale che aveva garantito lavoro e guadagno a gran parte dei suoi cittadini e alle loro famiglie. Destinata ad un lento declino anche in quanto “disobbediente”: la città di Tuzla e i suoi abitanti hanno sostenuto per anni il Partito Social Democratico (SDP) e il suo candidato sindaco. Fino ad oggi, la città non si è mai arresa alle promesse dei politici nazionalisti. 

Una scelta, questa, che ha portato questo territorio ad essere malvisto dai governi centrali e cantonali, formati quasi sempre da maggioranze composte da partiti di forte orientamento nazionalista. 

Il sale e le voragini

Già da tempo ormai la vocazione di città mineraria di Tuzla ha iniziato a rivelare conseguenze nefaste. Gli edifici, anche nel centro storico, hanno lentamente iniziato a sprofondare in voragini causate dagli scavi sotterranei effettuati per l’estrazione del sale. Un problema serio anche per la viabilità e non solo. A seguito degli abbassamenti del terreno, hanno subito danni gli acquedotti, la rete fognaria e quella di fornitura elettrica. Il successore del sindaco Bešlagić si è trovato ad affrontare quindi una situazione non facile.

Il nuovo primo cittadino di Tuzla, Jasmin Imamović, eletto nel 2001 per un mandato che è stato il primo dei cinque attuali, l’ultimo confermato nel 2016, è una persona di forti convinzioni antifasciste nonché scrittore. Si deve a lui uno dei premi per la letteratura più prestigiosi in tutta la Bosnia Erzegovina, il premio letterario “Meša Selimović”.

La sua prima battaglia vinta è stato il salvataggio del nucleo storico della città dagli sprofondamenti causati dall’estrazione di sale. Nel frattempo si sono aggravati i problemi alla rete idrica, che accompagnavano la città a dire il vero dal 1931 quando vennero registrate le prime riduzioni giornaliere dell'acqua per i suoi cittadini e il problema non venne risolto in maniera definitiva nemmeno durante la Jugoslavia socialista. La città rischiava di rimanere a secco nonostante disponesse di risorse idriche ben superiori ai bisogni della popolazione. Il sindaco Jasmin Imamović ha avviato una corsa contro il tempo e in questo tentativo molti hanno visto un fallimento scontato e la fine del sindaco-scrittore.

Non è andata così. Imamović, che per un periodo di 10 giorni ha diretto i cantieri personalmente, ha diviso la città in piccole zone di fornitura indipendenti dalla rete principale. Lì sono state sostituite tutte le tubature e come passo successivo è stata costituita una centrale di gestione dell'acqua. Grazie ad investimenti anche esteri (soprattutto del governo ungherese), nel 2006 è entrata in funzione “Cerik”, la fabbrica dell’acqua potabile di Tuzla. La tecnologia avanzata della “Zenon” ungherese, figlia della multinazionale General Electric, alimentata dal lago artificiale di accumulo di Modrac ha messo fine alle riduzioni dell’acqua durate quasi più di 70 anni.

"Panonika"

Una volta affrontato il problema dell’acqua potabile, a Tuzla è stato avviato il progetto della cosiddetta “Panonika”, già anticipata da Selim Bešlagić nel suo libro “Tuzland” del 2000. Nel volume si parla di un lago salato (poi diventati laghi) in centro città. I laghi si riempiono quotidianamente di una miscela tra l'acqua fornita dalla sunnominata fabbrica dell’acqua e da acque saline provenienti dai pozzi situati nelle vicinanze del complesso, che contribuiscono alla salinità dell’acqua nei laghi per circa il 30%.

La prima tappa della realizzazione di un complesso balneare è stata la creazione di un primo lago salato nel 2003, che ad oggi rimane l’unico esempio di lago salato in Europa. Successivamente, nel 2006, è stata messa in funzione la replica di un insediamento neolitico, corredato da un museo di case di legno e paglia costruite su palafitte alte anche più di 2 metri. Questo tipo di abitazioni era caratteristico della pianura lasciata libera dopo il ritiro dell’antico Mare Pannonico. Nel 2008 è stato aperto un altro lago di capienza minore rispetto al precedente e, alla fine nel 2012, alcune cascate d’acqua salata e l’ultimo dei tre laghi, il più piccolo ma anche esso pronto ad ospitare circa 2500 bagnanti al giorno. La superficie totale dei laghi è ora di 75.000 metri quadrati con spiagge in ghiaia che coprono 22.000 metri quadrati. I laghi salati della “Pannonica” oggi possono ospitare 17.000 persone al giorno.

Dal 2003 al 2017 sono stati venduti più 4 milioni di biglietti d’ingresso. I giornalisti stranieri spesso paragonano, nei mesi estivi, la famosissima via principale conosciuta come “Stradun” a Dubrovnik con il centro storico di Tuzla. La società per azioni “Pannonica” oggi impiega 150 persone, senza calcolare gli aumenti della richiesta del personale in tutte le strutture di contorno.

L’aeroporto di Tuzla, convertito nel 1998 da aeroporto militare in aeroporto civile, è al primo posto di voli venduti ormai da qualche anno in tutta la Bosnia e l’anno scorso ha registrato il record di 535.000 biglietti venduti. Grazie alla compagnia low cost ungherese “Wizz Air”, l’aeroporto di Tuzla sta diventando uno snodo importante oltre a quelli di Zagabria e Belgrado.

La culla delle proteste del 2014

Tuzla può vantare anche il fatto che i suoi cittadini nei primi giorni di febbraio del 2014 diedero inizio alle prime serie proteste sociali del dopoguerra, poi allargatesi sul territorio dell'intera Bosnia. Le proteste iniziarono e finirono a Tuzla ed erano dimostrazione di un profondo disagio e di sfiducia nei confronti della classe politica e dirigente che dopo le distruzioni della guerra non è stata in grado di far ripartire il paese. Tuzla è l'unica città dove i manifestanti non si sono fermati sino a quando il governatore del Cantone di Tuzla, Sead Čaušević, non ha rassegnato le dimissioni.

È stata l'unica città dove la polizia, dopo che per diversi giorni ha protetto la sede del governo del Cantone di Tuzla, ha deciso di abbassare le armi e solidarizzare con i manifestanti.

Senza dubbio Tuzla è sempre stata una città particolare. Qualche decennio fa era conosciuta come “slobodarska Tuzla”. Si potrebbe tradurre con un “Tuzla libera” ma forse ancor meglio come "città che ama e crea la libertà".

Il 2 ottobre del 1943, Tuzla diventò il più vasto territorio libero dai nazifascisti nei territori occupati dalla Germania di Hitler. La prima vittoria di una importanza strategica fino ad allora mai ottenuta, e tutt’oggi i suoi cittadini amano sottolineare questo fatto.

Sindaci illuminati

Tuzla ha avuto inoltre la fortuna di avere due umanisti e visionari come sindaci. Il primo dei due sindaci è riuscito a salvaguardare il carattere multietnico della città nonostante gli attacchi da parte delle forze dei serbo-bosniache e diversi piani per ostacolare la sua resistenza realizzati anche in regia delle forze armate dei croato bosniaci. Selim Bešlagić ha evitato in tutti i modi di crimini contro le minoranze ma anche contro quelli che si rifiutavano di arruolarsi nella “Armija BiH”, armata della Bosnia Erzegovina. Nella lunga lista di riconoscimenti internazionali nell’ambito dei diritti umani ce n’è uno che personalmente mi colpisce molto: il fatto che Selim Bešlagić sia il fondatore delle “Olimpiadi speciali bosniache”, una specie di giochi paralimpici per persona colpite da malattie mentali.

Il secondo sindaco, Imamović, ha voluto e ha saputo portare avanti quanto iniziato dal suo predecessore. Con la fondazione del Festival Internazionale della letteratura nominato “Cum grano salis”, Jasmin Imamović ha dato un po’ di speranza ad una società che si sta deteriorando ogni giorno di più. Il sindaco si è fatto anche promotore di un miracolo turistico che ogni estate attrae un alto numero di turisti da Serbia, Croazia, Ungheria, Slovenia ed anche bosniaci.

Sempre Imamović ha osato dire che l’esistenza dei Cantoni stessi, le unità amministrative in cui è stata suddivisa la parte dello stato bosniaco conosciuta come Federazione di Bosnia Erzegovina, sarebbe da rivedere visti gli enormi costi di un apparato burocratico inefficiente, spesso corrotto, che l’economia di questo paese non si può più permettere.

Anche lui sulla lunga lista dei riconoscimenti e premi internazionali sarà ricordato come quadruplo vincitore del premio “Beacon” per il celere sviluppo economico, turistico e per l’efficacia energetica raggiunta dalla città durante la sua amministrazione. Sarà ricordato anche come uno dei premiati dall' "Associazione delle città multietniche del sud est Europa”. Diverse volte è stato nominato come personaggio dell’anno in Bosnia Erzegovina.

L’autostrada della pace mancata

Pur ammettendo che la città di Tuzla rappresenta un’anomalia, nel senso positivo del termine, non si può pensare che tutte le battaglie sono ormai state combattute e vinte. L’anno 2017 ha messo i cittadini di Tuzla davanti ad un’altra incognita.

L’attuale progetto dell’autostrada Sarajevo-Belgrado, tanto discussa e tra i bosniaci conosciuta come “Autostrada della Pace”, potrebbe infatti deviare il passaggio dal Cantone di Tuzla, aggirando la città stessa ed escludendola così dai benefici derivanti dalla nuova infrastruttura.

Un danno significativo, se si pensa che solo dal Cantone di Tuzla, senza considerare il resto della regione, le esportazioni verso la Serbia nel 2016 erano pari a 76 milioni di euro.

La soluzione che tutela gli interessi di Tuzla risulta sconveniente al governo di Sarajevo. Si spinge invece per la variante che collegherebbe l'Erzegovina del sud alla capitale Sarajevo per poi dirigersi verso Višegrad e di lì verso Belgrado. Alla fine di questo percorso, il collegamento autostradale lascerebbe tutta la parte della Bosnia nord-occidentale completamente tagliata fuori. Pare incomprensibile sentirlo dire da quei partiti e da quei politici che son orientati a favore dell'unità del paese. Un altro prezzo che i “tuzlazi” potrebbero pagare per la loro non appartenenza nazionalista. Spero vivamente che vinca quel “cum grano” di buon senso e ragionevolezza.